24 aprile 2008
Aggiornamenti e focus
Il palloncino sostiene la vertebra
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L'organizzazione della colonna vertebrale è un esempio di perfezione architettonica: i piccoli elementi, le vertebre, hanno una forma tale che consente loro di incastrarsi e impilarsi uno sull'altro a formare una struttura a colonna talmente resistente, e allo stesso tempo elastica e mobile, da proteggere il midollo spinale, sostenere tutto il corpo, indipendentemente dal peso e dalle dimensioni, e permettere il movimento. Ma a tutto c'è un limite, anche alla perfezione scaturita dall'evoluzione millenaria, e, se per vari motivi, la solidità di uno degli elementi vertebrali viene meno, tutta la struttura diventa a rischio e con essa, la salute in generale.
La frattura vertebrale solitamente è provocata da un evento traumatico, anche se le cause che predispongono sono di natura patologica. L'osteoporosi è di certo la più diffusa nella popolazione femminile in post-menopausa: la riduzione di massa ossea assottiglia il tessuto osseo spugnoso che costituisce il corpo della vertebra (la parte più estesa rivolta verso l'interno). La frattura avviene per compressione del corpo vertebrale, una sorta di collasso della parte centrale della vertebra che fa perdere lentamente la curvatura corretta a tutta la struttura portante che tende a curvarsi anteriormente. Il risultato è facilmente osservabile come cifosi, molto diffusa tra gli anziani. Queste lesioni oltre al forte dolore, possono limitare l'autonomia della paziente perchè ne compromettono la mobilità, la funzionalità polmonare e la qualità della vita. Allo stesso esito si arriva anche in caso di morbo di Paget, malattia metabolica dello scheletro che colpisce il 3% della popolazione sopra i 50 anni, o di osteomalacia. Inoltre, nel 70% dei pazienti colpiti da mieloma multiplo o da neoplasie con metastasi alla colonna vertebrale, la distruzione osteolitica si verifica nel corpo vertebrale. Ma anche in assenza di queste circostanze, una caduta o un colpo particolarmente forte può provocare la frattura del corpo della vertebra.
Nella maggior parte dei casi, dicono gli esperti, non ci sono conseguenze per il midollo spinale e non si manifestano deficit neurologici, ma bisogna intervenire il prima possibile, proprio per prevenire l'incurvatura della colonna, ma anche ulteriori fratture: un elemento che cede mette a rischio di frattura da compressione anche altri elementi della colonna. Se la lesione viene definita instabile significa che non è possibile intervenire dall'esterno, e si deve ricorrere a un intervento chirurgico per inserire barrette e chiodi a rinforzo della colonna in corrispondenza della frattura. Diversamente, con una frattura stabile si procede con manovre esterne, come busti o corsetti e riposo a letto, intervento che richiede diversi mesi per arrivare alla guarigione. Esiste anche un'alternativa chirurgica ma minimamente invasiva che prevede l'inserimento di uno speciale cemento per via percutanea in grado di consolidare in maniera pressoché immediata la vertebra stessa. La metodica è stata poi modificata. Sulla scia degli interventi di angioplastica eseguiti tramite palloncino per aprire un'arteria ostruita, si è pensato di utilizzare lo stesso concetto: usare un palloncino per sollevare lo schiacciamento, creando uno spazio da riempire con il cemento e lo spessore adatto a riportare la colonna in posizione corretta. Con un'incisione di circa un centimetro, in corrispondenza della vertebra fratturata, si accede all'interno del corpo vertebrale con una cannula sottile per inserire un palloncino. Sotto controllo fluoroscopico questo viene gonfiato fino a risollevare la vertebra fratturata riportando il corpo vertebrale collassato quanto più possibile vicino all'altezza originale. Quando la vertebra è stata sollevata al meglio, il palloncino viene sgonfiato e rimosso e si procede all'iniezione di uno speciale cemento osseo, biologico che stabilizza la frattura e ripristina l'integrità della vertebra. La composizione del materiale, un polimetilmetacrilato, può contenere sali di calcio, e ha un'azione stimolante sulla matrice dell'osso e si riassorbe durante la riparazione ossea con un rimodellamento dell'osso. Dopo l'intervento, il paziente rimane in osservazione per qualche ora, ma risolve immediatamente i suoi sintomi dolorosi ed entro 24 ore può essere dimesso riducendo costi di ricovero e costi indiretti. Per ora i risultati osservati nella pratica clinica con follow up non più lunghi di 10 anni sono favorevoli alla superiorità del metodo nella riduzione del dolore, nel recupero dell'altezza e nella correzione della cifosi.
Simona Zazzetta
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Resistenti se sane
La frattura vertebrale solitamente è provocata da un evento traumatico, anche se le cause che predispongono sono di natura patologica. L'osteoporosi è di certo la più diffusa nella popolazione femminile in post-menopausa: la riduzione di massa ossea assottiglia il tessuto osseo spugnoso che costituisce il corpo della vertebra (la parte più estesa rivolta verso l'interno). La frattura avviene per compressione del corpo vertebrale, una sorta di collasso della parte centrale della vertebra che fa perdere lentamente la curvatura corretta a tutta la struttura portante che tende a curvarsi anteriormente. Il risultato è facilmente osservabile come cifosi, molto diffusa tra gli anziani. Queste lesioni oltre al forte dolore, possono limitare l'autonomia della paziente perchè ne compromettono la mobilità, la funzionalità polmonare e la qualità della vita. Allo stesso esito si arriva anche in caso di morbo di Paget, malattia metabolica dello scheletro che colpisce il 3% della popolazione sopra i 50 anni, o di osteomalacia. Inoltre, nel 70% dei pazienti colpiti da mieloma multiplo o da neoplasie con metastasi alla colonna vertebrale, la distruzione osteolitica si verifica nel corpo vertebrale. Ma anche in assenza di queste circostanze, una caduta o un colpo particolarmente forte può provocare la frattura del corpo della vertebra.
Soluzioni non invasive
Nella maggior parte dei casi, dicono gli esperti, non ci sono conseguenze per il midollo spinale e non si manifestano deficit neurologici, ma bisogna intervenire il prima possibile, proprio per prevenire l'incurvatura della colonna, ma anche ulteriori fratture: un elemento che cede mette a rischio di frattura da compressione anche altri elementi della colonna. Se la lesione viene definita instabile significa che non è possibile intervenire dall'esterno, e si deve ricorrere a un intervento chirurgico per inserire barrette e chiodi a rinforzo della colonna in corrispondenza della frattura. Diversamente, con una frattura stabile si procede con manovre esterne, come busti o corsetti e riposo a letto, intervento che richiede diversi mesi per arrivare alla guarigione. Esiste anche un'alternativa chirurgica ma minimamente invasiva che prevede l'inserimento di uno speciale cemento per via percutanea in grado di consolidare in maniera pressoché immediata la vertebra stessa. La metodica è stata poi modificata. Sulla scia degli interventi di angioplastica eseguiti tramite palloncino per aprire un'arteria ostruita, si è pensato di utilizzare lo stesso concetto: usare un palloncino per sollevare lo schiacciamento, creando uno spazio da riempire con il cemento e lo spessore adatto a riportare la colonna in posizione corretta. Con un'incisione di circa un centimetro, in corrispondenza della vertebra fratturata, si accede all'interno del corpo vertebrale con una cannula sottile per inserire un palloncino. Sotto controllo fluoroscopico questo viene gonfiato fino a risollevare la vertebra fratturata riportando il corpo vertebrale collassato quanto più possibile vicino all'altezza originale. Quando la vertebra è stata sollevata al meglio, il palloncino viene sgonfiato e rimosso e si procede all'iniezione di uno speciale cemento osseo, biologico che stabilizza la frattura e ripristina l'integrità della vertebra. La composizione del materiale, un polimetilmetacrilato, può contenere sali di calcio, e ha un'azione stimolante sulla matrice dell'osso e si riassorbe durante la riparazione ossea con un rimodellamento dell'osso. Dopo l'intervento, il paziente rimane in osservazione per qualche ora, ma risolve immediatamente i suoi sintomi dolorosi ed entro 24 ore può essere dimesso riducendo costi di ricovero e costi indiretti. Per ora i risultati osservati nella pratica clinica con follow up non più lunghi di 10 anni sono favorevoli alla superiorità del metodo nella riduzione del dolore, nel recupero dell'altezza e nella correzione della cifosi.
Simona Zazzetta
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