08 settembre 2006
Aggiornamenti e focus
....al metodo mirato
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Lo ha spiegato bene Gilberto Corbellini, all'apertura del primo convegno internazionale promosso da Nerviano Medical Sciences sull'argomento, "che si vada verso una personalizzazione della cura del cancro non deve stupire. Ogni tumore ha una sua storia, e acquisisce col tempo caratteristiche e interazioni dinamiche con l'ospite del tutto singolari. Per cui può rispondere in modi diversi alla stessa o a differenti terapie, e questo a seconda dello stadio in cui si trova. Stando così le cose, una strategia che si sta pensando è di provare a trasformare anche il cancro in una malattia cronica". Una svolta culturale, in corso ormai da un decennio, che pone al centro della lotta ai tumori terapie personalizzate, sempre più intelligenti, in gradod i colpire non uno ma più bersagli specifici all'interno della cellula malata. Il convegno svoltosi a Milano e intitolato "Targeted therapies in cancer: myth or reality" ha cercato di trarre un bilancio dei primi dieci anni di terapie mirate e ha affrontato gli approcci farmacologici e biologici su cui si sta maggiormente puntando per ottimizzare le terapie antitumorali. Le speranze sono tante ma la strada sembra ancora lunga.
Il problema è noto. I farmaci citotossici, impiegati nei protocolli di chemioterapia, sono caratterizzati da una bassa selettività per le cellule tumorali. La loro azione, infatti, colpisce indiscriminatamente tutte le cellule altamente proliferanti dell'organismo, da quelle del midollo osseo a quelle della mucosa orale e gastrointestinale. Gli effetti sono noti: nausea, vomito, immunodepressione, alopecia, tutti effetti collaterali importanti che gravano sulla qualità di vita del malato. In più è improbabile che con questo approccio si riesca a colpire la molecola che ha determinato la trasformazione tumorale delle cellule. Urgono, e i ricercatori lo hanno capito da tempo, strategie di trattamento diversificate, più ampie e articolate rispetto a quelle di vecchia generazione. Un grande aiuto potrebbe, il condizionale è ancora d'obbligo, arrivare dalle terapie mirate. Cioè? Oggi le conoscenze sono sempre maggiori sui processi di oncogenesi e sono state identificate le vie metaboliche, cioè la trasmissione dei segnali dai recettori-antenna al nucleo della cellula "malata". Si è perciò in grado di individuare le sostanze, come gli anticorpi o altre molecole di sintesi, che si legano a specifici bersagli nella cellula modificandone l'attività e rendendola diversa e pericolosa. Alla base della trasformazione tumorale della cellula ci sono mutazioni genetiche, insorte nel corso della vita o ereditate, che determinano la sintesi anomala di alcune proteine, e diverse tipologie di tumore risultano accomunate dalle stesse alterazioni molecolari. E' a livello di tali alterazioni che vanno ad agire le terapie di nuova generazione "bersaglio-centriche". Il nuovo farmaco dovrebbe essere altamente specifico, privo di effetti collaterali, associato a una precisa tipologia di tumore. La rivoluzione è in corso ed è cominciata almeno vent'anni fa, al punto che oggi si può parlare di farmaci mirati di seconda generazione in grado di inibire più vie metaboliche colpendo 3-4 bersagli. L'auspicio nel futuro è di poter caratterizzare i pazienti in base ai meccanismi molecolari della propria patologia e poi trattarli con un farmaco "ad hoc". Ma l'argomento non si presta a eccessive semplificazioni e il problema cancro è tutt'altro che risolto. Tra i problemi all'ordine del giorno oltre a quelli di ordine scientifico anche quelli economici. Un recente rapporto svedese ha evidenziato come esistano sostanziali disuguaglianze nell'accesso ai farmaci antitumorali di ultima generazione tra i vari paesi europei, in più si tratta di farmaci dai costi elevatissimi. La colpa sarebbe, a detta dei ricercatori, da attribuire alle spese di marketing. Ma questa è un'altra storia. Si chiuderà mai il cerchio attorno alla malattia? I ricercatori ne sono convinti.
Marco Malagutti
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Terapie mirate cioè?
Il problema è noto. I farmaci citotossici, impiegati nei protocolli di chemioterapia, sono caratterizzati da una bassa selettività per le cellule tumorali. La loro azione, infatti, colpisce indiscriminatamente tutte le cellule altamente proliferanti dell'organismo, da quelle del midollo osseo a quelle della mucosa orale e gastrointestinale. Gli effetti sono noti: nausea, vomito, immunodepressione, alopecia, tutti effetti collaterali importanti che gravano sulla qualità di vita del malato. In più è improbabile che con questo approccio si riesca a colpire la molecola che ha determinato la trasformazione tumorale delle cellule. Urgono, e i ricercatori lo hanno capito da tempo, strategie di trattamento diversificate, più ampie e articolate rispetto a quelle di vecchia generazione. Un grande aiuto potrebbe, il condizionale è ancora d'obbligo, arrivare dalle terapie mirate. Cioè? Oggi le conoscenze sono sempre maggiori sui processi di oncogenesi e sono state identificate le vie metaboliche, cioè la trasmissione dei segnali dai recettori-antenna al nucleo della cellula "malata". Si è perciò in grado di individuare le sostanze, come gli anticorpi o altre molecole di sintesi, che si legano a specifici bersagli nella cellula modificandone l'attività e rendendola diversa e pericolosa. Alla base della trasformazione tumorale della cellula ci sono mutazioni genetiche, insorte nel corso della vita o ereditate, che determinano la sintesi anomala di alcune proteine, e diverse tipologie di tumore risultano accomunate dalle stesse alterazioni molecolari. E' a livello di tali alterazioni che vanno ad agire le terapie di nuova generazione "bersaglio-centriche". Il nuovo farmaco dovrebbe essere altamente specifico, privo di effetti collaterali, associato a una precisa tipologia di tumore. La rivoluzione è in corso ed è cominciata almeno vent'anni fa, al punto che oggi si può parlare di farmaci mirati di seconda generazione in grado di inibire più vie metaboliche colpendo 3-4 bersagli. L'auspicio nel futuro è di poter caratterizzare i pazienti in base ai meccanismi molecolari della propria patologia e poi trattarli con un farmaco "ad hoc". Ma l'argomento non si presta a eccessive semplificazioni e il problema cancro è tutt'altro che risolto. Tra i problemi all'ordine del giorno oltre a quelli di ordine scientifico anche quelli economici. Un recente rapporto svedese ha evidenziato come esistano sostanziali disuguaglianze nell'accesso ai farmaci antitumorali di ultima generazione tra i vari paesi europei, in più si tratta di farmaci dai costi elevatissimi. La colpa sarebbe, a detta dei ricercatori, da attribuire alle spese di marketing. Ma questa è un'altra storia. Si chiuderà mai il cerchio attorno alla malattia? I ricercatori ne sono convinti.
Marco Malagutti
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