26 settembre 2007
Aggiornamenti e focus
Il ritorno di Ebola
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La notizia è del 10 settembre e arriva dalla fonte istituzionale per eccellenza in materia di sanità, l'OMS, cinque casi di febbre emorragica virale di Ebola sono stati segnalati nella Repubblica democratica del Congo. A questi, è notizia dell'ultima ora se ne sono aggiunti altri otto, rendendo questa epidemia la peggiore da anni. Ebola, del resto, significa altissimo rischio di contagio e altissimo tasso di mortalità, tanto che gli ultimo conteggi riportati parlano di 372 casi sospetti e 166 morti. Non sono pochi. Ecco perché le agenzie internazionali si sono mobilitate rapidamente per cercare di contenere l'epidemia. Ebola, infatti, è un virus letale ed estremamente contagioso, che si manifesta, tra gli altri sintomi, con emorragia interna e violenti dolori di stomaco. Gli esperti dell'Oms sono, perciò, sul posto per aiutare le autorità locali a identificare i casi, isolarli, rintracciare i contatti e bloccare l'epidemia. In più ha attivato la Rete globale di allerta e di azione in caso di epidemia per la messa a disposizione di esperti da tutto il mondo. Ma come è organizzata la strategia difensiva?
I medici hanno a disposizione quelli che vengono chiamati "ebola kit": guanti, stivali e uniformi che devono essere rigorosamente distrutti dopo l'uso. Medici senza Frontiere, come sempre operativa in queste realtà, ha a sua volta rinforzato il personale medico e ha mandato approvvigionamenti presso la capitale della provincia infestata, Katanga, perché siano distribuiti nelle zone colpite. Le necessità vanno da tende e coperture di plastica per creare un centro di isolamento fino a medicine, acqua e materiali sanitari. E anche le autorità sanitarie locali sono coinvolte nel piano di disinfestazione. Si tratta del resto di un'emergenza straordinaria, vista la virulenza della malattia che ha un tasso di mortalità che arriva al 90% e per la quale non esistono cure ne vaccini. Le dimensioni dell'epidemia, peraltro, sono tali da non far escludere l'interazione di un'altra infezione, la Shigella, che potrebbe causare dissenteria ed è stata identificata in campioni analizzati nella capitale Kinshasa. Nel frattempo i villaggi sono in quarantena, una situazione nella quale il malato viene isolato per prevenire il contagio, curare i sintomi e ridurre la sofferenza. La malattia, infatti, viene trasmessa con il contatto con materiale infetto, come sangue, vomito e diarrea. Una realtà che in Africa si è già manifestata altre volte nel passato.
Non è la prima volta, infatti, che il Congo è colpito dal virus di Ebola, identificato per la prima volta nel 1976, proprio nel Congo, allora Zaire. E da quell'anno per trent'anni i casi si sono succeduti con periodicità, alternati al virus di Marburg, che a Ebola è strettamente imparentato. L'ultima grande epidemia in Congo risale al 1995, quando vennero colpite mortalmente oltre 200 persone. E un caso clamoroso si è avuto in Uganda nel 2001 con oltre 400 casi riportati. Si spiega così l'allerta diffuso in Uganda nel timore che il virus possa diffondersi. Nel frattempo la scienza su Ebola ha ancora molto da scoprire. Si ignora in particolare quale sia il serbatoio del virus, anche se uno studio recente dei CDC riguardante il virus Marburg attribuisce la responsabilità ai pipistrelli. Ma non si sa nemmeno perché si scatenino improvvise morie. Nell'attesa di qualche risposta il virus fa strage, uccidendo in modo fulminante.
Marco Malagutti
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La strategia difensiva
I medici hanno a disposizione quelli che vengono chiamati "ebola kit": guanti, stivali e uniformi che devono essere rigorosamente distrutti dopo l'uso. Medici senza Frontiere, come sempre operativa in queste realtà, ha a sua volta rinforzato il personale medico e ha mandato approvvigionamenti presso la capitale della provincia infestata, Katanga, perché siano distribuiti nelle zone colpite. Le necessità vanno da tende e coperture di plastica per creare un centro di isolamento fino a medicine, acqua e materiali sanitari. E anche le autorità sanitarie locali sono coinvolte nel piano di disinfestazione. Si tratta del resto di un'emergenza straordinaria, vista la virulenza della malattia che ha un tasso di mortalità che arriva al 90% e per la quale non esistono cure ne vaccini. Le dimensioni dell'epidemia, peraltro, sono tali da non far escludere l'interazione di un'altra infezione, la Shigella, che potrebbe causare dissenteria ed è stata identificata in campioni analizzati nella capitale Kinshasa. Nel frattempo i villaggi sono in quarantena, una situazione nella quale il malato viene isolato per prevenire il contagio, curare i sintomi e ridurre la sofferenza. La malattia, infatti, viene trasmessa con il contatto con materiale infetto, come sangue, vomito e diarrea. Una realtà che in Africa si è già manifestata altre volte nel passato.
I casi del passato
Non è la prima volta, infatti, che il Congo è colpito dal virus di Ebola, identificato per la prima volta nel 1976, proprio nel Congo, allora Zaire. E da quell'anno per trent'anni i casi si sono succeduti con periodicità, alternati al virus di Marburg, che a Ebola è strettamente imparentato. L'ultima grande epidemia in Congo risale al 1995, quando vennero colpite mortalmente oltre 200 persone. E un caso clamoroso si è avuto in Uganda nel 2001 con oltre 400 casi riportati. Si spiega così l'allerta diffuso in Uganda nel timore che il virus possa diffondersi. Nel frattempo la scienza su Ebola ha ancora molto da scoprire. Si ignora in particolare quale sia il serbatoio del virus, anche se uno studio recente dei CDC riguardante il virus Marburg attribuisce la responsabilità ai pipistrelli. Ma non si sa nemmeno perché si scatenino improvvise morie. Nell'attesa di qualche risposta il virus fa strage, uccidendo in modo fulminante.
Marco Malagutti
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