01 settembre 2006
Aggiornamenti e focus
Fumo oltre il Muro
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E' sempre più difficile trovare novità "radicalmente nuove". Così è normale che dopo la pubblicazione degli studi dedicati alla vareniclina, il nuovo farmaco per la disassuefazione dal fumo, sia stato scoperto che da una quarantina d'anni, nei paesi dell'Europa dell'Est (il blocco comunista), si impiegava abbastanza diffusamente un farmaco con lo stesso meccanismo d'azione. E' la citisina, sostanza derivata dai semi di una pianta diffusissima anche al di qua del muro di Berlino, il Cytisus laburnum. Anzi, il farmaco comunista (oops) è un po' la mamma della vareniclina, visto che è dalla citisina che questa è stata sintetizzata. Le due sostanze, dunque, condividono il tipo di azione: vanno a impegnare i recettori nicotinici presenti nel sistema nervoso centrale, togliendo così spazio alla nicotina. In pratica, se anche si fuma non se ne trae alcun piacere, perché la nicotina trova già impegnate le chiavi attraverso le quali esercita i suoi effetti edonistici, che sono alla base della dipendenza. Un approccio diverso da quello dei cerotti o delle pastiglie alla nicotina, che invece provocano gli stessi effetti, più o meno, senza necessità di rosolarsi bronchi e polmoni.
Non è poi così strano che non se ne sapesse niente, o quasi, nell'Europa occidentale. Per cominciare, il circuito della ricerca e della formazione nei paesi dell'est era per così dire parallelo a quello occidentale e, soprattutto, non era abitudine dei ricercatori di quei paesi pubblicare sulle riviste internazionali e in lingua inglese. Inoltre, non è escluso che vi fossero problemi di mercato. Oggi, si riscopre la citisina, dunque, e lo fa una metanalisi degli studi disponibili, che l'aurore ha rintracciato interpellando sia il produttore bulgaro del medicinale, sia gli esperti di tabagismo russi, tedeschi, polacchi e altri ancora. In totale sono stati rintracciati 10 studi, che sono stati tradotti in inglese prima dell'analisi statistica. Quattro di questi erano controllati, la citisina, cioè, veniva confrontata o al placebo o ad altro farmaco. In definitiva, pur considerando che molte di queste ricerche non sono state condotte con gli standard attuali, e che spesso si riportano dati molto positivi (troppo) come il 60 -70% di successi, il giudizio dell'autore dello studio è positivo, la citisina funziona. Anche perché nell'unico studio condotto nella Germania Ovest, e negli altri controllati e più recenti, i tassi di successo sono analoghi a quelli riportati per altri trattamenti, come l'uso del bupropione o della terapia sostitutiva.
Del resto, anche su queste terapie riconosciute, inizialmente, le ricerche non erano state condotte in modo ultrasofisticato (anche perché effettivamente i protocolli non erano ancora stati perfezionati). E poi c'è il fatto che la citisina è effettivamente la sostanza più affine alla nicotina conosciuta in natura, secondo la stessa industria del tabacco, che fa anche lei le sue brave ricerche sia pure con altri scopi. Però è presto per concludere che è tutto a posto: infatti mancano dati non tanto sugli effetti collaterali acuti in corso di trattamento (mal di testa, bruciori di stomaco e altri eventi gastrointestinali giudicati limitati) quanto sui rischi maggiori: teratogenicità genotossicità eccetera. Ma dire che manchino non significa per forza che questi rischi siano presenti. Magari basta riprendere in mano le ricerche.
Maurizio Imperiali
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Un segreto suo malgrado
Non è poi così strano che non se ne sapesse niente, o quasi, nell'Europa occidentale. Per cominciare, il circuito della ricerca e della formazione nei paesi dell'est era per così dire parallelo a quello occidentale e, soprattutto, non era abitudine dei ricercatori di quei paesi pubblicare sulle riviste internazionali e in lingua inglese. Inoltre, non è escluso che vi fossero problemi di mercato. Oggi, si riscopre la citisina, dunque, e lo fa una metanalisi degli studi disponibili, che l'aurore ha rintracciato interpellando sia il produttore bulgaro del medicinale, sia gli esperti di tabagismo russi, tedeschi, polacchi e altri ancora. In totale sono stati rintracciati 10 studi, che sono stati tradotti in inglese prima dell'analisi statistica. Quattro di questi erano controllati, la citisina, cioè, veniva confrontata o al placebo o ad altro farmaco. In definitiva, pur considerando che molte di queste ricerche non sono state condotte con gli standard attuali, e che spesso si riportano dati molto positivi (troppo) come il 60 -70% di successi, il giudizio dell'autore dello studio è positivo, la citisina funziona. Anche perché nell'unico studio condotto nella Germania Ovest, e negli altri controllati e più recenti, i tassi di successo sono analoghi a quelli riportati per altri trattamenti, come l'uso del bupropione o della terapia sostitutiva.
Un discorso da approfondire
Del resto, anche su queste terapie riconosciute, inizialmente, le ricerche non erano state condotte in modo ultrasofisticato (anche perché effettivamente i protocolli non erano ancora stati perfezionati). E poi c'è il fatto che la citisina è effettivamente la sostanza più affine alla nicotina conosciuta in natura, secondo la stessa industria del tabacco, che fa anche lei le sue brave ricerche sia pure con altri scopi. Però è presto per concludere che è tutto a posto: infatti mancano dati non tanto sugli effetti collaterali acuti in corso di trattamento (mal di testa, bruciori di stomaco e altri eventi gastrointestinali giudicati limitati) quanto sui rischi maggiori: teratogenicità genotossicità eccetera. Ma dire che manchino non significa per forza che questi rischi siano presenti. Magari basta riprendere in mano le ricerche.
Maurizio Imperiali
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