02 luglio 2010
Aggiornamenti e focus
Servizio sanitario impreparato alla Sla
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In Italia, i malati di sclerosi laterale amiotrofica e le loro famiglie sono spesso lasciati a se stessi da un servizio sanitario che solo in pochissime regioni riesce a offrire l'assistenza necessaria. È l'accusa che emerge dallo studio promosso da Fiaso (Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere), Fondazione Istud e Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in occasione della Settimana nazionale per la lotta alla Sla. Dalla diagnosi fino allo stadio finale della malattia, pazienti e familiari devono fare i conti con l'inadeguatezza e l'impreparazione delle strutture pubbliche: solo il 29% di queste, per esempio, può offrire il sostegno di uno psicologo nel momento in cui viene sposta al malato la diagnosi. Sono un tormento anche le liste d'attesa - in media comprese tra i 30 e i 60 giorni - e se è vero che l'80% dei pazienti in fase terminale preferisce tornare a casa, fa clamore l'assenza nelle strutture di posti letto dedicati al fine vita. Non parliamo poi dell'ospitalità ai familiari: solo il 33% dei centri interrogati dallo studio dichiara di avere spazi dedicati ai "caregiver" e nel 71% dei casi non esistono soluzioni residenziali a supporto dei familiari. In questo quadro, diventano dunque due felici eccezioni il Veneto e la Lombardia, le cui strutture riescono a garantire la presa in carico globale del paziente e il supporto ai parenti. In Lombardia ai malati di Sla viene assegnato un voucher socio-sanitario che l'assistito può spendere acquistando prestazioni da un elenco di enti accreditati. In Veneto invece l'attivazione dell'assistenza domiciliare spetta al medico di famiglia che è il "case manager", il consulente di fiducia dei pazienti.
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