Il segreto è la dose

08 ottobre 2004
Aggiornamenti e focus

Il segreto è la dose



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Se la caffeina è una droga e la droga è veleno, allora il caffè è veleno? Non esattamente o meglio dipende da quanto se ne prende. È evidente che cento tazzine di caffè potrebbero essere letali, ma le comuni due o tre tazzine giornaliere agiscono da stimolante. Tutto questo perché il caffè pur essendo una droga molto comune non è molto dannosa. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Psychopharmacology, sostiene d'altro canto che basti una tazza al giorno per sviluppare una dipendenza da caffeina e andare in crisi se si è costretti a farne a meno. Tanto che sulla base di questo risultato una successiva review di Medscape ventila una inclusione della dipendenza da caffeina nel DSM-IV, il Manuale di Diagnosi e Statistica dei disturbi Mentali, la bibbia dei neurologi e degli psichiatri americani. Ma perché si ha dipendenza da caffeina?

Stimola e fa digerire


Il maggior responsabile delle caratteristiche di questa bevanda è un alcaloide, ossia la caffeina, presente nel caffè, in quantità variabile da 0,06 a 0,25 g per tazza. La caffeina ha un'azione stimolante a livello del sistema simpatico del sistema nervoso centrale. Uno stimolo che consiste nell'aumentata liberazione di adrenalina e noradrenalina, capaci di esaltare la complessa attività del cuore, si spiega così perché a piccole dosi svolga un'azione tonica, mentre in dosi eccessive provochi palpitazioni, tachicardia e extrasistole. Il caffè inoltre aiuta la digestione, favorendo la secrezione gastrica e dei succhi biliari e, secondo recenti studi, a dosi equilibrate è capace di potenziare memoria e concentrazione. Dal punto di vista metabolico, poi, il caffè fornisce energia, liberando AMP ciclico e rendendo così immediatamente disponibili glucosio e acidi grassi, che vengono subito utilizzati dai mitocondri cellulari per dare energia. Ma quanto se ne può bere? Non esiste una dose ottimale e se c'è è soggettiva. Si può tuttavia dire, in termini generali, che 2 o 3 tazzine al giorno, meglio non dopo le 5 del pomeriggio e non prima dei 14 anni, rappresentano un limite ben tollerato e potenzialmente benefico. Va detto poi che il caffè non è l'unica fonte di caffeina visto che anche cioccolato, tè e coca cola ne contengono ma anche medicine come gli analgesici. Al punto che si è calcolato che l'americano medio ne consumi un minimo di 500-600 mg al giorno. E i rischi?

Drogati di caffè


La ricerca di Psychopharmacology parla chiaro. Dall'esame di 57 studi sulla caffeina è emerso come chi è costretto a fare a meno della sua dose quotidiana può soffrire di mal di testa, affaticamento e difficoltà a concentrarsi. Come ci si sente quando si ha influenza, con nausea e dolore muscolare. Più precisamente il 50% dei bevitori di caffè privati della tazzina quotidiana lamenta mal di testa e il 13% sta così male da perder tempo sul lavoro. Molto individui peraltro consumano grandi quantità di caffè senza denunciare sintomi speciali che, se compaiono, si manifestano lentamente e subdolamente in base al cosiddetto fenomeno della tolleranza. La cura però non è complessa: si tratta, infatti, di sostituire nel tempo la bevanda con "cugini" decaffeinati, per ridurre o cancellare i sintomi della dipendenza da caffeina. Quanto al tipo di caffè da scegliere non sono tutti uguali. L'espresso contiene più caffeina di quello preparato con la moka, che va bevuto appena fatto per non perderne le sostanze benefiche, più volatili. L'americano benché più acquoso, non è meno forte come si crede ma racchiude dosi doppie di caffeina. Quello d'orzo, infine, non contiene caffeina, oltre a contare dieci calorie invece di due. In chiusura il decaffeinato, che perde le virtù legate alla caffeina ma mantiene quelle antiossidanti.

Marco Malagutti



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