18 gennaio 2012
Aggiornamenti e focus
Dolcificanti artificiali né cancerogeni né tossici
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I presunti collegamenti tra consumo, specie se protratto nel tempo, di edulcoranti (saccarina, aspartame, ciclamato) e insorgenza di tumori sono una delle accuse ricorrenti che da alcuni decenni, a più riprese vengono mosse contro questi additivi alimentari. A fugare ogni dubbio pensa Carlo La Vecchia, epidemiologo dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano secondo il quale «ci sono oggi adeguate evidenze epidemiologiche che consentono di escludere un'associazione tra saccarina, aspartame e altri dolcificanti non calorici e il rischio di neoplasie». In effetti più il tempo passa più si accumulano i risultati degli studi clinici ed epidemiologici che contraddicono qualsiasi ipotesi di cancerogenicità. E, infatti, la stessa Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), ogni volta che viene chiamata in causa, ricorda La Vecchia «interviene per ribadire la sicurezza dei dolcificanti non calorici autorizzati per uso alimentare nell'Unione europea».
Il vantaggio di queste molecole risiede nel loro grande potere dolcificante, in genere qualche centinaio di volte maggiore di quello dello zucchero, accompagnato da una quasi totale assenza di apporto calorico. In tempi in cui nel mondo occidentale sovrappeso e obesità sono problemi dilaganti, la sostituzione dello zucchero nelle bibite dolcificate, nelle caramelle, merendine e dolci vari, può aiutare a contenere l'eccessiva introduzione di calorie. Il problema vero è il consumo sregolato di questi cibi: grandi quantità portano con sé troppi zuccheri, e calorie in eccesso, o in alternativa edulcoranti in quantità, da cui la domanda legittima sui possibili effetti per la salute. La sicurezza d'uso, una volta garantita dagli studi di tossicità, viene ulteriormente legittimata dalla normativa Europea che stabilisce per ciascuna molecola la dose giornaliera accettabile (Adi), espressa in mg di sostanza per kg di peso corporeo.
Allora via libera alle bibite dolcificate? «Molti paesi cercano di promuoverne l'uso specie nei giovani» spiega Carlo La Vecchia «il problema italiano è che ancora queste bibite sono poco diffuse. Non si trovano nei distributori automatici e nemmeno in molti piccoli bar. La Gran Bretagna, per esempio, ha eliminato completamente le bibite zuccherate dalle scuole, mentre Francia e Brasile le hanno tassate» per ridurne il consumo e favorire la diffusione di quelle dolcificate.
Alla famiglia dei dolcificanti si aggiungono ora i glicosidi steviolici, estratti e purificati dalle foglie della pianta Stevia, una sorta di piccolo cespuglio della famiglia dei crisantemi che viene utilizzato come edulcorante in Sud America da due secoli. Sulla novità però l'epidemiologo è più cauto perché, trattandosi di un principio di recente introduzione, la sua sicurezza nel lungo termine «non è ancora supportata dagli studi epidemiologici che durano diversi anni» e, comunque, eccedere con l'utilizzo di nuove sostanze non è mai una buona abitudine. Autorizzato dall'Efsa, il nuovo edulcorante non è tossico ed è sicuro, a patto di rispettare le quantità giornaliere (4mg/kg di peso corporeo) indicate. La stessa agenzia regolatoria, nel 2011, ha suggerito di non abusare delle bibite dolcificate con glicosidi steviolici perché, secondo stime riviste, l'esposizione giornaliera potenziale potrebbe variare, per i bambini (1-14 anni) da 1,7 a 16,3 mg/kg e per gli adulti da 5,6 a 6,8 mg/kg.
Elisabetta Lucchesini
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