I sogni son desideri...

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

I sogni son desideri...



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L'attenzione ai sogni ha origini antichissime, anche se è solo con Freud che il loro studio ha assunto un valore scientifico. Parallelamente alla psicoanalisi, anche le neuroscienze si sono occupate del sogno.

Gli studi condotti sul sonno hanno individuato in esso l'alternanza, ogni notte, di fasi chiamate REM, caratterizzate da rapidi movimenti oculari, intensa attività cerebrale, elevato consumo di ossigeno e glucosio e immobilità degli arti, e di altre dette non-REM. E' stato riscontrato che nella fase REM sono più frequenti i sogni ma che, soprattutto, una persona svegliata in tale fase è in grado di ricordare ciò che stava sognando. In particolare, esistono delle correlazioni tra la durata della fase REM e la quantità del materiale onirico riferito, la frequenza dei movimenti oculari e il contenuto del sogno, la direzione dei movimenti oculari e l'organizzazione spaziale degli eventi del sogno.
Inoltre, si è visto che l'emisfero destro risulta più coinvolto nell'organizzazione degli aspetti geometrico-spaziali del sogno, oltre che degli aspetti emozionali, mentre quello sinistro parteciperebbe agli aspetti legati alla sua narrazione.
Inoltre, si sono riscontrate anche cambiamenti a livello ormonale, con abbondante rilascio di prolattina, melatonina e ormone della crescita.

Il sogno, infine, sembra favorire il consolidamento di tracce mnestiche (cioè dei "segni" cerebrali del ricorso) relative a materiale che si è appreso nel corso della giornata, o poco prima di addormentarsi.

Non è il contenuto quanto il modo


L'approccio cognitivista, secondo il quale il sogno è un processo puramente cognitivo, che si sviluppa a partire dal secondo anno di vita in poi, è preceduto di pari passo con le neuroscienze. Entrambi si sono interrogati non tanto su cosa si sogna, ma sul come.

La psicoanalisi, invece, sebbene si interroghi sulla relazione tra le funzioni neurologiche e quelle mentali del sogno, si focalizza maggiormente sul senso che le rappresentazioni contenute in esso assumono per i singoli individui. Da qui, la centralità della vita affettiva del singolo nella costruzione della scena onirica e del suo significato.
Essa considera il sogno un modo per conoscere se stessi, per rappresentare il mondo passato, riattualizzandolo nel presente, elaborando gli aspetti affettivi connessi e liberarsene. L'attività onirica, però, è anche proiettata verso il futuro, in quanto rappresenta un momento di progettazione e di preparazione all'azione, che verrà messa in atto successivamente, nella fase di veglia. Su questo si fonda il profondo senso di verità che contiene il proverbio 'La notte porta consiglio': quante volte ci siamo addormentati con un dubbio, un quesito, un problema e, la mattina seguente, ci siamo resi conto di avere trovato la soluzione. Il sogno, in questo senso, favorisce la creatività, come testimonia quanto è accaduto ad Otto Loewi, che aveva visualizzato proprio in sogno l'esperimento delle rane, che è stato determinante nelle sue ricerche, che lo portarono a ricevere il premio Nobel.

Oltre il cervello c'è di più


Da un punto di vista psicoanalitico, il sogno non è un mero prodotto cerebrale, ma trascende il cervello, ponendosi ad un livello superiore, grazie al suo intreccio con la sfera affettiva del singolo individuo.

Eppure, spesso, i sogni lasciano stupiti, a volte, sconvolti, o, addirittura, intimoriti. Accanto ai sogni che ricalcano la realtà, che rassicurano con la loro familiarità, ce ne sono altri che sembrano quasi non appartenerci. Sono insoliti, inusuali: il loro significato appare totalmente estraneo, al punto da chiedersi come si sia potuto sognare qualcosa di simile. Si tratta di un tentativo estremo di allontanare la paternità di questi sogni, di deresponsabilizzarsi di fronte ai messaggi che l'inconscio ci invia. Allo stesso fine possono servire le spiegazioni solo ed esclusivamente neurofisiologiche, come se si potessero annullare le componenti affettive ed emotive contenute in esso.

Freud aveva proposto una classificazione dei sogni in tre tipi:
  1. quelli che rappresentano la realizzazione immediata di un desiderio, per esempio mangiare un pollo se si ha fame
  2. quelli in cui si raffigura la soddisfazione di un desiderio in forma dissimulata, come, sognare di ricevere del cibo gustoso, anche se non si ha fame, perché la sera prima si è convinti che la propria moglie abbia favorito un altro componente della famiglia, anziché il sognatore, nel preparare le porzioni
  3. gli incubi, che rappresentano l'esatto opposto di ciò che si desidera.
In realtà, i sogni del primo e del terzo tipo possono essere abbinati, in quanto alla loro origine sembra che ci siano desideri assai intensi, da cui ci si difende grazie al sonno, che comporta la paralisi muscolare e, quindi, l'impossibilità di realizzarli.
I sogni del secondo tipo, invece, rappresenterebbero una sorta di problem solving e sembra che siano i più numerosi.

Al di là delle classificazioni generali e delle facili interpretazioni, tuttavia, una interpretazione corretta del sogno è imprescindibile dal riferimento alla storia personale del singolo sognatore: qualsiasi generalizzazione rappresenta una forzatura di fronte all'unicità del singolo individuo.

Eppure, i sogni devono pur avere una funzione nella nostra vita affettiva ed emotiva diurna e notturna, data la grande quantità di tempo che gli si dedica: circa un'ora e mezza ogni notte.
Al nostro risveglio, si tende a ricordare solo uno o più sogni in modo nitido, alcuni li dimentichiamo in brevissimo tempo, altri non ci verranno mai in mente. Ma quale è la motivazione di tale distinzione?
Sembra che i sogni che si dimenticano rappresentino qualcosa che, al momento presente, è stato risolto, mentre, invece, ciò che si ricorda è qualcosa di irrisolto, su cui siamo invitati a concentrare la nostra attenzione.
I sogni, infatti, consentono di raggiungere determinati obiettivi con un risparmio energetico, rappresentato dalla immobilità fisica a cui di fatto si è costretti nel corso della fase REM del sonno. I sogni dispensano energia, che potrà essere utilizzata nel corso della veglia, per raggiungere quanto desiderato, dopo aver favorito l'elaborazione e il distacco dal passato.
Il sogno, inoltre, favorisce il proseguimento di attività mentali compiute nel corso della giornata, come l'apprendimento, dopo una elaborazione ed una trasformazione radicale dei contenuti appresi.

La vita non è sogno, ma il sogno è vita

Il sogno, quindi, rappresenta una parte di noi, della nostra vita cerebrale, affettiva ed emotiva che ancora non si conosce abbastanza a fondo, ma che suscita grande fascino ed interesse. Da qui, le numerose ricerche in materia.

Per esempio, si sono riscontrate similitudini di contenuto tra i sogni di persone accomunate da legami affettivi, come tra madre e figlio, oppure tra coniugi.

Inoltre, si è visto che gli obesi sognano meno, rispetto ai normopeso. Questo sembra che concorra a mantenere un peso superiore alla media in tali persone, a causa del loro consumo inferiore di glucosio nel corso della notte, in concomitanza con la scarsa attività onirica.

Un'altra ricerca ha invece messo in rapporto caratteristiche del sogno e la modalità di "attaccamento", cioè di creare una relazione con gli altri. I ricercatori hanno rilevato che coloro che hanno un attaccamento 'insicuro' riferiscono un numero maggiore di sogni e che questi sono caratterizzati da emozioni intense.
Chi ha un attaccamento 'ansioso', invece, riporta un numero maggiore di parole per sogno raccontato, rispetto a quelli con attaccamento 'sicuro', 'evitante' (cioè teso a svalutare la necessità o importanza del rapporto con altri) e 'ambivalente'. Il ricordo dei sogni è inferiore tra gli evitanti, rispetto agli ansiosi. Da ciò, si è ipotizzato che i rapidi movimenti oculari possano avere la funzione, almeno in parte, di favorire l'attaccamento.

Un altro studio ha rilevato una correlazione positiva tra la ricerca di sensazioni (intendendo sensazioni forti), la frequenza dei sogni ed il loro essere particolarmente significativi e profondi. E' stata anche rilevata una correlazione positiva tra l'ansia di morte e la ricorrenza degli incubi, oltre che la rappresentazione della morte nei sogni.

Infine, è stato evidenziato uno schema di comportamento onirico tipico degli individui depressi. In esso viene ridotta progressivamente la durata del sonno a onde lente, più profondo e ristoratore, per arrivare rapidamente a quello ad onde rapide, ricco di sogni. Eppure, una volta giunti in tale fase, molto spesso, i depressi si svegliano di soprassalto. Da una parte, quindi, sembrano avidi di sonno e di sogni, dall'altra sembrano temerli. Gli ansiosi, invece, fanno fatica ad addormentarsi, perché, presumibilmente, temono di perdere il controllo della situazione. Non tutti, infatti, riescono ad abbandonarsi alla notte, al sonno ed al sogno, perché si tratta di condizioni in cui predominano il buio, la solitudine, il ritorno di paure ancestrali e che richiedono la capacità di lasciarsi andare.

Anna Fata



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