15 dicembre 2004
Aggiornamenti e focus
Sicurezza dallo scaffale alla tavola
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Se, virtualmente, si potesse entrare nel carrello della spesa del cittadino italiano si scoprirebbe che la prima cosa a cui guarda nella scelta sullo scaffale è la qualità e la sicurezza del prodotto, indipendentemente dal prezzo dell'articolo. Il consumatore italiano si rivela quindi maturo e capace di scegliere secondo ciò che racconta l'etichetta e non la pubblicità in televisione.
Questa fotografia emerge da un'indagine Eurisko realizzata per l'Istituto delle Vitamine su un campione rappresentativo di mille persone di età compresa tra 18 e 64 anni che si occupa di fare acquisti alimentari per consumo quotidiano. Oltre il 60% del campione considera molto alta o abbastanza alta l'importanza della qualità e della sicurezza dei prodotti e ritiene che quelli firmati dalle grandi marche, e in generale offerti dall'industria alimentare, possano garantire questi due aspetti. Tra i motivi per cui preferiscono la "firma" c'è in primo luogo la qualità delle materie prime (per il 60%), la garanzia di igiene (per il 45%) e il controllo di tutte le fasi di produzione (per il 34%). La sensazione che il prodotto sia sicuro diminuisce quando si tratta di alimenti di origine animale, cioè uova, carne, latte e pesce. Ad abbassare la convinzione di qualità e sicurezza di questi alimenti al 55% sono i mangimi, le modalità di allevamento, il luogo di provenienza, l'uso di ormoni e di altre sostanze. Si evince cioè che il consumatore è condizionato dagli eventi di cronaca che hanno interessato in questi ultimi decenni la salute umana danneggiata dall'uso improprio di metodi di allevamento al limite tra il lecito e il rischioso.
L'indagine ha rivolto poi l'attenzione ai cosiddetti functional food, cioè a quei prodotti che, da sempre presenti sul mercato, sono stati modificati per aumentarne il contenuto vitaminico, di sali minerali, di acidi grassi o di fermenti lattici. Si parla quindi di yogurt, latte, uova, biscotti, succhi di frutta e cereali e il 71% degli intervistati ha dichiarato di averli acquistati almeno una volta, ma l'interesse verso l'aggiunta, per esempio di vitamine, appare come un fattore positivo solo per il 26%. Un terzo invece non si sbilancia in quanto non sa, non si sente sufficientemente informato per poter giudicare, a denotare una carenza di aggiornamento in merito a questi prodotti. La percezione è che siano più costosi di quelli semplici (per il 33%), destinati a fasce di età particolari, come la prima infanzia (per il 29%).
Garanzie dall'alto
Tornando alla sicurezza alimentare, i rischi evidenziati dai fatti di cronaca hanno condizionato le abitudini alimentari (63%) e per esempio si è consumata meno carne o addirittura la si è evitata nel 51% dei casi. L'inquinamento, l'uso di ormoni negli allevamenti e di pesticidi nelle coltivazioni, le malattie trasmesse dagli animali, la manipolazione genetica, il ricorso a conservanti e coloranti sono i fattori a cui viene più spesso collegato il rischio alimentare. Tuttavia resta molto basso il consumo di prodotti di coltivazione biologica o esclusivamente italiana (1%). Ne emerge quindi un quadro di un consumatore che per quanto consapevole dei rischi, non sa bene come orientare le proprie scelte alimentari. E allora si affida alla lettura dell'etichetta per controllare scadenza, presenza di OGM, marchio di garanzia, ma il 68% degli intervistati lamenta la carenza di informazioni sul valore nutritivo e chiede che tali informazioni vengano fornite in primo luogo dalle aziende (per il 72%), dallo Stato (per il 69%), dagli organi di controllo (per il 49%), dalle associazioni (per il 43%). Ma per garantire la qualità e la sicurezza, la fiducia si sposta nettamente verso le istituzioni, in particolare il Ministero della salute, mentre i produttori e gli organi di controllo indipendenti non riscuotono altrettanta credibilità.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Al supermercato con gli italiani
Questa fotografia emerge da un'indagine Eurisko realizzata per l'Istituto delle Vitamine su un campione rappresentativo di mille persone di età compresa tra 18 e 64 anni che si occupa di fare acquisti alimentari per consumo quotidiano. Oltre il 60% del campione considera molto alta o abbastanza alta l'importanza della qualità e della sicurezza dei prodotti e ritiene che quelli firmati dalle grandi marche, e in generale offerti dall'industria alimentare, possano garantire questi due aspetti. Tra i motivi per cui preferiscono la "firma" c'è in primo luogo la qualità delle materie prime (per il 60%), la garanzia di igiene (per il 45%) e il controllo di tutte le fasi di produzione (per il 34%). La sensazione che il prodotto sia sicuro diminuisce quando si tratta di alimenti di origine animale, cioè uova, carne, latte e pesce. Ad abbassare la convinzione di qualità e sicurezza di questi alimenti al 55% sono i mangimi, le modalità di allevamento, il luogo di provenienza, l'uso di ormoni e di altre sostanze. Si evince cioè che il consumatore è condizionato dagli eventi di cronaca che hanno interessato in questi ultimi decenni la salute umana danneggiata dall'uso improprio di metodi di allevamento al limite tra il lecito e il rischioso.
Cibi funzionali
L'indagine ha rivolto poi l'attenzione ai cosiddetti functional food, cioè a quei prodotti che, da sempre presenti sul mercato, sono stati modificati per aumentarne il contenuto vitaminico, di sali minerali, di acidi grassi o di fermenti lattici. Si parla quindi di yogurt, latte, uova, biscotti, succhi di frutta e cereali e il 71% degli intervistati ha dichiarato di averli acquistati almeno una volta, ma l'interesse verso l'aggiunta, per esempio di vitamine, appare come un fattore positivo solo per il 26%. Un terzo invece non si sbilancia in quanto non sa, non si sente sufficientemente informato per poter giudicare, a denotare una carenza di aggiornamento in merito a questi prodotti. La percezione è che siano più costosi di quelli semplici (per il 33%), destinati a fasce di età particolari, come la prima infanzia (per il 29%).
Garanzie dall'alto
Tornando alla sicurezza alimentare, i rischi evidenziati dai fatti di cronaca hanno condizionato le abitudini alimentari (63%) e per esempio si è consumata meno carne o addirittura la si è evitata nel 51% dei casi. L'inquinamento, l'uso di ormoni negli allevamenti e di pesticidi nelle coltivazioni, le malattie trasmesse dagli animali, la manipolazione genetica, il ricorso a conservanti e coloranti sono i fattori a cui viene più spesso collegato il rischio alimentare. Tuttavia resta molto basso il consumo di prodotti di coltivazione biologica o esclusivamente italiana (1%). Ne emerge quindi un quadro di un consumatore che per quanto consapevole dei rischi, non sa bene come orientare le proprie scelte alimentari. E allora si affida alla lettura dell'etichetta per controllare scadenza, presenza di OGM, marchio di garanzia, ma il 68% degli intervistati lamenta la carenza di informazioni sul valore nutritivo e chiede che tali informazioni vengano fornite in primo luogo dalle aziende (per il 72%), dallo Stato (per il 69%), dagli organi di controllo (per il 49%), dalle associazioni (per il 43%). Ma per garantire la qualità e la sicurezza, la fiducia si sposta nettamente verso le istituzioni, in particolare il Ministero della salute, mentre i produttori e gli organi di controllo indipendenti non riscuotono altrettanta credibilità.
Simona Zazzetta
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