14 settembre 2007
Aggiornamenti e focus
Muffe insidiose
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Si nomina la contaminazione degli alimenti e si pensa a quella chimica da pesticidi, antibiotici, metalli pesanti (OGM a parte ). Ci si preoccupa, invece, meno delle presenze microbiologiche, batteri, virus e funghi che neppure nella civiltà industriale sono del tutto eliminabili (dalla produzione al consumo domestico), ma che a bassi livelli e per molte specie sono innocui. Ma ci sono eccezioni più o meno rischiose, come i più famosi Clostridi (il botulino delle conserve), le Salmonelle nelle uova e i Vibrioni (colera da molluschi), ma anche altre meno conosciute: tra cui le muffe che producono micotossine. Per queste ultime, dopo il balzo in cronaca nel 2005 con il richiamo di Umberto Veronesi sul pericolo aflatossina nel mais e nel latte e quello dell'anno scorso con l'allarme ocratossina A in una partita di grano importato dal Canada, c'è ora anche una denuncia del Movimento Consumatori per alcuni prodotti, in base ai risultati di una sua ricerca. Il fatto è che queste sostanze sono veleni naturali che, solo a certe dosi e tempi di esposizione però, nell'uomo possono essere temibili, vedi aflatossine cancerogene e mutagene.
Le micotossine in questione sono prodotte da muffe quali Aspergillus, Penicillium e Fusarium (le più diffuse in Europa; ne sono note oltre 300) in varie fasi, dalla coltivazione alla trasformazione fino alla conservazione degli alimenti, soprattutto quelli di origine vegetale. A maggior rischio di contaminazione sono cereali, semi oleaginosi, legumi, frutta secca, caffè, cacao, erbe infusionali, spezie, frutta e ortaggi, quindi possono passare nell'ampia gamma dei derivati, ma possono trovarsi anche in latte, formaggi, uova, insaccati (persino nel latte materno). Un anello debole è la conservazione, dall'immagazzinamento e trasporto e distribuzione per cui il problema investe per igiene e clima i paesi in via di sviluppo, alle condizioni domestiche di permanenza e preparazione, per esempio cibi in ambienti caldi e umidi, malconfezionati o a temperatura inadatta nel frigo. I possibili effetti dannosi delle micotossine da muffe consistono in cancerogenesi, genotossicità (danni al DNA), teratogenesi (anomalie fetali), malattie epatiche e renali, problemi gastroenterologici e neurologici e altro; l'aflatossina B1 è definita sostanza sicuramente cancerogena nell'uomo dall'agenzia IARC.
La presenza delle micotossine, delle quali di interesse prevalente aflatossine, ocratossine, zearalenone, fumonisine, patulina, è monitorata, classificata per rischio e regolamentata per le soglie ammesse da norme internazionali e nazionali, quindi per noi europee e italiane; queste sostanze rientrano tra quelle normalmente oggetto di controllo negli alimenti. Il Movimento Consumatori segnala però che una sua indagine nell'ambito del progetto Sicurezza alimentare 2007, che ha indagato sulla presenza di alcuni contaminanti in 80 cibi confezionati, con invio di campioni a laboratori europei accreditati, ha evidenziato la presenza di micotossine in residui quantificabili o in tracce nel 37,5% dei prodotti analizzati, arrivando fino al 61,5% dei vini e al 57% delle birre campionate. Anche se si tratta di livelli entro i limiti di legge, precisano in un comunicato, il dato complessivo deve far riflettere: il problema, affermano, andrebbe posto non solo in termini di residui massimi tollerabili ma anche di assunzione di alimenti di largo consumo con dosi piccole ma rilevabili di contaminanti pericolosi; inoltre si ritiene opportuno aumentare i controlli. In un campione di biscotti poi, prodotti in Australia, si sono riscontrati livelli superiori al consentito per l'aflatossina B1 e tracce per la B2, per cui il Movimento Consumatori annuncia che sporgerà denuncia alla autorità competenti. Intanto nella seconda fase della ricerca tra settembre e ottobre verranno analizzate altre classi di micotossine e tipologie di alimenti. Al di là dei risultati, un argomento che è bene tenere all'attenzione, anche per sfatare il pregiudizio che le insidie vengono dalla chimica o dalla genetica e mai dalla natura.
Elettra Vecchia
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Cereali, semi, legumi, spezie, anche latte
Le micotossine in questione sono prodotte da muffe quali Aspergillus, Penicillium e Fusarium (le più diffuse in Europa; ne sono note oltre 300) in varie fasi, dalla coltivazione alla trasformazione fino alla conservazione degli alimenti, soprattutto quelli di origine vegetale. A maggior rischio di contaminazione sono cereali, semi oleaginosi, legumi, frutta secca, caffè, cacao, erbe infusionali, spezie, frutta e ortaggi, quindi possono passare nell'ampia gamma dei derivati, ma possono trovarsi anche in latte, formaggi, uova, insaccati (persino nel latte materno). Un anello debole è la conservazione, dall'immagazzinamento e trasporto e distribuzione per cui il problema investe per igiene e clima i paesi in via di sviluppo, alle condizioni domestiche di permanenza e preparazione, per esempio cibi in ambienti caldi e umidi, malconfezionati o a temperatura inadatta nel frigo. I possibili effetti dannosi delle micotossine da muffe consistono in cancerogenesi, genotossicità (danni al DNA), teratogenesi (anomalie fetali), malattie epatiche e renali, problemi gastroenterologici e neurologici e altro; l'aflatossina B1 è definita sostanza sicuramente cancerogena nell'uomo dall'agenzia IARC.
Livelli nei limiti ma sui quali riflettere
La presenza delle micotossine, delle quali di interesse prevalente aflatossine, ocratossine, zearalenone, fumonisine, patulina, è monitorata, classificata per rischio e regolamentata per le soglie ammesse da norme internazionali e nazionali, quindi per noi europee e italiane; queste sostanze rientrano tra quelle normalmente oggetto di controllo negli alimenti. Il Movimento Consumatori segnala però che una sua indagine nell'ambito del progetto Sicurezza alimentare 2007, che ha indagato sulla presenza di alcuni contaminanti in 80 cibi confezionati, con invio di campioni a laboratori europei accreditati, ha evidenziato la presenza di micotossine in residui quantificabili o in tracce nel 37,5% dei prodotti analizzati, arrivando fino al 61,5% dei vini e al 57% delle birre campionate. Anche se si tratta di livelli entro i limiti di legge, precisano in un comunicato, il dato complessivo deve far riflettere: il problema, affermano, andrebbe posto non solo in termini di residui massimi tollerabili ma anche di assunzione di alimenti di largo consumo con dosi piccole ma rilevabili di contaminanti pericolosi; inoltre si ritiene opportuno aumentare i controlli. In un campione di biscotti poi, prodotti in Australia, si sono riscontrati livelli superiori al consentito per l'aflatossina B1 e tracce per la B2, per cui il Movimento Consumatori annuncia che sporgerà denuncia alla autorità competenti. Intanto nella seconda fase della ricerca tra settembre e ottobre verranno analizzate altre classi di micotossine e tipologie di alimenti. Al di là dei risultati, un argomento che è bene tenere all'attenzione, anche per sfatare il pregiudizio che le insidie vengono dalla chimica o dalla genetica e mai dalla natura.
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