14 aprile 2004
Aggiornamenti e focus
Un pace-maker cerebrale
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11 Aprile Giornata del morbo di Parkinson, una malattia che, se resta inguaribile, ha conosciuto, negli ultimi tempi almeno, una grande novità terapeutica.Tra i disturbi neurodegenerativi più invalidanti, il Parkinson ha una discreta frequenza: in Italia i malati sono circa 150.000, con una prevalenza in Europa stimata in 183 casi ogni 100.000 persone. Anziani, di solito, ma non mancano i casi nelle persone sotto i 40 anni: famoso il caso del protagonista della serie Ritorno al futuro, Michael J Fox. Senz'altro si tratta di una malattia di forte impatto sociale, sia in termini di assistenza (si perde fino al 40% delle capacità cognitive) sia in termini di costi della terapia. Infatti, originata dalla morte dei neuroni che producono il neurotrasmettitore dopamina, il Parkinson può essere controllato soltanto con la somministrazione vita natural durante della levodopa, precursore della dopamina, o di altre sostanze in grado di stimolarne la produzione e l'azione. Il trattamento farmacologico, però, non dà sempre una risposta costante e spesso il controllo dei sintomi diviene col tempo meno stabile. Infatti, si stima che nell'arco di 5 anni l'assuefazione ai farmaci provoca l'accentuazione di discinesie nel 50% dei casi, percentuale che arriva fino al 90% dei pazienti dopo 8-10 anni.
Un'alternativa che oggi ha assunto un ruolo molto promettente è il ricorso alla chirurgia, non quella distruttiva impiegata prima dell'arrivo della levodopa, ma interventi conservativi che permettono di controllare il tremito caratteristico dei pazienti affetti da Prakinson. Si tratta dell'impianto di uno stimolatore cerebrale che, inviando in alcune aree cerebrali (talamo, nucleo subtalamico globus pallidus) una sequenza programmata di impulsi elettrici, permette per così dire di cancellare gi segnali nervosi spuri all'origine del tremore. Insomma una specie di pace-maker cerebrale, concettualmente non diverso da quelli impiegati sul cuore.
L'operazione consiste nell'impianto nel sottocute sotto la clavicola del paziente dello stimolatore vero e proprio, che genera i segnali elettrici, qui partono due elettrodi che raggiungono il bersaglio nel cervello. Il punto dove inviare la stimolazione viene determinato ricorrendo alla tomografia assiale computerizzata e alla risonanza magnetica. Gli elettrodi vengono inseriti attraverso piccole incisioni nel cranio.
L'intervento viene condotto in anestesia locale perché il paziente deve rimanere vigile così da permettere al neurochirurgo di verificare immediatamente l'efficacia della stimolazione attuata dal dispositivo, evitando così possibili effetti collaterali.
Gli effetti dell'elettrostimolazione sono immediatamente visibili, con la riduzione del tremore già in sala operatoria.
La stimolazione cerebrale offre dunque notevoli vantaggi: non vengono lesionate zone del cervello e l'effetto del dispositivo è modulabile in base all'evoluzione della patologia ma soprattutto è reversibile, ciò significa che se il paziente non sopporta lo stimolo è possibile disattivare subito il dispositivo. Sul piano clinico, i vantaggi si mantengono anche a 7 anni dall'impianto dello stimolatore, ma già entro un anno è possibile ridurre l'assunzione di farmaci del 60%, mentre la qualità della vita subisce un miglioramento pari al 70%. Quanto ai costi sanitari: a fronte di una spesa iniziale elevata, il trattamento chirurgico offre un rapporto costi/benefici superiore (si tenga presente che il trattamento farmacologico comporta una spesa di 5000 euro l'anno in media). A patto, ovviamente, che il paziente da avviare a questa terapia sia accuratamente selezionato.
Davide Minzoni
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Il paziente collabora
Un'alternativa che oggi ha assunto un ruolo molto promettente è il ricorso alla chirurgia, non quella distruttiva impiegata prima dell'arrivo della levodopa, ma interventi conservativi che permettono di controllare il tremito caratteristico dei pazienti affetti da Prakinson. Si tratta dell'impianto di uno stimolatore cerebrale che, inviando in alcune aree cerebrali (talamo, nucleo subtalamico globus pallidus) una sequenza programmata di impulsi elettrici, permette per così dire di cancellare gi segnali nervosi spuri all'origine del tremore. Insomma una specie di pace-maker cerebrale, concettualmente non diverso da quelli impiegati sul cuore.
L'operazione consiste nell'impianto nel sottocute sotto la clavicola del paziente dello stimolatore vero e proprio, che genera i segnali elettrici, qui partono due elettrodi che raggiungono il bersaglio nel cervello. Il punto dove inviare la stimolazione viene determinato ricorrendo alla tomografia assiale computerizzata e alla risonanza magnetica. Gli elettrodi vengono inseriti attraverso piccole incisioni nel cranio.
L'intervento viene condotto in anestesia locale perché il paziente deve rimanere vigile così da permettere al neurochirurgo di verificare immediatamente l'efficacia della stimolazione attuata dal dispositivo, evitando così possibili effetti collaterali.
Gli effetti dell'elettrostimolazione sono immediatamente visibili, con la riduzione del tremore già in sala operatoria.
Efficace anche a lungo termine
La stimolazione cerebrale offre dunque notevoli vantaggi: non vengono lesionate zone del cervello e l'effetto del dispositivo è modulabile in base all'evoluzione della patologia ma soprattutto è reversibile, ciò significa che se il paziente non sopporta lo stimolo è possibile disattivare subito il dispositivo. Sul piano clinico, i vantaggi si mantengono anche a 7 anni dall'impianto dello stimolatore, ma già entro un anno è possibile ridurre l'assunzione di farmaci del 60%, mentre la qualità della vita subisce un miglioramento pari al 70%. Quanto ai costi sanitari: a fronte di una spesa iniziale elevata, il trattamento chirurgico offre un rapporto costi/benefici superiore (si tenga presente che il trattamento farmacologico comporta una spesa di 5000 euro l'anno in media). A patto, ovviamente, che il paziente da avviare a questa terapia sia accuratamente selezionato.
Davide Minzoni
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