Diritto alla chirurgia

28 aprile 2005

Diritto alla chirurgia


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25 aprile 2005

Diritto alla chirurgia

Buongiorno, mio marito ha 63 anni e 2 mesi fa gli è stato diagnosticato adenocarcinoma polmonare con secondarismi cerebrali. L’ospedale dove ci siamo rivolti ha escluso l’intervento chirugico, nonostante il tumore al polmone sia piccolo e nonostante mio marito sia in buone condizioni di salute generali (detto da medici) Dal momento in cui informandomi su vari siti medici ho scoperto che l’operabilità o no di un paziente dipende anche molto dallo stato generale di salute ma soprattutto dalla spesa sanitaria che l’ospedale dovrebbe affrontare nel caso decidesse di intervenire chirurgicamente, mi sono chiesta se il non averci proposto l’intervento sia solo una questione di “protocolli” e di “soldi”, ovvero politiche del tipo: ha 63 anni, è di stadio IV, le possibilità di superare l’intervento sono di tot % per cui non vale la pena investire su di lui ma meglio dare la possibilità ad un miglior candidato; capisco l’etica, la finanza e la “tirata di orecchie” che un medico potrebbe subire nel mandare sotto i ferri un paziente con scarse possibilità, ma non accetto mezze verità basate su “politiche di risparmio”. Se così fosse, io credo che se anche vi fosse l’1 % scientifico di possibilità che l’intervento possa andare a buon fine, noi dovremmo avere il diritto almeno di venirne a conoscenza e di conseguenza sarà mio marito a decidere se affrontarne i rischi oppure no. Ho l’impressione che molte persone muoiano a causa di politiche economiche, quando invece fisicamente, scientificamente ed oggettivamente, pur con rischi, qualche possibilità per loro ci sia. Mi rendo perfettamente conto che in casi come il nostro ci si aggrappi ad ogni cosa pur di aiutare i nostri cari, ma il mio ragionamento va aldilà dei sentimenti e parla più a nome dei diritti umani. Penso inoltre che in 50 anni di lavoro e contributi, mio marito abbia diritto ad un eventuale intervento, chiaramente nel caso in cui effettivamente la possibilità di salvarlo ci sia, perché a nessuno può essere negata la possibilità di vivere o almeno di scegliere! Con questo non sto dicendo che chi lo sta trattando lo stia facendo in malafede, ma desidero conoscere semplicemente in quale fede ha proposto chemiterapia e radioterapia escludendo a priori la chirurgia. Cosa ne pensate? Attendo gentile riscontro.

Risposta del 28 aprile 2005

Risposta a cura di:
Dott.ssa MIRIAM VALENTINI


Gentile signora,
la proposta di chemioterapia e radioterapia che i medici che hanno in cura suo marito vi hanno fatto non è dettata da motivi economici.
Quando un tumore polmonare è allo stadio IV, ossia quando sono presenti delle metastasi, l'intervento chirurgico è da escludere, perché non servirebbe, nonostante il tumore polmonare sia piccolo e le condizioni generali di salute siano buone, come lei scrive. Infatti, la chirurgia si propone quando la malattia è limitata al polmone; nel caso di suo marito, asportare chirurgicamente il tumore al polmone non risolverebbe la situazione, perché la malattia è estesa anche all'encefalo. In questi casi, le terapie che si fanno sono la chemioterapia e la radioterapia, ossia ciò che i medici vi hanno consigliato.
Quello che lei ha trovato su molti siti medici (ma erano siti che garantivano la qualità delle informazioni mediche? Ha notato se c'era un bollino di certificazione, come ha questo sito e come dovrebbero avere tutti i siti medici "onesti"?) riguardo l'economia è vero fino ad un certo punto: oggi si cerca di proporre ai pazienti terapie efficaci (anche se costose; la chemioterapia in genere è più costosa della chirurgia) e di evitare loro terapie inutili e costose.
Spero di aver chiarito i suoi dubbi.
Auguro a lei e a suo marito di trovare sempre persone di cui possiate avere fiducia per affrontare questa malattia.

Dott. Miriam Valentini
Ricercatore
Specialista in Oncologia
SANTA MARIA IMBARO (CH)

Risposta del 28 aprile 2005

Risposta a cura di:
Dott. GIOVANNI MIGLIACCIO


Gentile Signora,
condivido in pieno la risposta della dottoressa Valentini per quanto riguarda l'ambito clinico, cioè l'indicazione al trattamento chirurgico.
Per quanto riguarda invece la tendenza a "non investire" in terapie e assistenza a pazienti, soprattutto anziani, la cui prognosi è sicuramente infausta, purtroppo sta prendendo piede anche nel nostro Paese, in una logica di mercato cui sembra che anche la medicina non debba sottrarsi.
Questa "filosofia economica" a mio parere non puo' che condurre ad un imbarbarimento culturale e a situazioni vergognose come quelle che si verificano quotidianamente negli Stati Uniti da molti considerati il baluardo della civiltà e della democrazia.
La maggioranza dei Medici italiani hanno ancora ben saldi i principi di deontologia medica e i Colleghi che hanno in cura Suo marito lo stanno dimostrando proponendo le più costose chemioterapia e radioterapia, come la collega Valentini Le ha fatto giustamente notare.
A volte i pazienti tendono a credere che il ruolo della chirurgia sia quello di un atteggiamento puramente meccanico: si apre, si incide, si toglie ciò che non c'era, e tutto deve ritornare come prima, accomunando l'organismo umano a un "organismo" meccanico come un'automobile o altro di simile;
Da sempre, e con i suoi limiti, la chirurgia ha avuto e ha un ruolo ben preciso e le sue ben precise indicazioni su quando si deve o non si deve intervenire e nessun chirurgo, dotato di etica e professionalità, tralascia di operare un paziente, quando sussistano le condizioni, anche minime, per poterlo fare.
Infine, pur nella gravità della malattia di Suo marito, ritengo che i cicli terapeuti che sta facendo o starà per fare possono avere degli ottimi risultati e anche per lungo tempo: è quello che auguro a Suo marito, inviandLe i più cordiali saluti

Dott. Giovanni Migliaccio
Medico Ospedaliero
Specialista in Neurochirurgia
MILANO (MI)



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