Un arsenale di staminali per il cerebro

24 febbraio 2006
Aggiornamenti e focus

Un arsenale di staminali per il cerebro



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La strada da percorrere è ancora molto lunga, ma gli stessi ricercatori sono positivamente sorpresi della plasticità, scoperta negli ultimi anni, del cervello dei mammiferi nel rimodellarsi in caso di patologie gravi e complesse.
Nonostante risultati ancora non risolutivi, l'approccio più promettente e di recente esordio rimane quello delle cellule staminali: i ricercatori solo negli ultimi dieci anni hanno riconosciuto che nel cervello esistono popolazioni di cellule immature, staminali, appunto, capaci di differenziarsi nelle diverse forme cellulari tipiche del tessuto nervoso. Tale attività è nota nell'ippocampo (area cerebrale responsabile dell'apprendimento) e nel bulbo olfattorio, parti del cervello in cui si osserva la formazione di nuove neuroni.

C'è staminale e staminale


Questa scoperta ha alimentato le attività di ricerca su più fronti. Le cellule staminali utilizzate, infatti, non sono tutte uguali ma possono essere cellule di origine fetale, umane o animali, cellule staminali di adulto, cellule staminali coltivate da cellule germinali fetali. In alcuni casi si coltivano anche cellule progenitrici o precursori che si trovano in vari stadi del differenziamento che possono ancora percorrere lunghe distanze e la cui identità finale è determinata dall'ambiente circostante.
Le patologie gravi e complesse interessate dal metodo sono il morbo di Parkinson, la malattia di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la sclerosi multipla, la malattia di Alzheimer, ognuna delle quali bersaglia, in modo specifico, un'area o una popolazione di cellule del sistema nervoso.

Campi d'azione


Dall'integrazione delle recenti scoperte e le pregresse conoscenze su queste malattie hanno avuto inizio varie linee di ricerca.
Nel caso del morbo di Parkinson le cellule danneggiate sono i neuroni che producono dopamina; circa dieci anni fa, in pazienti parkinsoniani sono stati impiantati neuroni dopaminergici immaturi e a distanza di tempo sono stati riscontrati miglioramenti. Ma resta irrisolto il problema etico, in quanto le cellule impiantate derivavano da sei a otto feti abortivi di 2 mesi; inoltre le cellule isolate non sopravvivevano a lungo ed erano meno duttili delle cellule staminali. Il passo successivo è stato infatti di tentare di convertire cellule staminali in neuroni dopaminergici, ma durante la sperimentazione sul topo si è osservata nel 20% dei casi una crescita cellulare inconsueta non cancerosa. Per risolvere questo rischio i neuroni derivati da cellule staminali di topo sono state coltivate in vitro e poi trasferite in topi malati: si è verificato un miglioramento della funzione motoria.
Anche la malattia di Huntington bersaglia una popolazione di cellule: i neuroni spinosi medi del corpo striato; in questo però oltre a sostituire la cellula danneggiata bisognerebbe riuscire a recuperare le complesse connessioni nervose. I primi risultati incoraggianti riguardano un esiguo numero di pazienti in cui sono stati iniettati neuroni fetali: nei cinque anni successivi all'intervento i benefici persistono.
La SLA colpisce un tipo di neurone, il motoneurone, non solo nel cervello ma anche in tutti i livelli del midollo spinale e non è ancora chiaro se il danno sia determinato da cellule di supporto circostanti, gli astrociti. Se così fosse, è necessario intervenire su entrambe le popolazioni cellulari. La strategia attualmente in sperimentazione sfrutta una linea pluripotente di cellule derivate da cellule germinali di feti abortivi, che nel topo ha dimostrato di poter recuperare la mobilità di arti paralizzati.
L'approccio alla sclerosi multipla coinvolge indirettamente i neuroni, poiché le cellule colpite sono le cellule di Schwann che producono la mielina, la guaina che riveste le fibre nervose. E' in atto una sperimentazione clinica su cinque pazienti ai quali sono state iniettate, direttamente nella lesione cerebrale, cellule di Schwann del paziente stesso, ma poiché esistono difficoltà nel reperimento di sufficiente materiale cellulare, i ricercatori stanno cercando di coltivare cellule che producono mielina da cellule simili alle staminali prelevate dal cervello o dal midollo osseo. In alternativa sono state proposte cellule precursori degli oligodendrociti originate da cellule staminali di topo che, per ora nel modello murino, dimostrano di poter produrre mielina e avvolgere l'assone se impiantate nel midollo spinale.
La più complessa patologia nervosa con cui il metodo delle cellule staminali deve fare i conti è certamente il morbo di Alzheimer: è esteso a numerosi neuroni diffusi nel cervello e anche se fosse possibile sostituirli con cellule nuove, bisognerebbe ripristinare la fitta rete di connessioni che sottostà ai processi delle funzioni cognitive.

Simona Zazzetta



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