Gusti di marca

07 settembre 2007
Aggiornamenti e focus

Gusti di marca



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Se i grandi marchi del mercato alimentare si prestassero a promuovere cibi sani e genuini probabilmente si risolverebbe il problema dell'obesità infantile. Questa è una delle riflessioni proposte dagli autori di una ricerca svolta in California che ha portato alla luce, con evidenze statisticamente significative, come i marchi e i loghi possono influenzare lo sviluppo del gusto negli individui.

Effetto brand


E' un processo lungo, che ha inizio in età precoce, ma non esente da rischio di manipolazione da parte dei meccanismi di marketing. E lo dimostrano dati concreti raccolti su una sessantina di bambini, tra i tre e i cinque anni, sottoposti a un test molto semplice: lo stesso cibo presentato con un packaging diverso o neutro o con marchio McDonald. La scelta del marchio non è certo casuale, si tratta di un marchio leader del fast food americano, con una strategia di marketing estremamente forte e orientata a un target decisamente giovane. Con risultati, per loro, entusiasmanti, stando alle risposte dei bambini. Gli alimenti e le bevande testate erano in parte prodotti McDonald in parte prodotti generici. Si trattava di un hamburger, di crocchette di pollo fritte e di patatine fritte del fast food, e poi latte intero e carote di piccole dimensioni. Ogni alimento proposto in coppia veniva presentato con involucri o bicchiere dello stesso colore, materiale, forma e design, uno neutro e con il logo McDonald senza altre caratterizzazioni del marchio che potessero attrarre l'attenzione dei bambini. Alla domanda su quale dei due fosse più buono, la maggior parte dei bambini dava la sua preferenza al prodotto con il marchio, anche quando, nel caso delle carote, non era tra quelli che si possono acquistare nei fast food McDonald.

Marketing fin troppo su misura


Approfondendo, per quanto possibile, la conoscenza delle abitudini della famiglia e dei bambini, gli autori hanno cercato di capire quanto fosse intensa l'esposizione al marketing attuato dall'azienda. Per esempio, un terzo dei genitori diceva che i figli mangiavano una volta alla settimana o più cibo a marchio McDonald, solo due bambini non lo avevano mai assaggiato e tre quarti dei genitori aveva detto di avere in casa almeno un giocattolo. Ma per completare considerazioni statisticamente significative, oltre a questi parametri, gli autori hanno valutato anche il numero di televisioni presenti in casa, quale misura dell'esposizione a spot pubblicitari. Gli stessi autori ammettono che il marchio scelto per il test era decisamente particolare e appropriato, ma che non permetteva di estendere le conclusioni a tutti i marchi di certo meno riconoscibili. Indubbiamente i risultati rinforzano le raccomandazioni a limitare, regolare se non addirittura bandire, alimenti e bevande a elevato contenuto calorico, e a basso valore nutritivo e in generale tutto il marketing orientato alla fascia infantile. Sarebbe una grande occasione per fare crescere una popolazione più sana, da capire come reagirebbe il mercato.

Simona Zazzetta



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