20 gennaio 2012
Aggiornamenti e focus
Prevenzione dell'infarto, aspirina con cautela
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Nella prevenzione del secondo infarto, quella chiamata cioè prevenzione secondaria, l'acido acetilsalicilico (Asa) ovvero la comune aspirina, è un farmaco estremamente efficace ed economico. Sulla sua efficacia in prevenzione primaria, invece, le controversie non mancano, perché la riduzione degli eventi cardio e cerebrovascolari è bilanciata da un aumento delle emorragie cerebrali e gastrointestinali. Ad aggiungere dubbi sulla sua efficacia, insinuando anzi che possa essere più dannosa che benefica, è uno studio britannico, appena pubblicato che ha fatto molto discutere. Secondo lo studio, che ha preso in esame 102.261 pazienti seguiti per 6 anni, l'impiego dell'Asa in prevenzione primaria al fine di evitare eventi cardiaci o ictus, non fa registrare una riduzione dei decessi cardiovascolari né della mortalità da cancro. Soprattutto è il rischio di sanguinamento interno ad apparire troppo elevato. Gli autori dello studio - appartenenti a varie strutture universitarie e ospedaliere del Regno Unito - ritengono pertanto che sia giustificato l'uso dell'Asa solo in prevenzione secondaria Ma come agisce l'Asa?
All'origine dell'infarto e di altre malattie cardiovascolari c'è l'ostruzione di un'arteria, scientificamente denominata trombo. Il processo che porta alla formazione del trombo è piuttosto complesso e intervengono diversi fattori: la presenza della placca aterosclerotica, così come l'ossidazione della placca e, tra gli ultimi anelli della catena l'aggregazione delle piastrine. Queste sono le componenti del sangue fondamentali nella coagulazione che, quasi fossero microscopici mattoni, intervengono a "chiudere le falle" quando si produce un'emorragia. Gli studi hanno da tempo dimostrato che l'acido acetilsalicilico riesce a ridurre l'aggregazione delle piastrine e, in breve, a ridurre la formazione di trombi. E questo è quello che si intende quando si dice che "l'aspirina rende più fluido il sangue". L'Asa ha quella che si definisce un'attività antitrombotica. Mentre, però, in chi ha già avuto un infarto l'assunzione quotidiana è una scelta conveniente, questa certezza non c'è per chi non presenta sintomi. Anzi questo studio avanza molti dubbi, come confermano gli esperti.
«Se si trattano 73 persone per circa 6 anni, si avrà un episodio di sanguinamento non banale. Se si trattano circa 160 soggetti per lo stesso periodo di tempo, si riuscirà a prevenire un attacco di cuore che probabilmente non sarebbe stato in ogni caso fatale» ha dichiarato alla Bbc il ricercatore leader Kausik K. Ray, della St George's University di Londra. E' d'accordo anche Salvatore Novo, presidente della Società italiana di cardiologia (Sic) che sottolinea: «L'utilizzo dell'aspirina nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari è ormai concordemente accettato e non vi sono dubbi che gli effetti benefici in termini di riduzione di eventi ischemici cerebrali fatali e non fatali, infarto miocardico acuto e angina pectoris superino di gran lunga i potenziali effetti collaterali dannosi. Non altrettante certezze esistono circa la prevenzione primaria degli eventi cardiovascolari». Il professor Novo perciò consiglia in conclusione «un intervento mirato a correggere i fattori di rischio principali e a raggiungere gli obiettivi terapeutici consigliati per il controllo del diabete, colesterolo e ipertensione che, come è noto, vengono raggiunti solo in una modesta parte della popolazione trattata. L'eliminazione del fumo, l'uso di statine e di Ace inibitori, dovrebbe essere prioritario, in prevenzione primaria, mentre l'aggiunta di acido acetilsalicilico andrebbe riservato a casi selezionati sulla base di una valutazione clinica individuale, in attesa dei risultati dei nuovi studi che, si spera, possano essere definitivamente chiarificatori». Sempre sotto consiglio medico ed evitando più che mai il "fai da te".
Marco Malagutti
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