23 giugno 2014
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Amici o parenti: chi giova di più alla salute dopo una grave perdita
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«Gli amici si vedono nel momento del bisogno» recita uno dei tanti detti che mettono in luce l'importanza di avere buoni amici. E a quanto pare gli amici riescono a farci superare i momenti difficili e pesanti meglio di quanto non facciano i parenti, anche quelli più stretti.
Sono giunti a queste conclusioni i ricercatori statunitensi guidati da Jamila Bookwala professore presso il Lafayette College di Easton che hanno appena pubblicato sulla rivista Health Psychology un articolo sull'argomento.
«Perdere il compagno o la compagna di una vita significa anche perdere un prezioso confidente e il vuoto che si crea può avere un effetto enorme in termini di salute - non solo quella mentale - nelle persone anziane» spiega la co-autrice del lavoro che assieme ai colleghi ha cercato di comprendere meglio cosa succede dopo la morte del coniuge o dopo un divorzio/separazione avvenuti in età già avanzata.
«Ci interessava in particolare capire quale ruolo avessero due tipi di relazione - quella con gli amici e quella con i familiari - nel mitigare l'impatto sulla salute di questo difficile momento di separazione dalla persona amata» precisa Bookwala.
Per raggiungere il loro obiettivo, i ricercatori a stelle e strisce hanno quindi coinvolto 707 persone che avevano preso parte nel 1992 e nel 2004 a due parti dello studio Wisconsin longitudinal study: tutte queste persone erano sposate nel 1992, mentre alla valutazione del 2004 avevano perso il compagno (a causa di decesso, divorzio o separazione) o erano ancora sposate con la stessa persona.
«La maggior parte delle persone valutate erano donne e l'età media era 64,3 anni» chiarisce la ricercatrice che poi prosegue: «Per valutare il loro stato di salute dopo la perdita del coniuge abbiamo valutato i sintomi depressivi somatici, le condizioni di salute così come riferite dagli stessi partecipanti e il numero di giorni trascorsi a letto malati nell'anno precedente».
Ebbene, i dati parlano chiaro: chi aveva amici con i quali confidarsi dopo la perdita della persona cara, in particolare dopo un lutto, mostrava meno sintomi depressivi, dichiarava di avere condizioni di salute migliore e aveva trascorso meno giorni di malattia nell'anno precedente rispetto a chi non disponeva di tale confidente. Nessun effetto positivo sulla salute se dopo la perdita ci si appoggiava a un parente.
Come giustificare questi dati? Forse dobbiamo considerare gli amici più importanti dei familiari? «Le relazioni di amicizia sono quelle che scegliamo in prima persona, mentre non scegliamo le relazioni familiari» spiega Bookwalasottolineando poi che le relazioni "obbligate" hanno un impatto meno positivo di quelle "scelte" nei momenti di forte stress. Come sostengono gli autori, inoltre, le relazioni con in familiari hanno un carattere di ambivalenza che non si ritrova nelle relazioni con gli amici e ciò si verifica anche quando il rapporto con il familiare è confidenziale e sereno.
«Proprio questa ambivalenza potrebbe ridurre le probabilità che confidarsi con un familiare aiuti a mantenere una buona condizione di salute nei momenti più difficili» dice l'autrice che poi conclude, «i dati ottenuti in questo studio dimostrano quanto sia importante crearsi delle buone amicizie e mantenerle anche quando si invecchia perché un buon amico aiuta anche a mantenersi in salute».
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