Poco sale col rischio metabolico

20 febbraio 2009
Aggiornamenti e focus

Poco sale col rischio metabolico



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Ridurre l'assunzione di sale, si sa, è utile contro un disturbo tanto diffuso quanto pericoloso per il sistema cardiovascolare quale l'ipertensione. Tanto meglio però se l'effetto può risultare maggiore in persone in situazioni di rischio aumentato, per esempio affette da sindrome metabolica, una condizione che a sua volta è sempre più diffusa. Ed è quello che ha verificato una nuova ricerca, condotta in Cina. Siccome la risposta pressoria a regimi iposodici non è uguale in tutte le persone, è importante identificare sottogruppi di popolazione che possono trarre maggior vantaggio da questo tipo d'intervento. Si ritiene che sottostante alla sindrome metabolica ci sia un'insulino-resistenza e questa sembra legarsi a una risposta aumentata al consumo di sale (maggiore ritenzione di sodio ed espansione del fluido extra-cellulare): perciò questi soggetti dovrebbero essere più sensibili alla riduzione del sale, come hanno voluto verificare i ricercatori.

Cambiamenti in due settimane d'intervento


I circa 1.900 cinesi di aree rurali studiati, dai 16 anni in su, avevano valori di sistolica tra 130 e 160 mmHg o di diastolica tra 85 e 110 o entrambi, e non erano diabetici. Sono stati sottoposti per una settimana a dieta a scarso contenuto di sale (3 g/die) seguita da una a contenuto elevato (18 g/die) e si è misurata la pressione all'inizio e ai giorni 2, 5, 6, 7 per ciascun intervento. La sindrome metabolica è stata definita in base alla presenza di almeno tre fattori tra obesità addominale, ipertensione, alta trigliceridemia o glicemia, bassa colesterolemia HDL; la sensibilità elevata al sale come diminuzione media di più di 5 mmHg di pressione arteriosa con dieta iposodica o un aumento di più di 5 mmHg con dieta ipersodica. Risultati: tra 1.885 partecipanti di cui si avevano informazioni riguardo alla sindrome metabolica, la si è accertata in 283, tendenzialmente più anziani, sedentari e di sesso femminile. Dopo aggiustamenti vari (età, sesso, BMI, fumo, ecc), i cambiamenti nei valori pressori sono stati significativamente maggiori nei soggetti con sindrome metabolica che in quelli senza sia per il basso che per l'alto tenore di sodio; in confronto a chi non presentava fattori di rischio per la sindrome, chi ne presentava almeno quattro aveva una probabilità aumentata di 3,5 volte di sensibilità elevata al sale nel regime iposodico e di 3,1 in quello ipersodico. Questo suggerisce dunque che la riduzione del sale nell'alimentazione possa essere particolarmente importante nella riduzione dell'ipertensione quando c'è un rischio multiplo per la sindrome metabolica.

Eccesso di sodio dietetico sotto accusa


Da notare che l'associazione tra sindrome metabolica e sensibilità al sale è rimasta dopo che sono stati esclusi i partecipanti ipertesi. Lo studio d'intervento è stato di breve durata, ma i riscontri concordano con osservazioni sul lungo periodo su elevata sensibilità al sodio e ipertensione, o sull'ipersensibilità e l'obesità, o altre associazioni ancora. Anche se i meccanismi possibili sono stati solo in parte identificati, le ricerche portano a concludere che la sindrome metabolica sia legata significativamente e in modo indipendente alla risposta pressoria al sale, con una relazione graduale rispetto al numero di fattori di rischio presenti. Ciò implica, intanto, che diminuire il sale nella dieta in questa situazione è particolarmente vantaggioso; sarà poi utile stabilire l'effetto della prevenzione e del trattamento dei fattori di rischio metabolico rispetto alla sensibilità pressoria al sale. Questo potrebbe avere implicazioni di salute pubblica in molti paesi, non solo in Cina dove il 15% ha la sindrome metabolica, la prevalenza d'ipertensione cresce del 2,7% all'anno e il consumo medio di sale è doppio di quanto raccomandata e anche di più nelle aree rurali.

Elettra Vecchia



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