16 novembre 2011
Aggiornamenti e focus
Linee guida legge 40: no a diagnosi genetica preimpianto
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Fanno discutere le nuove linee guida della legge 40 sulla procreazione assistita, che aggiornano quelle del 2008 firmate dal ministro della Salute di allora Livia Turco, e che il ministero del governo uscente ha inviato al Consiglio superiore di sanità per l'iter di esame. Il documento afferma che l'uso delle tecniche è concesso a chi è infertile, ma anche a chi è fertile se portatore di malattie infettive come Hiv, Hbv e Hcv, ma non si citano le malattie genetiche nonostante alcune sentenze abbiano riconosciuto questo diritto ad alcune coppie fertili che rischiavano di avere figli con gravi malattie come la talassemia e la fibrosi cistica.
Secondo il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella si tratta di «sentenze amministrative che riguardano singole coppie» che non possono modificare la legge. Su questo punto, tuttavia ci sono pareri discordanti, come per esempio, da parte di Ettore Cittadini, ginecologo dell'Università di Palermo e membro del Css, che afferma: «Nella legge 40 sulla procreazione assistita non c'è un impedimento netto a preciso alla possibilità di effettuare la diagnosi preimpianto sugli embrioni. Nel mio centro, per esempio, la effettuiamo per le coppie con talassemia. In presenza cioè di particolari patologie a livello familiare» ha precisato «ritengo non sia possibile non fare la diagnosi preimpianto». Sull'assenza di un «divieto esplicito alla diagnosi preimpianto» è d'accordo anche Carlo Flamigni, ginecologo pioniere delle pratiche di fecondazione assistita, che ricorda alcune sentenze dei tribunali: «I tribunali hanno sempre interpretato la legge 40 affermando la possibilità di poter effettuare la diagnosi preimpianto». Inoltre, come precisa Cittadini, «anche se la Corte costituzionale nella sentenza del 2009 sulla legge 40 non si è pronunciata specificamente sulla possibilità di diagnosi preimpianto, ha tuttavia recepito varie sentenze che hanno dato ragione a coppie che hanno chiesto tale diagnosi perché portatrici di particolari patologie». Stando anche a quanto segnala Filomena Gallo, avvocato dell'Associzione Cosconi «la diagnosi preimpianto è consentita proprio dagli articoli 13 comma 2 e 14 comma 5 della legge stessa, che prevedono che la coppia possa chiedere di conoscere lo stato di salute dell'embrione e che il medico, se richiesto dalla stessa, deve effettuare indagini cliniche diagnostiche sull'embrione stesso». Anche il legale fa riferimento alle sentenze: «Esistono oltre 10 sentenze di tribunali che confermano questa giusta interpretazione della legge, affermando che il medico deve effettuare la diagnosi preimpianto e impiantare in utero solo gli embrioni sani, congelando quelli non sani». Con questo divieto, sostiene Flavia Perina, deputata di Futuro e Libertà, , si andrebbe a favorire il ricorso all'aborto, dal momento che una coppia fertile, portatrice di patologia ereditaria, può concepire e scoprire solo con l'amniocentesi se l'ha trasmessa al figlio e a quel punto trovarsi di fronte alla difficile scelta di interrompere la gravidanza. Fra le altre novità delle linee guida, anche la norma che riguarda gli embrioni abbandonati, per i quali non è più previsto il trasferimento nella biobanca di Milano, costata 700 mila euro e mai stata utilizzata. «Abbiamo verificato troppi problemi legati e tecnici» spiega il sottosegretario Roccella «Il trasferimento al centro di Milano, che comunque potrà essere utilizzato per altri fini, non può avvenire per la responsabilità giuridica sugli embrioni che resta in capo ai centri dove sono stati lasciati».
Per chiarire i contenuti in discussione, ecco i punti come riportati dal testo di legge, su cui si è aperto il dibattito.
- Articolo 13 comma 2: «La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative».
- Articolo 14 comma 5: «I soggetti di cui all'articolo 5 (la coppia, n.d.r.) sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell'utero».
- Articolo 4 comma 1: «Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico».
- Articolo 4 comma 3. È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologa».
- Articolo 5: «possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi».
Simona Zazzetta
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