Diabete: tutta un’altra terapia
In meno di 10 anni sono quasi raddoppiate le classi di farmaci a disposizione per il trattamento del diabete di tipo 2. Ci spiega come e quanto è cambiata la terapia Carlo Bruno Giorda, presidente eletto dell'Associazione medici diabetologi (Amd)
È vero che nell'ultimo decennio si è assistito a una rivoluzione nella terapia del diabete di tipo 2?
Certo. Direi anzi che sono trascorsi meno di 10 anni da quando c'erano solo insulina, sulfaniluree e biguanidi, al momento attuale in cui il medico ha a sua disposizione altre 3-4 classi di farmaci tra le quali scegliere.
Come si è ampliato il catalogo degli ipoglicemizzanti orali?
Per cominciare con i glitazoni o tiazolidinedioni, (in commercio in Italia il pioglitazone), farmaci orali che aumentano la sensibilità all'insulina. Un altro medicinale per uso orale, non nuovo ma recentemente rivalutato è l'acarbosio, inibitore dell'alfa-glucosidasi intestinale, che riduce la glicemia post-prandiale.
Altri esempi di farmaci innovativi?
Un'altra classe, la più moderna in ordine di tempo, che vanta molecole molto importanti, è quella degli incretino-mimetici, sostanze che imitano l'azione delle incretine, cioè gli ormoni naturali Glp-1 (glucagon-like petide-1) e Gip (glucose-dependent insulinotropic peptide), rilasciati dall'intestino durante il giorno, il cui livello aumenta in risposta ai pasti regolando i livelli di glicemia. Questi farmaci possiedono meccanismi d'azione diversi per cui si dividono, ulteriormente, in due sottocategorie.
Quindi possiamo contare due sottoclassi?
Sì, abbiamo, gli inibitori della dipeptidil-peptidasi-4 (dpp-4) l'enzima che degrada le incretine, rappresentati da sitagliptin, vildagliptin e saxagliptin, che si assumono sempre per via orale e gli analoghi del Glp-1, costituti da exenatide e liraglutide, che vanno somministrate per via sottocutanea e ha una durata d'azione maggiore dell'ormone naturale.
Tutte queste novità significano che i pazienti potranno dire addio all'insulina?
No, purtroppo. Però la disponibilità di tanti farmaci, e con peculiarità differenti, consente di rimandare sempre di più nel tempo l'inizio della terapia insulinica.
E chi invece ha già iniziato l'insulina non potrà usufruire delle novità?
Al contrario. Oggi, diversamente dal passato e grazie all'introduzione di tanti ipoglicemizzanti orali, è molto cambiato anche l'approccio all'insulina. La si usa in momenti particolarmente critici (una grave malattia infettiva, un ricovero ospedaliero, una lunga terapia con cortisonici) come può essere anche quello della diagnosi del diabete, per ottenere un buon compenso, poi però la si può sospendere e passare ad altri farmaci.
Quindi se volessimo schematizzare la terapia del diabete di tipo 2 oggi?
Si inizia con metformina, ipoglicemizzante orale e storico rappresentante delle biguanidi, inserito al primo posto in tutti i protocolli di cura internazionali. Un farmaco efficace il cui profilo non presenta più incertezze e che ha anche il vantaggio di essere economico.
In seguito, quando necessario mantenere il controllo della glicemia, si aggiungerà a questo un altro ipoglicemizzante tra quelli di cui si parlava sopra.
A scelta dello specialista?
Ovviamente, e la scelta dall'ampio catalogo si opera considerando le caratteristiche specifiche del singolo paziente. Gli inibitori della dpp-4 sono indicati in chi è più soggetto a crisi ipoglicemiche, al contrario acarbosio è adatto ai pazienti con iperglicemia post-prandiale, mentre exenatide e liraglutide aiutano a ridurre il peso corporeo. Ma le considerazioni da fare sono davvero molte e vanno discusse all'interno del rapporto medico-paziente.
Dobbiamo aspettarci altre novità per il prossimo futuro?
Certo e anche molto presto. Tra le nuove molecole in studio, che si sono dimostrate efficaci, ci sono gli inibitori del trasporto renale del glucosio. Sono già in fase III, il che significa che il prossimo anno potrebbero arrivare in commercio.
di Elisabetta Lucchesini
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