20 dicembre 2007
Aggiornamenti e focus
Come affrontare l'obesità?
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L'obesità è un problema globale con una distribuzione nel mondo e all'interno dei paesi variabile. Nelle società ricche, per esempio, gli obesi sono i più svantaggiati, mentre nelle società povere succede esattamente l'opposto. Partendo da questa semplice osservazione, un gruppo di ricerca britannico è arrivato a concludere che lo schema tradizionale, più moto meno calorie, per risolvere il problema del peso in eccesso non è sufficiente. Gli aspetti della questione, infatti, sono più articolati e coinvolgono il modo in cui viviamo e lavoriamo. E l'ineguale distribuzione dell'obesità è lì a confermarlo. Focalizzarsi, perciò, solo su azioni dirette finalizzate a rendere le diete più sane o a una maggiore attività fisica non tocca il cuore del problema. Continuando così, dicono i ricercatori, l'epidemia di obesità e le sue ineguaglianze persisteranno o addirittura peggioreranno. Il fatto cioè che la dieta sia peggiorata o che ci si muova di meno, dati di fatto inconfutabili, non sono la causa fondamentale del dilagare dell'obesità o meglio lo sono ma all'interno di un contesto più articolato. A partire dal quale si debbono elaborare nuove strategie di intervento.
Le condizioni entro cui le persone commerciano, vivono e lavorano, infatti, condizionano la salute, in parte proprio per la loro influenza sul comportamento e sul peso. Ecco perché le strategie di lotta all'obesità messe in campo dai governi dovrebbero essere più sofisticate. I numeri, del resto, incombono e parlano, almeno in Gran Bretagna, di un quarto degli adulti obesi. Una percentuale che secondo le previsioni è destinata a crescere ulteriormente di oltre il 50%, se continuassero i trend attuali. E le lacune delle strategie in atto riguardano proprio gli aspetti sociali, fino ad ora non sufficientemente stimati. Alcuni esempi permettono di rendere meglio l'idea. Le grosse catene di supermercati mettono in vendita pacchi famiglia, incoraggiano acquisti massicci e vendono cibi molto convenienti e porzioni maxi. Ma anche la pubblicità ha la sua responsabilità. I bambini, infatti, sono incoraggiati a desiderare cibi ricchi in grassi saturi o in zuccheri. E ancora chi associa la pianificazione urbana all'obesità? Invece, sottolineano i ricercatori britannici, come si disegnano le città è fondamentale per incoraggiare le persone a camminare e a ridurre l'uso delle autovetture. Fattori ancor più significativi per chi vive in aree di disagio, dove queste barriere sociali sono ancora più influenti.
Gli esempi di strategie illuminate non mancano e gli autori citano quello della Norvegia, dove è stata utilizzata una strategia di sussidi economici, di manipolazione dei prezzi e di trasparenza nell'etichettatura dei cibi per tenere al largo le persone dai cibi malsani. Un approccio più dinamico e articolato che lì ha funzionato. E sono i numeri a dirlo. Il consumo di grassi saturi è calato del 18% e i livelli di colesterolo nel sangue del 10% e così la mortalità per malattie coronariche si è dimezzata tra gli uomini di mezza età. Quello che manca nelle strategie di prevenzione all'obesità, concludono gli autori, è l'idea che l'obesità e la sua ineguale distribuzione siano il frutto di un sistema complesso, modellato da come la società è organizzata. E da questo punto di vista manca il coordinamento tra i vari livelli coinvolti. Del resto come osserva uno degli autori "ci stiamo battendo contro l'attitudine diffusa delle società occidentali alla ricchezza e al benessere". E' possibile arginarla?
Marco Malagutti
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...e inoltre su Dica33:
Una questione sociale
Le condizioni entro cui le persone commerciano, vivono e lavorano, infatti, condizionano la salute, in parte proprio per la loro influenza sul comportamento e sul peso. Ecco perché le strategie di lotta all'obesità messe in campo dai governi dovrebbero essere più sofisticate. I numeri, del resto, incombono e parlano, almeno in Gran Bretagna, di un quarto degli adulti obesi. Una percentuale che secondo le previsioni è destinata a crescere ulteriormente di oltre il 50%, se continuassero i trend attuali. E le lacune delle strategie in atto riguardano proprio gli aspetti sociali, fino ad ora non sufficientemente stimati. Alcuni esempi permettono di rendere meglio l'idea. Le grosse catene di supermercati mettono in vendita pacchi famiglia, incoraggiano acquisti massicci e vendono cibi molto convenienti e porzioni maxi. Ma anche la pubblicità ha la sua responsabilità. I bambini, infatti, sono incoraggiati a desiderare cibi ricchi in grassi saturi o in zuccheri. E ancora chi associa la pianificazione urbana all'obesità? Invece, sottolineano i ricercatori britannici, come si disegnano le città è fondamentale per incoraggiare le persone a camminare e a ridurre l'uso delle autovetture. Fattori ancor più significativi per chi vive in aree di disagio, dove queste barriere sociali sono ancora più influenti.
I buoni esempi
Gli esempi di strategie illuminate non mancano e gli autori citano quello della Norvegia, dove è stata utilizzata una strategia di sussidi economici, di manipolazione dei prezzi e di trasparenza nell'etichettatura dei cibi per tenere al largo le persone dai cibi malsani. Un approccio più dinamico e articolato che lì ha funzionato. E sono i numeri a dirlo. Il consumo di grassi saturi è calato del 18% e i livelli di colesterolo nel sangue del 10% e così la mortalità per malattie coronariche si è dimezzata tra gli uomini di mezza età. Quello che manca nelle strategie di prevenzione all'obesità, concludono gli autori, è l'idea che l'obesità e la sua ineguale distribuzione siano il frutto di un sistema complesso, modellato da come la società è organizzata. E da questo punto di vista manca il coordinamento tra i vari livelli coinvolti. Del resto come osserva uno degli autori "ci stiamo battendo contro l'attitudine diffusa delle società occidentali alla ricchezza e al benessere". E' possibile arginarla?
Marco Malagutti
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