20 luglio 2005
Aggiornamenti e focus
Fast food, fat food
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Sfortunatamente, le differenze nelle abitudini alimentari tra Italia e Stati Uniti si stanno assottigliando, soprattutto tra i più giovani. Non è quindi pretestuoso riprendere uno studio condotto negli Stati Uniti, centrato sulle adolescenti, che indagava il peso (in tutti i sensi) del fast food. Questa indagine, sponsorizzata dall'ente pubblico di ricerca statunitense (gli NIH), ha coinvolto poco meno di 2400 ragazze bianche e afro-americane a partire dal 1987, quando avevano 9-10 anni.La ricerca ha quindi valutato effetti ed evoluzione del modo in cui si alimentavano le giovani, e quindi dà indicazioni piuttosto utili. Per quanto riguarda il ricorso ai famigerati hamburger, il campione è stato suddiviso in tre fasce: quelle che pranzavano al fast food meno di una volta la settimana, quelle che lo facevano da 1 a 3 volte e quelle che lo facevano 4 e più volte, sempre la settimana. Il primo effetto valutato è stato l'apporto di calorie. Il gruppo meno affezionato al panino introitava in media 1837 calorie al dì, mentre le più assidue arrivavano a 1996, una differenza di 195 calorie. Magari sembra poco, ma si tenga presente che lavando i pavimenti per 30 minuti se ne consumano 120 e per consumarne 230 occorre mezz'ora di corsetta leggera...
Ma gli effetti più insidiosi sono quelli sul tipo di alimento. Di norma, una dieta equilibrata dovrebbe prevedere che dai grassi arrivi al massimo il 30% delle calorie giornaliere. Chi indulge al fast food, consuma grassi almeno per il 34,3% con un massimo del 35,8% tra le frequentatrici più assidue. Troppo, anche perché si tratta di grassi saturi (quelli pericolosi) in percentuali più elevate del consentito: si va infatti dal 12,5% al 13%, mentre le linee guida ammettono fino al 10%. E' vero che con l'età si tende a mangiare meno grassi, ma tuttavia questo vale soprattutto per le ragazze che più raramente si recano al fast food. Senza contare poi il consumo di sodio (sale) più alto del normale, che anche in coloro che riducono i grassi resta alto anche con l'aumento dell'età. Quanto alle differenze tra le etnie, sono le ragazze nere ad assumere più grassi e più sale, forse perché il fast food è più vicino per gusto alla cucina tradizionale afroamericana, che ha nel pollo fritto uno dei suoi piatti forti. I ricercatori, nel commento, attribuiscono buona parte della colpa di questo stato di cose anche alla grandezza delle porzioni, giudicata eccessiva, che combinandosi al costo molto contenuto incoraggia il sovraconsumo. Chi ama il cinema avrà sentito parlare di "Supersize me" film documentario che si impernia sulle vicende del regista e interprete, che per un mese decide di alimentarsi solo con hamburger e altre prelibatezze consimili. Film che per il tragico andamento della vicenda fu tacciato di "no-global". Però, se lo dicono anche gli NIH...
Maurizio Imperiali
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Grasso e salato
Ma gli effetti più insidiosi sono quelli sul tipo di alimento. Di norma, una dieta equilibrata dovrebbe prevedere che dai grassi arrivi al massimo il 30% delle calorie giornaliere. Chi indulge al fast food, consuma grassi almeno per il 34,3% con un massimo del 35,8% tra le frequentatrici più assidue. Troppo, anche perché si tratta di grassi saturi (quelli pericolosi) in percentuali più elevate del consentito: si va infatti dal 12,5% al 13%, mentre le linee guida ammettono fino al 10%. E' vero che con l'età si tende a mangiare meno grassi, ma tuttavia questo vale soprattutto per le ragazze che più raramente si recano al fast food. Senza contare poi il consumo di sodio (sale) più alto del normale, che anche in coloro che riducono i grassi resta alto anche con l'aumento dell'età. Quanto alle differenze tra le etnie, sono le ragazze nere ad assumere più grassi e più sale, forse perché il fast food è più vicino per gusto alla cucina tradizionale afroamericana, che ha nel pollo fritto uno dei suoi piatti forti. I ricercatori, nel commento, attribuiscono buona parte della colpa di questo stato di cose anche alla grandezza delle porzioni, giudicata eccessiva, che combinandosi al costo molto contenuto incoraggia il sovraconsumo. Chi ama il cinema avrà sentito parlare di "Supersize me" film documentario che si impernia sulle vicende del regista e interprete, che per un mese decide di alimentarsi solo con hamburger e altre prelibatezze consimili. Film che per il tragico andamento della vicenda fu tacciato di "no-global". Però, se lo dicono anche gli NIH...
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