01 giugno 2006
Aggiornamenti e focus
Screening solo quando serve
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Screening, diagnosi precoce e prevenzione sono una combinazione di azioni che vanno nella stessa direzione e hanno l'obiettivo di salvare vite, migliorarne la qualità o prolungarle. Ci sono dei casi però, in cui questo non è sempre vero. Lo screening per il tumore colonrettale è uno di questi. Le linee guida relative non specificano un limite di età entro cui è consigliabile eseguirlo o comunque oltre il quale non è più raccomandabile. Eppure alcuni ricercatori hanno notato che esiste una soglia di età superata la quale i vantaggi vengono messi in discussione.
E' certamente vero che la prevalenza di questo tumore aumenta con l'età ed è quindi più probabile vederlo diagnosticato a persone anziane. Per prevenirlo è importante identificare e rimuovere le lesioni precancerose e in questo aspetto lo screening offre vantaggi non indifferenti. Tuttavia si tratta di una patologia neoplastica con un'evoluzione molto lenta e il tempo di latenza tra la forma precancerosa e il tumore vero e proprio può essere molto lungo a differenza di altri tumori, come quello al seno, per i quali la diagnosi degli stadi precoci è una criticità. Viene quindi da domandarsi se superata una certa età non diventi più probabile morire per cause naturali prima che l'adenoma si trasformi in tumore. Ovviamente si parla di fasce di età molto avanzata che supera gli 80 anni, e in questi soggetti, se confrontati con soggetti più giovani, la colonscopia è associata a un minore tasso di completamento della procedura, a un rischio maggiore di difficoltà nel preparare l'intestino all'esame, e a una più elevata probabilità di complicanze come, dolore addominale, variazione delle abitudini intestinali, sanguinamento del tratto gastrointestinale. Certo va tenuto conto anche di quale potrebbe essere il rischio reale, perché in effetti il tasso di complicanze per questo tipo di esame è abbastanza basso, è circa dello 0,1-0,5%. Vale a dire che anche se dovesse aumentare di cinque volte nell'anziano rispetto a pazienti più giovani, bisognerebbe avere 5000 pazienti sottoposti all'esame per poter avere una differenza statisticamente significativa.
Ma un altro parametro che può essere preso in considerazione è il vantaggio che ne otterrebbe il paziente, al di là dei rischi annessi alla procedura, per la quale, per altro, serve un consenso informato reso difficile da eventuali incapacità cognitive. Non si tratta di un semplice prelievo di sangue ma di un esame invasivo e poco confortevole. Alcuni ricercatori canadesi hanno valutato il vantaggio in termini di estensione dell'aspettativa di vita in tre gruppi di pazienti di 50-54 anni, 75-79 anni e di 80 anni e più, per un totale di circa 1200 persone. I risultati in effetti riportavano una prevalenza maggiore della neoplasia nei gruppi di età più avanzata ma in questa popolazione di pazienti, lo screening permetteva di ottenere soltanto il 15% del guadagno di aspettativa di vita, che si otteneva nelle fasce più giovani. Vale a dire solo una minima parte di quanto ci si attendeva. I ricercatori, sottolineano che questi risultati sono ben lungi dal voler dettare una soglia (cut-off) per decidere quanto estendere lo screening, che è per definizione, un'operazione di routine quando si presentano fattori di rischio. L'età lo è certamente, infatti nei soggetti che arrivano a 50 anni la colonscopia rientra nello screening, ma nelle persone molto anziane forse vale la pena non avere standard o protocolli procedurali. Vanno piuttosto fatte delle considerazioni individuali per valutare quando è davvero necessario e quando invece diventa solo un eccesso di zelo che non comporta benefici sostanziali.
Simona Zazzetta
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Rischiosi e non vantaggiosi
E' certamente vero che la prevalenza di questo tumore aumenta con l'età ed è quindi più probabile vederlo diagnosticato a persone anziane. Per prevenirlo è importante identificare e rimuovere le lesioni precancerose e in questo aspetto lo screening offre vantaggi non indifferenti. Tuttavia si tratta di una patologia neoplastica con un'evoluzione molto lenta e il tempo di latenza tra la forma precancerosa e il tumore vero e proprio può essere molto lungo a differenza di altri tumori, come quello al seno, per i quali la diagnosi degli stadi precoci è una criticità. Viene quindi da domandarsi se superata una certa età non diventi più probabile morire per cause naturali prima che l'adenoma si trasformi in tumore. Ovviamente si parla di fasce di età molto avanzata che supera gli 80 anni, e in questi soggetti, se confrontati con soggetti più giovani, la colonscopia è associata a un minore tasso di completamento della procedura, a un rischio maggiore di difficoltà nel preparare l'intestino all'esame, e a una più elevata probabilità di complicanze come, dolore addominale, variazione delle abitudini intestinali, sanguinamento del tratto gastrointestinale. Certo va tenuto conto anche di quale potrebbe essere il rischio reale, perché in effetti il tasso di complicanze per questo tipo di esame è abbastanza basso, è circa dello 0,1-0,5%. Vale a dire che anche se dovesse aumentare di cinque volte nell'anziano rispetto a pazienti più giovani, bisognerebbe avere 5000 pazienti sottoposti all'esame per poter avere una differenza statisticamente significativa.
Se la vita non si allunga
Ma un altro parametro che può essere preso in considerazione è il vantaggio che ne otterrebbe il paziente, al di là dei rischi annessi alla procedura, per la quale, per altro, serve un consenso informato reso difficile da eventuali incapacità cognitive. Non si tratta di un semplice prelievo di sangue ma di un esame invasivo e poco confortevole. Alcuni ricercatori canadesi hanno valutato il vantaggio in termini di estensione dell'aspettativa di vita in tre gruppi di pazienti di 50-54 anni, 75-79 anni e di 80 anni e più, per un totale di circa 1200 persone. I risultati in effetti riportavano una prevalenza maggiore della neoplasia nei gruppi di età più avanzata ma in questa popolazione di pazienti, lo screening permetteva di ottenere soltanto il 15% del guadagno di aspettativa di vita, che si otteneva nelle fasce più giovani. Vale a dire solo una minima parte di quanto ci si attendeva. I ricercatori, sottolineano che questi risultati sono ben lungi dal voler dettare una soglia (cut-off) per decidere quanto estendere lo screening, che è per definizione, un'operazione di routine quando si presentano fattori di rischio. L'età lo è certamente, infatti nei soggetti che arrivano a 50 anni la colonscopia rientra nello screening, ma nelle persone molto anziane forse vale la pena non avere standard o protocolli procedurali. Vanno piuttosto fatte delle considerazioni individuali per valutare quando è davvero necessario e quando invece diventa solo un eccesso di zelo che non comporta benefici sostanziali.
Simona Zazzetta
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