09 novembre 2005
Aggiornamenti e focus
Il rapporto che predice l'infarto
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Numerosi studi hanno individuato nell'obesità uno dei principali fattori di rischio per l'infarto del miocardio. Finora il miglior metodo per "misurare" l'obesità era rappresentato dall'indice di massa corporea (IMC = peso in kg / altezza in metri al quadrato), tuttavia una nuova ricerca pubblicata su Lancet suggerisce che sia un'altra la misura che meglio predice il rischio di infarto. Si tratta del WHR (waist-to-hip ratio), cioè il rapporto tra la circonferenza della vita e la circonferenza dei fianchi, che risulta molto utile per valutare la distribuzione corporea del tessuto adiposo. Un rapporto alto è il risultato di un corpo che potrebbe essere definito "a mela" in quanto la vita risulta molto più ampia dei fianchi, al contrario un rapporto piccolo (fianchi abbondanti) si traduce in una figura corporea "a pera". Secondo le linee guida europee la circonferenza vita non dovrebbe superare i 102 cm negli uomini e gli 88 cm nelle donne. Il rapporto vita/fianchi dovrebbe essere inferiore a 0,95 per gli uomini e 0,85 nelle donne.
Lo scorso anno lo stesso team di ricercatori aveva identificato nove importanti fattori di rischio per l'infarto del miocardio, tra i quali figurava anche l'obesità addominale (rappresentata da un ampio girovita), mentre in questo nuovo studio si sono occupati di esplorare le associazioni tra le diverse misurazioni dell'obesità (principalmente indice di massa corporea e WHR) e il rischio di attacco cardiaco. Sono state prese in considerazione oltre 27000 persone, metà delle quali avevano avuto in precedenza un episodio infartuale. Dai risultati è emerso che nei pazienti che già avevano avuto un infarto, il valore dell'IMC era di poco più alto rispetto al gruppo di controllo, mentre il rapporto vita/fianchi, negli stessi soggetti, risultava nettamente maggiore, indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio. In base a tali evidenze i ricercatori affermano che il WHR è tre volte più efficace, rispetto all'IMC, nel predire un infarto del miocardio. In particolare negli individui con alto rapporto vita/fianchi, vi è il 75% di probabilità in più che si verifichi un attacco di cuore, rispetto a coloro che presentano un rapporto più basso.
L'importanza della scoperta, che attribuisce al WHR una maggiore efficacia nel predire un rischio cardiovascolare rispetto a quella dell'IMC, alla quale ha partecipato l'Istituto Mario Negri di Milano, suggerisce la possibilità che l'impatto dell'obesità, come fattore di rischio cardiovascolare, sia stato finora sottostimato. A sottolineare questo aspetto sono due ricercatori norvegesi che, sullo stesso numero di Lancet, pubblicano un commento allo studio evidenziandone la forza in quanto condotto coinvolgendo persone di ogni continente. In questo modo è stato possibile determinare la prevalenza di obesità addominale in diversi gruppi etnici. In conclusione, i commentatori norvegesi ritengono che l'importanza della scoperta si traduca principalmente nella cognizione del fatto che, ormai, l'indice di massa corporea rappresenti un metodo di misura obsoleto, che ha portato a una sostanziale sottostima della diffusione dell'obesità e dei rischi che comporta.
Ombretta Bandi
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Il rapporto vita/fianchi è meglio
Lo scorso anno lo stesso team di ricercatori aveva identificato nove importanti fattori di rischio per l'infarto del miocardio, tra i quali figurava anche l'obesità addominale (rappresentata da un ampio girovita), mentre in questo nuovo studio si sono occupati di esplorare le associazioni tra le diverse misurazioni dell'obesità (principalmente indice di massa corporea e WHR) e il rischio di attacco cardiaco. Sono state prese in considerazione oltre 27000 persone, metà delle quali avevano avuto in precedenza un episodio infartuale. Dai risultati è emerso che nei pazienti che già avevano avuto un infarto, il valore dell'IMC era di poco più alto rispetto al gruppo di controllo, mentre il rapporto vita/fianchi, negli stessi soggetti, risultava nettamente maggiore, indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio. In base a tali evidenze i ricercatori affermano che il WHR è tre volte più efficace, rispetto all'IMC, nel predire un infarto del miocardio. In particolare negli individui con alto rapporto vita/fianchi, vi è il 75% di probabilità in più che si verifichi un attacco di cuore, rispetto a coloro che presentano un rapporto più basso.
Il commento che viene dal nord
L'importanza della scoperta, che attribuisce al WHR una maggiore efficacia nel predire un rischio cardiovascolare rispetto a quella dell'IMC, alla quale ha partecipato l'Istituto Mario Negri di Milano, suggerisce la possibilità che l'impatto dell'obesità, come fattore di rischio cardiovascolare, sia stato finora sottostimato. A sottolineare questo aspetto sono due ricercatori norvegesi che, sullo stesso numero di Lancet, pubblicano un commento allo studio evidenziandone la forza in quanto condotto coinvolgendo persone di ogni continente. In questo modo è stato possibile determinare la prevalenza di obesità addominale in diversi gruppi etnici. In conclusione, i commentatori norvegesi ritengono che l'importanza della scoperta si traduca principalmente nella cognizione del fatto che, ormai, l'indice di massa corporea rappresenti un metodo di misura obsoleto, che ha portato a una sostanziale sottostima della diffusione dell'obesità e dei rischi che comporta.
Ombretta Bandi
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