23 novembre 2011
Interviste
Tumore ovaio, cure efficaci se la diagnosi è precoce
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La grande sfida per guarire dal tumore ovarico è arrivare alla diagnosi prima possibile. Ne sono convinti ginecologi e oncologi che troppo spesso, in 8 casi su 10, intervengono su fasi avanzate della malattia e, nonostante le terapie, non ottengono buoni risultati. Marco Venturini, direttore del Dipartimento di oncologia presso l'Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Vr) e presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica, intervistato da Dica33, spiega la strategia efficace per cogliere in tempo il cancro e sconfiggerlo.
Dottor Venturini, quali sono i vantaggi della diagnosi precoce?
Scoprire un tumore in fase iniziale, quando la malattia si trova al 1° o 2° stadio, significa avere la possibilità di ottenere la guarigione della paziente nel 70% dei casi. Questa percentuale scende al 30% se il tumore è in uno stadio più avanzato, con l'80% di probabilità che la malattia si ripresenti, mentre quando si diagnostica al 4° stadio si può solo parlare di possibilità di prolungamento della sopravvivenza.
Con quali terapie si interviene?
L'intervento chirurgico è la strategia più efficace ed è il trattamento che, con la successiva chemioterapia, che è complementare alla chirurgia, garantisce la guarigione, chiaramente quando la malattia è in fase iniziale. Si tratta di una chirurgia aggressiva e complessa che va affrontata in centri che hanno professionisti dedicati a questo tipo di intervento e da chirurghi che hanno esperienza perché ne eseguono un certo numero all'anno. Nelle pazienti con la malattia più avanzata si interviene anche con nuovi farmaci, in particolare con un anticorpo monoclonale ad azione antiangiogenetica, bevacizumab, che però non ha un impatto sulla guarigione, ma ritarda la comparsa di recidive.
Come accorgersi per tempo della malattia?
Purtroppo non ci sono metodi adatti per fare un screening che possa coinvolgere tutte la popolazione femminile e gli esami per avere una diagnosi sono il dosaggio del Ca 125 e l'ecografia pelvica. Secondo la Società italiana di ginecologia e ostetricia, le donne con sintomi persistenti o ad alto rischio devono al più presto rivolgersi al ginecologo per accedere a questi test.
Quali sono i sintomi che devono sollevare il sospetto?
Sono vaghi e simili ad altre patologie, come disturbi gastrointestinali e dolori addominali. Ma va tenuta d'occhio la persistenza, e se durano 10-15 giorni devono far sorgere il dubbio e spingere la paziente a parlarne con il medico.
Quali donne devono considerarsi a rischio?
Sicuramente quelle che hanno familiarità con la malattia, vale a dire che se la madre, una sorella o una figlia è stata colpita da un tumore ovarico, il rischio di svilupparlo è alto. C'è anche una piccola percentuale di donne portatrici di mutazioni Brca-1 e Brca-2 che va considerata ad alto rischio. Maggiore attenzione va inoltre data quando non si hanno figli, se la menopausa è tardiva e il menarca è stato precoce. Le donne ad alto rischio dovrebbero sottoporsi annualmente ai due test: dosaggio del Ca 125 ed ecografia pelvica. Un effetto protettivo, contrariamente a quanto accade per il tumore al seno, sembra, invece, arrivare dall'uso prolungato di pillole contraccettive estro-progestiniche.
Simona Zazzetta
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