06 luglio 2005
Aggiornamenti e focus
L'artroplastica risente del peso
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C'è da chiedersi se essere obesi non possa essere considerata una vera catastrofe. Infatti ai molti rischi e pericoli che comporta questa condizione si aggiunge ora il maggiore rischio di complicanze dopo gli interventi chirurgici ortopedici. La conclusione viene da una grande indagine condotta su circa un milione di persone che si sono sottoposte a interventi protesici all'anca, al ginocchio e alla spalla. Per tutti questi pazienti sono state controllate le cosiddette comorbidità cioè le malattie presenti oltre a quella che ha richiesto l'intervento. Di tutte le malattie registrate solo tre condizioni aumentavano la possibilità che qualcosa non andasse per il verso giusto dopo l'operazione: diabete, ipertensione e, appunto, obesità. In particolare, i pazienti obesi vedevano aumentare del 30% le complicanze, quelli ipertesi del 28% e quelli diabetici del 22%. Ovviamente la presenza di più di una di queste condizioni peggiorava ulteriormente la situazione
Che l'obesità potesse rendere più difficile il decorso quando si tratta di interventi che riguardano gli arti inferiori, come la protesi d'anca o quella del ginocchio non stupisce più di tanto. Infatti, il forte sovrappeso è uno dei pochi fattori di rischio riconosciuti per l'artrosi, in particolare del ginocchio; è invece meno intuitivo il fatto che abbia un effetto negativo anche quando si tratta di interventi alla spalla. Il punto è che un forte sovrappeso, oltre ad aumentare il carico, rende più difficile in assoluto il movimento e quindi le fasi di riabilitazione. Tanto che l'indagine ha mostrato che nei pazienti obesi, e in quelli diabetici, accade molto più spesso che al momento delle dimissioni vengano prescritte terapie e accortezze al di fuori della solita routine. In particolare, negli obesi il rischio di dover proseguire con terapie una volta dimessi è del 45% superiore, nei diabetici del 30%.
In realtà è vero che la differenza in termini assoluti tra coloro che presentano le comorbidità e coloro che non le presentano non è enorme, ma visto il gran numero di persone che ogni anno viene sottoposta a questi interventi, anche una piccola percentuale in più o in meno significa molto dal punto di vista dell'assistenza sanitaria. Secondo gli autori della ricerca, varrebbe la pena di valutare più attentamente se e quando ricorrere all'artroplastica nelle persone con queste caratteristiche. Anche perché cominciano a essere segnalati casi in cui la scelta della chirurgia non è così motivata. Secondo alcuni, sostituire l'articolazione del ginocchio o dell'anca, a meno che non si sia di fronte a una frattura del femore, sono misure che andrebbero riservate alle situazioni in cui effettivamente il paziente non riesce più a compiere i normali movimenti.
Maurizio Imperiali
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Aumenta il carico ma non soltanto quello
Che l'obesità potesse rendere più difficile il decorso quando si tratta di interventi che riguardano gli arti inferiori, come la protesi d'anca o quella del ginocchio non stupisce più di tanto. Infatti, il forte sovrappeso è uno dei pochi fattori di rischio riconosciuti per l'artrosi, in particolare del ginocchio; è invece meno intuitivo il fatto che abbia un effetto negativo anche quando si tratta di interventi alla spalla. Il punto è che un forte sovrappeso, oltre ad aumentare il carico, rende più difficile in assoluto il movimento e quindi le fasi di riabilitazione. Tanto che l'indagine ha mostrato che nei pazienti obesi, e in quelli diabetici, accade molto più spesso che al momento delle dimissioni vengano prescritte terapie e accortezze al di fuori della solita routine. In particolare, negli obesi il rischio di dover proseguire con terapie una volta dimessi è del 45% superiore, nei diabetici del 30%.
Operare solo quando serve realmente
In realtà è vero che la differenza in termini assoluti tra coloro che presentano le comorbidità e coloro che non le presentano non è enorme, ma visto il gran numero di persone che ogni anno viene sottoposta a questi interventi, anche una piccola percentuale in più o in meno significa molto dal punto di vista dell'assistenza sanitaria. Secondo gli autori della ricerca, varrebbe la pena di valutare più attentamente se e quando ricorrere all'artroplastica nelle persone con queste caratteristiche. Anche perché cominciano a essere segnalati casi in cui la scelta della chirurgia non è così motivata. Secondo alcuni, sostituire l'articolazione del ginocchio o dell'anca, a meno che non si sia di fronte a una frattura del femore, sono misure che andrebbero riservate alle situazioni in cui effettivamente il paziente non riesce più a compiere i normali movimenti.
Maurizio Imperiali
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