Ossa salve anche con lo stop

02 febbraio 2007
Aggiornamenti e focus

Ossa salve anche con lo stop



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Sono passati dieci anni da quando, nel 1996, durante il Congresso Mondiale sull'Osteoporosi svoltosi ad Amsterdam, sono stati presentati i risultati del Fracture Intervention Trial (FIT). Lo studio, il più grande mai svoltosi sulle fratture, concluse che i bifosfonati, alendronato in particolare, sono molecole efficaci per contrastare l'osteoporosi e prevenire il rischio di fratture. A distanza di dieci anni le molecole in questione sono ormai entrate nell'uso comune, ma qualche perplessità rimane sul tempo del loro utilizzo. Per quanto, infatti, devono essere prescritte queste terapie? Quello che si sa è che gli effetti terapeutici di alendronato sono sostenuti nel tempo e il farmaco è ben tollerato per un periodo di dieci anni. Ma se si interrompesse il trattamento? Un gruppo di scienziati californiani si è cimentato in questo tentativo e i risultati sono stati pubblicati sull'ultimo numero di JAMA.

Lo studio FLEX


L'alendronato, attraverso la riduzione del turnover osseo, porta a un aumento della densità minerale, assicurando, nel complesso, una riduzione di circa il 50% delle fratture ossee di qualunque tipo nelle donne in post-menopausa. In pratica, la molecola blocca l'attività degli osteoclasti, le cellule responsabili del riassorbimento osseo. Secondo lo studio FIT, in particolare, l'alendronato è in grado di ridurre del 51% il rischio di fratture del femore, del 46% il rischio di nuove fratture vertebrali e del 44% il rischio di fratture al polso. In genere la terapia ha una durata indeterminata, anche se, va detto, sono pochi gli studi che abbiano determinato gli effetti di questa classe di molecole se si interrompe il trattamento dopo cinque anni di terapia. Quello che si sa è che il trattamento a lungo termine è efficace fino a dieci anni di assunzione. con un aumento della densità ossea sostenuto nel tempo. Gli studi farmacocinetici, d'altro canto, evidenziano come i bifosfonati rimangano nella matrice ossea per molti anni e che quelli "incorporati" rimangono inattivi finché gli altri non sono stati riassorbiti. L'emivita dell'alendronato, in particolare, è di dieci anni circa. L'idea dei ricercatori è stata, perciò, che gli effetti del farmaco si possano mantenere anche una volta interrotta temporaneamente la terapia. Ecco perché sono stati ricontatati i soggetti che hanno partecipato al FIT, creando un nuovo trial, FLEX (the FIT Long-term Extension), per verificare l'effetto della discontinuità nella terapia. La ricerca ha coinvolto 1099 donne, poste sotto osservazione per oltre dieci anni. Lo studio ha così rivelato che i farmaci possono essere sospesi dopo cinque anni di trattamento. Il rischio cumulativo di fratture non vertebrali, infatti, dicono i ricercatori, non è significativamente variato tra chi interrompe la terapia e chi no. Un discorso che non vale per la quota di donne che presenta il rischio maggiore di fratture vertebrali. Il risultato, come sottolineato dal responsabile della ricerca, sarà sicuramente ben visto da quante, tra le donne a rischio fratture, sono costrette ad assumere già altri farmaci per diverse patologie. E non sono poche. In più lo studio ha stabilito che quante tra queste pazienti vogliano evitare ogni rischio e continuare il trattamento per dieci anni possono farlo senza alcun timore di effetti collaterali negativi. In particolare se si è più esposte a pericolose fratture della colonna vertebrale. Meglio di così.

Marco Malagutti



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