Caldo e cibi, come prevenire alterazioni pericolose

20 luglio 2012
Interviste

Caldo e cibi, come prevenire alterazioni pericolose



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I batteri sono intorno a noi, ma per fortuna la regolamentazione europea e quella italiana garantiscono il consumatore: al momento dell'acquisto i prodotti alimentari, freschi e non, sono sicuri per la salute, salvo evidenti anomalie. Sempre meglio, infatti, «leggere con attenzione le etichette» come spiega Naceur Haouet, medico veterinario responsabile del Laboratorio merceologia e bromatologia dell'Istituto zooprofilattico sperimentale Umbria Marche. Le norme di legge non sono un alibi per non controllare date di scadenza o aspetto dei cibi, anche a casa, perché talvolta gli alimenti possono deteriorarsi in fretta.

«I cibi, soprattutto quelli freschi, si conservano meglio al freddo, mentre si alterano più velocemente al caldo» conferma Haouet «e molte specie batteriche, anche patogene, sono mesofile, ossia crescono bene a temperature comprese tra i 25° e i 40°C e in presenza di acqua». Tuttavia il deterioramento non è sempre indice di rischio infettivo: il pane secco sarà meno buono ma non presenta rischi per la salute. «La semplice presenza di microrganismi patogeni in un alimento» aggiunge Haouet «non è sufficiente a provocare una tossinfezione, occorre ingerire una certa quantità di germi». Quantità irrilevantial momento dell'acquisto ma che si possono facilmente produrre se l'alimento rimane troppo tempo esposto a temperature elevate. «Ecco perché» continua l'esperto «consiglio di adottare qualche precauzione in più nel trasporto della spesa per mantenere appunto al fresco gli alimenti che lo richiedono».

I vegetali freschi se manipolati con cura non presentano grandi rischi per la salute «sono sì vulnerabili a deterioramento e contaminazioni» spiega l'esperto «ma nella maggioranza dei casi l'adulterazione è visibile a occhio nudo perché marciscono o ammuffiscono». Unica precauzione quindi è quella di lavarli bene prima di consumarli «perché anche nei prodotti confezionati lavati e tagliati possono esserci dei residui batterici che è meglio eliminare».

Il pesce è un alimento che, anche in frigorifero, si conserva molto poco e «può essere portatore di numerosi virus, batteri e parassiti» spiega il veterinario «per questo andrebbe consumato sempre cotto». La cottura distrugge la maggior parte delle specie patogene, cosa non sempre valida per le basse temperature del congelatore. E chi preferisce il sushi? «Al ristorante si può stare tranquilli perché il pesce è controllato e, per norma europea, deve essere congelato a -20°C per almeno 24 ore prima di essere preparato e servito. Da evitare invece il sushi fai da te, anche perché le nostre mani sono spesso il primo veicolo di batteri e virus indesiderati».

La carne rispetto al pesce gode di un periodo di conservazione maggiore ma occorre fare dei distinguo, specifica Haouet «le carni di bovino e di suino sono più resistenti, mentre deperiscono più velocemente quelle di ovini, caprini e pollame». In ogni caso è buona norma conservarla in frigorifero per pochi giorni, al riparo dall'aria e consumarla cotta. D'estate si può fare un'eccezione per il carpaccio? «Sì a patto di prepararlo con i guanti, o le mani ben lavate, e strumenti puliti, condirlo con succo di limone che abbassa il pH, creando una condizione sfavorevole alla moltiplicazione dei germi, e conservarlo in frigorifero fino al momento di consumarlo».

I prodotti sott'olio conservati in scatola o in vasi di vetro sono al sicuro finchè non vengono in contatto con l'aria, spiega Haouet «ossigeno e temperatura ambiente favoriscono la crescita di batteri aerobi che possono provocare qualche guaio, purtroppo non visibile a occhio nudo. Le conserve di tonno, per esempio, sono ricche di istidina, un aminoacido, che però alcuni germi possono trasformare in istamina, un pericoloso mediatore chimico capace di indurre shock anafilattico».

I cereali e in genere i cibi secchi sono quelli più resistenti e, infatti, non si conservano in frigorifero ma ciò non significa che siano esenti da ospiti indesiderati. «Dato che in Italia non esiste una norma restrittiva è possibile che le farine, durante i processi di lavorazione, vengano contaminate da uova di insetti». L'ingestione non crea problemi di salute, perché distrugge eventuali resti, unico rischio è che con il tempo e l'esposizione a caldo e umidità le uova si schiudano, con la fuoriuscita di larve, poi pupe, infine farfalle».
Un serio pericolo, invece, può derivare dalle muffe «perchè alcune producono micotossine molto velenose, termostabili, quindi resistenti alla cottura, che possono diffondersi nell'alimento anche nella parte apparentemente libera da muffa». Per evitare rischi inutili meglio buttare per intero un alimento ammuffito e questo vale anche per le spezie essiccate, come il peperoncino.

Elisabetta Lucchesini



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