12 novembre 2010
Aggiornamenti e focus
Diabete gestazionale: rischi per la mamma
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di Simona Zazzetta
Tra i tanti cambiamenti che ci si può attendere che una gravidanza porti nella vita di una donna, non va esclusa una forma di diabete detta, appunto, gestazionale. Si tratta di un fenomeno di resistenza insulinica (incapacità delle cellule di utilizzare l'insulina) o di intolleranza glucidica (difficoltà dell'organismo a metabolizzare gli zuccheri) che si presenta o viene diagnosticata per la prima volta durante la gravidanza, indipendentemente dal fatto che questa condizione si modifichi dopo il parto oppure persista.
Questa condizione si instaura poiché la placenta produce alcuni ormoni che contrastano l'azione dell'insulina prodotta dal pancreas, e man mano che il feto cresce, aumenta la quantità degli ormoni antagonisti dell'insulina. Dopo il parto, venendo a mancare gli ormoni placentari, la situazione può normalizzarsi. Tuttavia, in alcuni casi la gravidanza può essere il fattore che scatena il diabete vero e proprio. Per questo motivo a distanza di 6-7 settimane dal termine della gravidanza, la donna che ha mostrato iperglicemia dovrebbe essere riesaminata per stabilire se è ritornata normoglicemica, oppure presenta ancora anomali del metabolismo degli zuccheri. A volte, la malattia può presentarsi anche anni dopo la gravidanza. Si tenga presente, comunque, che una certa compromissione del metabolismo del glucosio è normale nelle donne in attesa: «La gravidanza è un test da carico a cui un organismo sano risponde in modo adeguato e senza alterazioni » spiega Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo). «Tuttavia se c'è un problema latente, come un'insufficienza pancreatica o una forma di resistenza insulinica, le risposte risultano alterate».
Tutte le donne gravide sono esposte, ma esistono dei fattori di rischio specifici come l'età superiore ai 25 anni, un consanguineo di primo grado affetto da diabete, obesità e abitudine al fumo. «Tutte le donne alla 12ma settimana di gravidanza vengono sottoposte a un test precoce del sangue e delle urine, uno screening di base che permette di evidenziare subito le alterazioni, nel qual caso si entra in un protocollo specifico che invia la donna a ulteriori controlli della curva insulinica e del profilo glicemico, via via sempre più specifici» aggiunge Vittori. Gli aggiornamenti apportati ai criteri diagnostici, hanno abbassato le soglie della glicemia tollerata superate le quali si pone la diagnosi o si accerta il rischio di sviluppare diabete gestazionale, ma in ogni caso la paziente va monitorata in modo costante. «In alcuni casi succede che, fino a quando non inizia a vedersi il pancione, le donne attendano a fare questi controlli, ma dalla 17-18° settimana in poi inizia un cambiamento del metabolismo che bisogna monitorare perché, se si verificano o sono in corso alterazioni del metabolismo glucidico, bisogna intervenire per non avere conseguenze per la mamma e per il bambino» avverte Vittori. Il controllo del diabete gestazionale può fare affidamento su strumenti efficaci: «Una dieta ipoglicidica e normocalorica (1200 calorie, anziché 1200-1500 previsti in gravidanza) permette alla paziente di trovare equilibrio tra insulina e glucosio, ma se non si riesce si avvia una terapia insulinica per riportare a valori normali la glicemia. Non ci sono altri farmaci indicati in gravidanza. La terapia medica deve essere sempre accompagnata a stili di vita salutari: oltre all'alimentazione, attività fisica abbinata a esercizio a basso carico come camminare per un'ora al giorno» dice lo specialista e conclude: « È importante che gli accertamenti siano precoci perché permettono di migliorare in modo significativo la prognosi per la mamma e per il bambino».
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Tra i tanti cambiamenti che ci si può attendere che una gravidanza porti nella vita di una donna, non va esclusa una forma di diabete detta, appunto, gestazionale. Si tratta di un fenomeno di resistenza insulinica (incapacità delle cellule di utilizzare l'insulina) o di intolleranza glucidica (difficoltà dell'organismo a metabolizzare gli zuccheri) che si presenta o viene diagnosticata per la prima volta durante la gravidanza, indipendentemente dal fatto che questa condizione si modifichi dopo il parto oppure persista.
Questa condizione si instaura poiché la placenta produce alcuni ormoni che contrastano l'azione dell'insulina prodotta dal pancreas, e man mano che il feto cresce, aumenta la quantità degli ormoni antagonisti dell'insulina. Dopo il parto, venendo a mancare gli ormoni placentari, la situazione può normalizzarsi. Tuttavia, in alcuni casi la gravidanza può essere il fattore che scatena il diabete vero e proprio. Per questo motivo a distanza di 6-7 settimane dal termine della gravidanza, la donna che ha mostrato iperglicemia dovrebbe essere riesaminata per stabilire se è ritornata normoglicemica, oppure presenta ancora anomali del metabolismo degli zuccheri. A volte, la malattia può presentarsi anche anni dopo la gravidanza. Si tenga presente, comunque, che una certa compromissione del metabolismo del glucosio è normale nelle donne in attesa: «La gravidanza è un test da carico a cui un organismo sano risponde in modo adeguato e senza alterazioni » spiega Giorgio Vittori, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo). «Tuttavia se c'è un problema latente, come un'insufficienza pancreatica o una forma di resistenza insulinica, le risposte risultano alterate».
Tutte le donne gravide sono esposte, ma esistono dei fattori di rischio specifici come l'età superiore ai 25 anni, un consanguineo di primo grado affetto da diabete, obesità e abitudine al fumo. «Tutte le donne alla 12ma settimana di gravidanza vengono sottoposte a un test precoce del sangue e delle urine, uno screening di base che permette di evidenziare subito le alterazioni, nel qual caso si entra in un protocollo specifico che invia la donna a ulteriori controlli della curva insulinica e del profilo glicemico, via via sempre più specifici» aggiunge Vittori. Gli aggiornamenti apportati ai criteri diagnostici, hanno abbassato le soglie della glicemia tollerata superate le quali si pone la diagnosi o si accerta il rischio di sviluppare diabete gestazionale, ma in ogni caso la paziente va monitorata in modo costante. «In alcuni casi succede che, fino a quando non inizia a vedersi il pancione, le donne attendano a fare questi controlli, ma dalla 17-18° settimana in poi inizia un cambiamento del metabolismo che bisogna monitorare perché, se si verificano o sono in corso alterazioni del metabolismo glucidico, bisogna intervenire per non avere conseguenze per la mamma e per il bambino» avverte Vittori. Il controllo del diabete gestazionale può fare affidamento su strumenti efficaci: «Una dieta ipoglicidica e normocalorica (1200 calorie, anziché 1200-1500 previsti in gravidanza) permette alla paziente di trovare equilibrio tra insulina e glucosio, ma se non si riesce si avvia una terapia insulinica per riportare a valori normali la glicemia. Non ci sono altri farmaci indicati in gravidanza. La terapia medica deve essere sempre accompagnata a stili di vita salutari: oltre all'alimentazione, attività fisica abbinata a esercizio a basso carico come camminare per un'ora al giorno» dice lo specialista e conclude: « È importante che gli accertamenti siano precoci perché permettono di migliorare in modo significativo la prognosi per la mamma e per il bambino».
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