10 ottobre 2008
Aggiornamenti e focus
Il peso della paternità
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Nei paesi occidentali circa il 15% delle coppie è affetto da infertilità e in quasi metà dei casi è coinvolta la metà maschile. Se il figlio non arriva per problemi legati a lui, un fattore di rischio diffuso nelle nostre realtà e da tenere presente è anche l'obesità, che sarebbe responsabile o corresponsabile in uomini senza altre cause d'infertilità. Un'ipotesi che si è andata rafforzando dopo varie osservazioni e ricerche che hanno indirizzato verso meccanismi ormonali, con ulteriori conferme e spiegazioni che arrivano ora da uno studio pubblicato su Fertility and Sterility. La chiave sarebbe l'inibina B, un ormone prodotto dalle gonadi (maschili e femminili), i cui livelli erano già emersi come inversamente correlati all'indice di massa corporea (BMI) in donne obese e infertili.
Già si sapeva che gli uomini obesi presentano alterazioni dei livelli circolanti di ormoni steroidei sessuali, cioè diminuite concentrazioni di testosterone (T) totale e di una sostanza detta globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG), e al contrario aumentate di estrogeni. Sempre in uomini obesi si è osservato un calo di altri due ormoni, il follicolostimolante (FSH) che concorre a far maturare gli spermatozoi e l'inibina B che inibisce il rilascio del primo dall'ipofisi con un meccanismo detto di feedback negativo. L'inibina B, un ormone glicoproteico, si è andata evidenziando come un nuovo sensibile marcatore della spermatogenesi: in uomini affetti da criptorchidismo, per esempio, è risultata molto diminuita così come lo è la fertilità, ed è stata indicata quale possibile marker al tempo stesso di malfunzionamento dei testicoli e di capacità procreativa. Infine, e qui arriviamo al nuovo studio, ridotti livelli di T, SHBG e del rapporto T/SHBG sono stati dimostrati in uomini infertili obesi rispetto a infertili non obesi e a fertili obesi. Gli autori, dell'Università della Pennsylvania, hanno così cercato di chiarire quest'intreccio di relazioni. Hanno esaminato 87 uomini dai 19 ai 48 anni, con BMI che variavano da 16 a 47, quindi da magri a francamente obesi, 57 dei quali avevano avuto figli con precedenti partner o con l'attuale. Primo dato, gli uomini che erano diventati padri presentavano BMI significativamente inferiori rispetto ai non padri. Inoltre, tanto maggiore era il peso quanto minore erano il testosterone ematico e l'inibina B, e invece aumentato l'estrogeno. Non c'era correlazione tra BMI e caratteristiche del seme (densità di spermatozoi, volume, motilità, forma), lo stesso per i livelli di inibina B tranne una significativa con la motilità spermatica.
I dati in sostanza indicano negli uomini obesi un parziale ipogonadismo da scarse gonadotropine (tale è l'FSH), basato su ridotto FSH e relativa alterazione della produzione spermatica. Il meccanismo ipotizzato coinvolge un enzima nel tessuto adiposo (aromatasi) che trasforma precursori degli steroidi sessuali in estrogeni: se il tessuto adiposo aumenta di conseguenza aumenta la trasformazione, come dimostrano i livelli diminuiti di testosterone e aumentati di estrogeno negli obesi, nei quali inoltre la minore concentrazione di SHBG potrebbe portare a una maggiore biodisponibilità dell'ormone maschile (perché si lega di preferenza a questo). Livelli alterati degli steroidi sessuali potrebbero agire a feedback cioè sopprimere a monte (c'è un asse ipotalamo-ipofisi-gonadi) il rilascio di gonadotropine, specie l'FSH. E i valori di inibina B riscontrati nello studio supportano un'inibizione a livello dell'ipofisi. I meccanismi biochimici coinvolti sono complessi e da indagare ulteriormente, ma quello che si può comunque concludere è che dallo studio esce rinforzata l'ipotesi che l'obesità maschile sia un fattore di rischio d'infertilità; tra l'altro è stata associata anche con riduzione della libido e con la disfunzione erettile. I fattori di rischio certo sono vari, ma se si vuole procreare è meglio intanto tenere il peso sotto controllo: vale per uomini e donne.
Elettra Vecchia
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Gli ormoni diminuiti e quelli aumentati
Già si sapeva che gli uomini obesi presentano alterazioni dei livelli circolanti di ormoni steroidei sessuali, cioè diminuite concentrazioni di testosterone (T) totale e di una sostanza detta globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG), e al contrario aumentate di estrogeni. Sempre in uomini obesi si è osservato un calo di altri due ormoni, il follicolostimolante (FSH) che concorre a far maturare gli spermatozoi e l'inibina B che inibisce il rilascio del primo dall'ipofisi con un meccanismo detto di feedback negativo. L'inibina B, un ormone glicoproteico, si è andata evidenziando come un nuovo sensibile marcatore della spermatogenesi: in uomini affetti da criptorchidismo, per esempio, è risultata molto diminuita così come lo è la fertilità, ed è stata indicata quale possibile marker al tempo stesso di malfunzionamento dei testicoli e di capacità procreativa. Infine, e qui arriviamo al nuovo studio, ridotti livelli di T, SHBG e del rapporto T/SHBG sono stati dimostrati in uomini infertili obesi rispetto a infertili non obesi e a fertili obesi. Gli autori, dell'Università della Pennsylvania, hanno così cercato di chiarire quest'intreccio di relazioni. Hanno esaminato 87 uomini dai 19 ai 48 anni, con BMI che variavano da 16 a 47, quindi da magri a francamente obesi, 57 dei quali avevano avuto figli con precedenti partner o con l'attuale. Primo dato, gli uomini che erano diventati padri presentavano BMI significativamente inferiori rispetto ai non padri. Inoltre, tanto maggiore era il peso quanto minore erano il testosterone ematico e l'inibina B, e invece aumentato l'estrogeno. Non c'era correlazione tra BMI e caratteristiche del seme (densità di spermatozoi, volume, motilità, forma), lo stesso per i livelli di inibina B tranne una significativa con la motilità spermatica.
Trasformazione enzimatica nel tessuto adiposo
I dati in sostanza indicano negli uomini obesi un parziale ipogonadismo da scarse gonadotropine (tale è l'FSH), basato su ridotto FSH e relativa alterazione della produzione spermatica. Il meccanismo ipotizzato coinvolge un enzima nel tessuto adiposo (aromatasi) che trasforma precursori degli steroidi sessuali in estrogeni: se il tessuto adiposo aumenta di conseguenza aumenta la trasformazione, come dimostrano i livelli diminuiti di testosterone e aumentati di estrogeno negli obesi, nei quali inoltre la minore concentrazione di SHBG potrebbe portare a una maggiore biodisponibilità dell'ormone maschile (perché si lega di preferenza a questo). Livelli alterati degli steroidi sessuali potrebbero agire a feedback cioè sopprimere a monte (c'è un asse ipotalamo-ipofisi-gonadi) il rilascio di gonadotropine, specie l'FSH. E i valori di inibina B riscontrati nello studio supportano un'inibizione a livello dell'ipofisi. I meccanismi biochimici coinvolti sono complessi e da indagare ulteriormente, ma quello che si può comunque concludere è che dallo studio esce rinforzata l'ipotesi che l'obesità maschile sia un fattore di rischio d'infertilità; tra l'altro è stata associata anche con riduzione della libido e con la disfunzione erettile. I fattori di rischio certo sono vari, ma se si vuole procreare è meglio intanto tenere il peso sotto controllo: vale per uomini e donne.
Elettra Vecchia
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