Cyber-sfida alla tetraplegia

19 luglio 2006
Aggiornamenti e focus

Cyber-sfida alla tetraplegia



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Nel prossimo futuro potrebbe cadere un’altra barriera della medicina, un’eventualità importante come furono per esempio i primi trapianti d’organo. Restituire almeno in parte il movimento a chi è paralizzato, e in definitiva una vita normale, potrebbe non essere un’utopia. Il condizionale è più che mai di rigore, prima di suscitare false speranze. Ma la notizia incoraggiante è che negli Stati Uniti un dispositivo computerizzato innovativo rispetto ad altri guidati con gli occhi, impiantato nel cervello di un giovane tetraplegico, ha permesso per la prima volta, con il solo comando del pensiero, di eseguire azioni come aprire la posta elettronica o giocare con i videogame, cambiare il volume o il canale della Tv, addirittura aprire e chiudere la mano di un arto-robot e muoverlo spostando un oggetto. L’avventura fantascientifica che sta vivendo il 25 enne Matthew Nagle, paralizzato dal collo in giù per un atto violento subito nel 2001, ha guadagnato la copertina di Nature e ha riacceso le speranze di quanti in tutto il mondo, altrettanto sfortunati ma non famosi come gli scomparsi Christopher Reeve e Ambrogio Fogar, sono costretti su una sedia a rotelle, a causa soprattutto di incidenti e traumi, ma anche di patologie con esiti invalidanti quali sclerosi multipla o laterale amiotrofica, distrofie muscolari, forme spastiche, ictus cerebrale, tumori e infezioni del Snc.

Il segnale rimane per anni


Il dispositivo realizzato dalla Cyberkinetics Neurotechnology Systems si chiama BrainGate ed è una protesi neuromotoria, un tipo d’interfaccia cervello-computer (BCI) che permette di guidare con il pensiero un movimento sfruttando il suo substrato neuronale esistente in un’area motoria cerebrale. In pratica consiste in un sensore di pochi millimetri quadrati con 100 microelettrodi di silicone impiantato sulla superficie della corteccia motoria, qui registra i segnali elettrici neuronali che passano all’esterno attraverso un connettore percutaneo fissato al cranio, vengono trasferiti a un amplificatore e processati da un computer che li converte in un comando in uscita, visualizzabile e controllabile dal soggetto come cursore neuronale su un monitor di computer. L’impianto su Nagle è stato eseguito nel 2004, in un’area cerebrale responsabile del movimento del braccio e ha tra l’altro dimostrato che il segnale di movimento può persistere nella corteccia per anni dopo la lesione, nonostante un certo calo registrato alcuni mesi dopo l’intervento. Di rilievo il fatto che il sistema agisce in tempo reale ed è utilizzabile anche mentre la persona sta parlando, inoltre non è particolarmente complesso apprendere a usarlo.

Obiettivo, tornare a camminare


La sperimentazione sull’uomo di BrainGate è iniziata nel 2004 ed è stata tentata finora su quattro persone (due delle quali non entrate nel trial), tra cui un tetraplegico di 55 anni in cui ha avuto successo, ma sono poi insorti problemi tecnici e, una volta risolti questi, si è avuta una perdita di segnale; altri tipi di BCI sono in fase di sviluppo e in sperimentazione su tre persone colpite da sclerosi laterale amiotrofica, da ictus e da miopatia mitocondriale, ma sono allo studio o in sperimentazione anche sistemi diversi (senza contare la ricerca con le staminali). Intanto il trial pilota con il giovane Matthew prosegue e si lavora per perfezionare il sistema, con progetti in realtà molto più ambiziosi. Gli obiettivi più vicini sono migliorare le performance funzionali, rendere possibili comandi simultanei attraverso sensori multipli impiantati in distinte aree corticali, utilizzare una tecnologia wireless con un sistema impiantabile miniaturizzato, ma in prospettiva si punta naturalmente alla stimolazione bilaterale della muscolatura degli altri che permetterebbe di usare le braccia e soprattutto di camminare. La strada è ancora lunga e non è detto che si arrivi alla meta, ma le premesse sono incoraggianti e la sfida è troppo importante per non insistere.

Elettra Vecchia



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