L'umore che deprime le ossa

06 dicembre 2007
Aggiornamenti e focus

L'umore che deprime le ossa



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Pessimo umore e ossa deboli, un'accoppiata di disturbi che è stata riscontrata in piccoli studi su donne in premenopausa, quindi donne ancora giovani che iniziano ad accumulare fattori di rischio di osteoporosi prima ancora di entrare in menopausa. L'associazione è stata dimostrata in diversi studi a partire dai primi anni '90 ma ancora il disturbo da depressione maggiore non è stato riconosciuto come fattore di rischio per l'osteoporosi. Eppure esiste anche una ragione biologica plausibile in quanto i meccanismi endocrini possono spiegare la perdita di osso, l'ipercortisolemia e uno stato adrenergico.

Infiammazione generale


Per validare statisticamente queste premesse è stato condotto un ulteriore ricerca che ha selezionato circa 90 donne giovani di età media 35 anni e oltre alla diagnosi eseguite secondo i criteri del DSM-IV con un intervista clinica strutturata e alla misura della densità minerale ossea, sono stati dosati marcatori biochimici specifici. Tutti i dati raccolti sono stati confrontati con un gruppo controllo e le differenze erano notevoli su tutti i fronti. Per esempio per erano diverse le concentrazioni delle citochine: il livelli delle citochine infiammatorie era più alte nel campione di donne con depressione maggiore mentre quelle antinfiammatorie erano più basse. Le misurazioni sono state eseguite per 25 ore e ogni ora l'aumento e il calo erano rilevabili a riprova di uno stato pro-infiammatorio sistemico. In particolare, l'interleuchina-6 che svolge un ruolo importante nel processo di riassorbimento del tessuto osseo provocandone la perdita. Una condizione che è la stessa che contribuisce allo sviluppo di osteoporosi nelle donne in menopausa.

Fratture a sorpresa


A queste differenze corrispondevano anche quelle relative alla densità minerale ossea, misurata in diversi punti. Una percentuale maggiore di donne con depressione maggiore aveva valori bassi: a livello del collo del femore il 17% contro il 2% del controllo, dell'anca il 15% contro il 2% e della spina lombare il 20% contro il 9%. L'aumento della prevalenza di una densità minerale più bassa e una situazione che decisamente predispone a uno stato infiammatorio sono il presupposto all'aumento di rischio di fratture soprattutto dal momento in cui queste donne entreranno nella menopausa. La maggior parte delle donne arruolate nello studio erano già in terapia antidepressiva e assumevano farmaci antidepressivi tra i quali anche gli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) senza che questo fattore condizionasse il valore della densità ossea. Un dato che sembra contraddire, o comunque essere incoerente con quanto venne riportato da uno studio canadese che invece aveva riscontrato una maggior frequenza di fratture da caduta nei soggetti in terapia con SSRI. L'incoerenza è ovviamente stata notata, e diversi commenti sono stati inviati alla rivista Archives of Internal Medicine, che ha pubblicato entrambi i lavori. Gli autori hanno replicato sottolineando che la depressione non è l'unico fattore di rischio per le fratture da caduta, circostanza valutata dai canadesi, ma possono essercene altre, come il declino cognitivo per esempio. Quindi le cadute rischiano di essere un fattore confondente nella relazione tra depressione e osteoporosi. Gli autori invece, vogliono riportare l'attenzione sulle possibili conseguenze di una depressione, insorta magari in giovane età, che se associata a una osteopenia, dovuta proprio al mai raggiunto picco di massa ossea e clinicamente silente, rischia di rimanere non diagnosticata fino alla prima fratture.

Simona Zazzetta



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