02 settembre 2013
Interviste
Sindrome da rientro. Come mantenere il benessere accumulato durante le ferie
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Siete appena tornati dalle vacanze e vi sentite più stanchi di quando siete partiti? Dormite male, siete irritabili e non vi va di mangiare? E un persistente mal di testa non vi da pace... Niente paura non avete contratto una pericolosa malattia durante le ferie. Avete solo una banale "ansia da rientro". Una sindrome molto frequente e diffusa che colpisce, secondo alcune ricerche recenti, circa il 40 per cento dei lavoratori nella fascia tra i 25 e i 50 anni.
«È noto che esiste questo disturbo che va sotto il nome di sindrome da rientro dalle vacanze» spiega il professor Stefano Clerici, psicologo presso l'ospedale San Raffaele di Milano e docente di Psicodiagnostica all'università Vita-Salute del San Raffaele. «I sintomi con i quali si manifesta sono gli stessi che ritroviamo sotto il grande cappello dello stress: agitazione, irritabilità, insonnia, cefalea, stanchezza, inappetenza... Normalmente sono sintomi che passano dopo alcune settimane, man mano che riprendiamo la vita lavorativa. Lo stress da rientro non si configura, infatti, come una vera e propria patologia, ma come un processo di riadattamento».
Un riadattamento alla normale vita lavorativa?
«Esatto. Il malessere che ci assale e che ci preoccupa è motivato dal fatto che al ritorno dalle vacanze ognuno di noi vorrebbe essere super carico, super energico, ma in realtà i primi giorni ci sentiamo poco energici e non ce la facciamo ad arrivare a sera, siamo demotivati, non dormiamo bene. E così rischiamo di buttare via in poco tempo il benessere accumulato in vacanza e cioè tutto quello che abbiamo sognato nel corso di un lungo inverno lavorativo».
Quali sono i motivi che innescano la sindrome?
«La sindrome ha una motivazione fisica. Le reazioni negative, infatti, si manifestano per la mutazione radicale dell'organizzazione fisiologica tra il tempo della vacanza e il tempo del lavoro. È perciò necessario un periodo per adeguare, o meglio riadeguare, il nostro orologio interno.
Per esempio pensiamo al sonno: durante le vacanze aveva tempi più naturali ora, invece, è legato all'organizzazione lavorativa.
Consideriamo inoltre il movimento fisico che durante le ferie ci dava un certo benessere e che ora, magari facendo un lavoro sedentario, sparisce dalle nostre abitudini.
E ancora, se abbiamo scelto una vacanza all'aria aperta, come di solito avviene per il 90 per cento delle persone, valutiamo anche l'esposizione al sole che determinava un aumento del buon umore e che aveva una funzione importante nell'alzare il livello del nostro benessere».
La psiche non c'entra niente?
«C'entra eccome. Sogniamo la vacanza tutto l'anno, finalmente riusciamo ad averla, ma inconsciamente noi siamo organizzati sui "tempi scolastici": consideriamo l'inizio delle vacanze come la fine dell'anno e quindi la pausa estiva è vissuta come un periodo di chiusura e la ripresa vale come una riapertura. In più purtroppo, spesso il rientro coincide con la riproposizione di problemi legati al lavoro, dall'insoddisfazione al rischio di perdere il posto di lavoro per la crisi o la chiusura dell'azienda nella quale si è impiegati».
Che fare?
«È semplicemente necessario sapere che un periodo di assestamento fisico e psicologico dopo il rientro delle vacanze è normale».
C'è qualche consiglio da dare per aiutare fisico e psiche a riadattarsi ai normali tempi lavorativi?
«Intanto bisogna stare tranquilli: non è una cosa allarmante.
Poi, bisogna riadattarsi al ritmo quotidiano aiutandosi un po': cercando di riposare un po' di più rispetto a quello che normalmente si faceva prima di andare in vacanza, avere un'alimentazione sana e cercare di mantenere un po' di spazio per le cose che ci facevano bene in vacanza come l'attività fisica e il tempo da dedicare alla famiglia.
Sarebbe inutile sopportare tutto questo senza apprendere qualcosa in più su noi stessi. Se infatti operiamo delle riflessioni su cosa ci faceva stare bene troveremo anche piccole cose che non sarà difficile mantenere al rientro dalle vacanze. In questo modo potremmo utilizzare il benessere transitorio acquisito nelle vacanze come un motivo di cambiamento permanente nella nostra esistenza. Così il rientro sarà un'effettiva occasione di cambiamento e di rinnovamento. Spesso, infatti, sono i piccoli cambiamenti quelli più proficui per il nostro benessere».
E se non passa?
«Il campanello d'allarme deve suonare solo se il malessere dura oltre le due, massimo tre settimane. Se non passa allora il problema diventa serio. E bisogna interrogarsi su che cosa c'è che non va: non possiamo più parlare di stress da rientro. C'è qualcosa che non va e allora bisogna rivolgersi al proprio medico o a uno specialista che considererà se fare specifici accertamenti ed eventualmente consiglierà l'utilizzo di farmaci adeguati».
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