20 marzo 2009
Aggiornamenti e focus
Rischio persistenza
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Avere episodi d'insonnia è un'esperienza comune e, stando ai dati, quasi un adulto su tre ne riferisce i sintomi e la quota che risponde ai criteri diagnostici di un'alterazione del sonno sarebbe comunque intorno al 6-10%. Un aspetto importante da definire è però la storia naturale del disturbo, in termini di persistenza, remissione e ricadute, e questo per determinare la necessità e il tipo di trattamento, per valutare la prognosi sul lungo periodo e gli esiti per la salute. L'insonnia, infatti, può legarsi per esempio ad ansia, depressione, ipertensione: questo specie quando è cronica, ma i dati sulla persistenza sarebbero piuttosto indeterminati. Una ricerca canadese ha analizzato la storia naturale del disturbo con uno studio di popolazione in un arco di tre anni, rilevando che, in effetti, si tratta spesso di una condizione persistente.
Ci sono studi che riportano tassi di persistenza dell'insonnia dal 40 al 69% per periodi variabili tra uno e vent'anni; altri di anziani in comunità riferiscono livelli del disturbo cronico dal 40 al 75% per periodi di due-tre anni, con tassi di cronicità dal 15,4 al 22,7%. Nello studio canadese si sono prese in considerazione quasi 400 persone, 60% donne e 40% uomini, di età media 45 anni, partecipanti a un'ampia ricerca epidemiologica e selezionate rispetto alla presenza della turba del sonno. I soggetti sono stati classificati in tre gruppi in base ai criteri standard di diagnosi: soggetti con sindrome d'insonnia, con sintomi d'insonnia, con sonno nella norma, valutati con interviste all'inizio dello studio e a distanza di uno, due e tre anni. Questi i risultati. Il 74% del campione ha riferito una presenza del disturbo di almeno un anno (due valutazioni consecutive) e il 46% la sua persistenza lungo tutti i tre anni dello studio. C'era inoltre una maggiore probabilità che l'andamento fosse persistente in quegli individui che presentavano un'insonnia più severa all'inizio (in pratica il primo gruppo), oltre che in quelli di sesso femminile e nei più anziani. Quanto al tasso di remissione, è risultato del 54%, tuttavia il 27% di coloro nei quali si era verificata era andato incontro eventualmente a ricadute. Infine, le persone che mostravano all'inizio dello studio un'insonnia al di sotto del livello di sindrome, avevano una probabilità tre volte più elevata di remissione di quelle con peggioramento allo stato di sindrome, benché lo sviluppo verso la persistenza fosse frequente anche tra le prime.
In altri termini l'insonnia è apparsa una condizione che spesso è persistente, specie se è già marcata all'inizio, e anche se l'andamento può essere fluttuante con periodi di remissione e poi recidive, la traiettoria più comune evidenziata è quella che va verso la persistenza. I dati del 74 e del 46% in fondo non si discostano da quelli di alcuni studi longitudinali che hanno mostrato persistenze del 70% per un anno e del 40-45% per tre, 10, e anche 20 anni. La maggiore tendenza alla cronicità in caso di sintomatologia d'insonnia già inizialmente più severa indica poi che questo possa essere un fattore prognostico per il lungo periodo: se si è raggiunta la soglia diagnostica per gli autori, il trattamento andrebbe iniziato subito, senza aspettare la remissione spontanea come non di rado si fa, con conseguenze negative sul lungo periodo. Chi ha invece un'insonnia iniziale meno severa andrà più probabilmente incontro a remissione, anche se non è chiaro quali soggetti la raggiungeranno e quali invece peggioreranno a sindrome e i fattori predittivi restano da individuare. Da chiarire meglio anche le caratteristiche dei soggetti che sviluppano più facilmente recidive e che hanno un andamento più fluttuante, probabilmente associato allo stato di salute, a fattori psicologici o a eventi della vita. In altri termini sarà utile accertare meglio i fattori di mediazione di tutti e tre gli aspetti, persistenza, remissione e ricadute dell'insonnia, per migliorare gli interventi di prevenzione e terapeutici.
Elettra Vecchia
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Almeno per tre anni
Ci sono studi che riportano tassi di persistenza dell'insonnia dal 40 al 69% per periodi variabili tra uno e vent'anni; altri di anziani in comunità riferiscono livelli del disturbo cronico dal 40 al 75% per periodi di due-tre anni, con tassi di cronicità dal 15,4 al 22,7%. Nello studio canadese si sono prese in considerazione quasi 400 persone, 60% donne e 40% uomini, di età media 45 anni, partecipanti a un'ampia ricerca epidemiologica e selezionate rispetto alla presenza della turba del sonno. I soggetti sono stati classificati in tre gruppi in base ai criteri standard di diagnosi: soggetti con sindrome d'insonnia, con sintomi d'insonnia, con sonno nella norma, valutati con interviste all'inizio dello studio e a distanza di uno, due e tre anni. Questi i risultati. Il 74% del campione ha riferito una presenza del disturbo di almeno un anno (due valutazioni consecutive) e il 46% la sua persistenza lungo tutti i tre anni dello studio. C'era inoltre una maggiore probabilità che l'andamento fosse persistente in quegli individui che presentavano un'insonnia più severa all'inizio (in pratica il primo gruppo), oltre che in quelli di sesso femminile e nei più anziani. Quanto al tasso di remissione, è risultato del 54%, tuttavia il 27% di coloro nei quali si era verificata era andato incontro eventualmente a ricadute. Infine, le persone che mostravano all'inizio dello studio un'insonnia al di sotto del livello di sindrome, avevano una probabilità tre volte più elevata di remissione di quelle con peggioramento allo stato di sindrome, benché lo sviluppo verso la persistenza fosse frequente anche tra le prime.
Tendenza a durare nel tempo
In altri termini l'insonnia è apparsa una condizione che spesso è persistente, specie se è già marcata all'inizio, e anche se l'andamento può essere fluttuante con periodi di remissione e poi recidive, la traiettoria più comune evidenziata è quella che va verso la persistenza. I dati del 74 e del 46% in fondo non si discostano da quelli di alcuni studi longitudinali che hanno mostrato persistenze del 70% per un anno e del 40-45% per tre, 10, e anche 20 anni. La maggiore tendenza alla cronicità in caso di sintomatologia d'insonnia già inizialmente più severa indica poi che questo possa essere un fattore prognostico per il lungo periodo: se si è raggiunta la soglia diagnostica per gli autori, il trattamento andrebbe iniziato subito, senza aspettare la remissione spontanea come non di rado si fa, con conseguenze negative sul lungo periodo. Chi ha invece un'insonnia iniziale meno severa andrà più probabilmente incontro a remissione, anche se non è chiaro quali soggetti la raggiungeranno e quali invece peggioreranno a sindrome e i fattori predittivi restano da individuare. Da chiarire meglio anche le caratteristiche dei soggetti che sviluppano più facilmente recidive e che hanno un andamento più fluttuante, probabilmente associato allo stato di salute, a fattori psicologici o a eventi della vita. In altri termini sarà utile accertare meglio i fattori di mediazione di tutti e tre gli aspetti, persistenza, remissione e ricadute dell'insonnia, per migliorare gli interventi di prevenzione e terapeutici.
Elettra Vecchia
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