Epidemie di lunga durata

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Epidemie di lunga durata



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Un tempo si chiamavano malattie veneree, rendendo così un pessimo servizio alla dea dell'amore, e anche alla chiarezza. Oggi si ricorre invece all'acronimo MST (in inglese STD), che sta per malattie sessualmente trasmissibili. Anche la sostanza è cambiata, perché se ai tempi in cui venne descritta la sifilide (nel XVI secolo) le STD erano in fin dei conti malattie confinate al distretto genito-urinario, mentre oggi vi sono almeno altre due importanti malattie trasmissibili attraverso i rapporti sessuali delle quali, però, si trovano con difficoltà le tracce sul pene o sulla vagina: l'epatite virale (soprattutto la B) e l'infezione da HIV (AIDS).

Casi a centinaia di milioni


Forse perché ritenute un argomento "vergognoso", delle STD si parla poco, e per fortuna recentemente si è fatta un'eccezione per l'HIV.
I dati, però, sono quelli di un'autentica emergenza sanitaria, anche escludendo l'HIV/AIDS. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, sono oltre 330 milioni l'anno i nuovi casi e queste sono le malattie più diffuse:
  • 170 milioni di casi di Trichomonas
  • 62 milioni di casi di infezioni da gonococco
  • 89 milioni di infezioni da Chlamydia
  • 12 milioni di casi di sifilide
Fatto ancora più preoccupante, un terzo dei nuovi casi (111 milioni per l'esattezza) riguarda giovani di età inferiore ai 25 anni.

Un'epidemia che riguarda tutti


E' risaputo che questa emergenza sanitaria riguarda soprattutto, in termini numerici, i paesi in via di sviluppo, ma sarebbe stupido liquidare in questo modo la questione, soprattutto se si guarda alle tendenze oltre che ai dati in sé. La sifilide, per esempio, dagli anni sessanta ha mostrato un aumento anche in alcuni paesi senza contare che la maggiore mobilità delle persone (e pratiche come quella del "turismo sessuale") e anche in queste situazioni, i nuovi casi sono relativamente più frequenti nella fascia di età compresa tra 15 e 30 anni. Anche le infezioni da Chlamydia rispettano questo schema, e un recente studio italiano sta a indicare che la giovane età, i viaggi all'estero, i rapporti sessuali occasionali e/o con più partner contemporaneamente sono un fattore di rischio aggiuntivo. Sta di fatto che l'Italia ha la prevalenza più bassa in Europa di questa malattia, 2,7% rispetto al massimo raggiunto dall'Islanda, 8%, ma il dato non è comunque trascurabile. Già nel 1990, peraltro, un'indagine condotta su un centinaio di centri specializzati segnalava un aumento di alcune malattie per le quali non è obbligatoria la notifica alle autorità sanitarie: oltre alle infezioni da Chlamydia, i condilomi (infezioni da papilloma virus) e ovviamente l'herpes.
Anche la Gran Bretagna, è notizia recentissima, ha dovuto fare i conti con un aumento dei casi di gonorrea. Secondo i dati pubblicati Public Health Laboratory Service tra il 1998 e il 1999 il numero dei casi diagnosticati è cresciuto del 26% tra gli uomini e del 30% tra le donne e il dato più allarmate, ancora una volta, riguarda la fascia d'età più giovane (16-19 anni), nella quale l'aumento dei casi è stato del 52 e del 39% rispettivamente negli uomini e nelle donne.

Interpretare i dati

Come si è visto, i giovani e, all'interno delle diverse fasce di età, le donne sono più spesso colpiti da queste malattie. Per questi fenomeni esistono diverse spiegazioni, che poco hanno a che vedere con i giudizi più o meno moralistici sul comportamento dei "ragazzi".
Partiamo con le ragioni socio-economiche e culturali. Uno dei motivi per cui la popolazione femminile è più esposta è che di solito le donne hanno partner più anziani di loro, che quindi più probabilmente hanno avuto rapporti con diverse persone. In effetti, il principale fattore di rischio è avere rapporti con più partner, ma una persona che abbia due diversi rapporti duraturi in un anno ha obiettivamente aumentato il rischio, pur non essendo una "donna facile" o un "donnaiolo".
Per quanto riguarda i giovani, poi, va detto innanzitutto che raramente sono adeguatamente informati sia sull'esistenza delle malattie a trasmissione sessuale sia sui mezzi di prevenzione. E questo fa la differenza.
Per quanto riguarda le giovanissime, invece, il maggiore rischio ha anche basi fisiologiche. Infatti durante l'adolescenza, il collo dell'utero è coperto da un particolare tessuto (epitelio colonnare) mentre nell'età adulta il rivestimento del collo dell'utero è costituito da epitelio squamoso. L'epitelio colonnare è molto più fragile e permeabile a virus e batteri rispetto a quello squamoso, quindi è molto più facile che il contatto con il batterio o il virus dia luogo alla malattia. Anche il minor tasso di progesterone, tipico delle ragazze successivamente alla prima mestruazione, ha come effetto la maggiore vulnerabilità.
Ma anche con queste condizioni predisponenti, le misure preventive funzionano.

Maurizio Imperiali



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