Melanoma: diagnosi e terapie più efficaci
La lotta al melanoma, tumore della pelle particolarmente aggressivo, ha oggi nuovi alleati: una diagnosi precoce che si affida a nuovi strumenti e una terapia che si arricchisce di farmaci innovativi che hanno dimostrato di fermare l'evoluzione della malattia anche quando è in fase avanzata. In occasione del congresso dell'Intergruppo melanoma italiano (Imi) sono state presentate le novità, di cui Alessandro Testori, presidente uscente dell'Imi, parla a Dica33.
Dottor Testori, cominciando dalla diagnosi: quali sono le novità?
Circa due anni fa è stata introdotta la microscopia confocale che permette l'analisi microscopica di lesioni pigmentate senza doverle asportare. Il laser disegna il profilo delle cellule fino a uno spessore di 250 micron, cioè lo spessore dell'epidermide. È simile a un esame istologico ma non richiede l'asportazione, quindi permette di selezionare in modo più sofisticato chi sottoporre all'asportazione: intervenire, per esempio, su melanomi in fase iniziale, oppure no, se la lesione non ha carattere sospetti. È un'innovazione molto importante per sapere quali sono i pazienti più gravi da seguire
Quindi tutti i nei sospetti vanno analizzati in questo modo?
Questa metodica è adatta se ci sono poche lesioni oppure per esaminare quelle selezionate in precedenza con la dermatoscopia, un altro esame che individua tra tante, a volte ci sono fino a 300 nei atipici in uno stesso paziente, quella da inviare a intervento chirurgico. Con la confocale la selezione diventa ancora più stringente e sottopone a chirurgia solo quelli più a rischio. In genere, quando i nei sono numerosi le indagini si associano sempre a una mappatura dei nei, cioè a una registrazione in digitale di tutti quelli che il dermatologo vede. Non va dimenticato che la diagnosi precoce con il melanoma è semplice perché basta guardare il paziente.
Sul fronte del trattamento sono stati fatti passi avanti?
I maggiori successi si sono sempre ottenuti con la chirurgia, che resta il pilastro centrale della cura, ma ci sono nuovi farmaci che stanno modificando il decorso nella malattia con l'obiettivo è quello di renderla cronica, cioè di non farla avanzare. I due farmaci sono ipilimumab e vemurafenib. Il primo agisce sul sistema immunitario e legando un recettore dei linfociti T, bloccando la componente che frena la risposta immunitaria. In sostanza, rimuove una sorta di freno alla risposta immunitaria e il paziente con melanoma ne trae benefici con un aumento della sopravvivenza. Vemurafenib ha un altro meccanismo, in quanto inibisce il gene B-Raf che è alterato nel 60% dei pazienti e viene impiegato solo in questi casi.
Che risultati si ottengono con questi nuovi farmaci?
Entrambi sono stati studiati con pazienti con metastasi quindi con la malattia in stadio avanzato. Nelle sperimentazioni piuttosto recenti, quindi con dati raccolti nell'arco 2-3 anni, è stato osservato un aumento della sopravvivenza del 30%, questo significa che se in media i pazienti vivevano sei mesi con il trattamento allungavano la sopravvivenza senza progressione della malattia fino a 9-11 mesi. Si tratta di un dato globale, di una media, che va interpretato sui grandi numeri, e questo significa che alcuni pazienti potrebbero vivere molto più a lungo, anche per 20 anni senza avanzamento della malattia. Ora l'intenzione è sperimentare i due farmaci in associazione, con l'ipotesi che i loro meccanismi d'azione si sommino contro le cellule tumorali.
I farmaci sono disponibili in Italia?
No, non sono ancora stati approvati, anche se negli Stati Uniti e in Europa l'iter di approvazione ha già superato alcuni passaggi. Ma resta il problema dei costi elevati che bisognerà affrontare quando entreranno nel mercato. Solo per avere un'idea: quattro fiale di ipilimumab, somministrate una ogni tre settimane costano 84mila euro.
Simona Zazzetta
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