15 aprile 2015
Aggiornamenti e focus
Maqui, sport e infiammazione cellulare
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Avete presente quella lieve sensazione di spossatezza, appena accennata ma spiacevole, quel leggero stato di disagio che ci si porta addosso per i due giorni successivi a un training intenso? L'allenamento è corretto e le performance lo dimostrano. Perché, allora, i vostri clienti talvolta lamentano certi piccoli strascichi fastidiosi? C'è un aspetto che pochi considerano completamente e che spesso non viene collocato in una visione unitaria del proprio training: l'alimentazione. Eppure è proprio la benzina che viene immessa nel motore, la prima chiave di una buona prestazione e di un recupero ottimale (senza strascichi successivi) . Vedere come i singoli nutrienti siano in grado, a livello cellulare, di influire sullo stato di salute del proprio motore, è un discorso affascinante, un'esperienza molto più coinvolgente delle tabelle di allenamento, tempi e rilevazioni sul campo che vengono (giustamente!) annotati nella propria agenda. E oggi la scienza ci permette di "curiosare" facilmente nelle singole cellule del nostro organismo, con risultati spettacolari.
Infiammazione cellulare
Che l'attività fisica (se fatta in modo corretto) faccia bene, è cosa assodata. Tant'è che - oltre a essere raccomandata come prima azione preventiva - si è soliti affermare che il corpo umano sia l'unica macchina che si rovina stando ferma. Il lavoro muscolare, comunque, genera dei prodotti di rifiuto: non solo l'acido lattico e i radicali liberi, a cui viene naturale pensare; ma anche sostanze infiammatorie a livello cellulare. Piccola deviazione: l'infiammazione cellulare è un concetto importante, che va compreso bene. Non si riferisce alle sensazioni a cui comunemente si pensa quando si parla di "infiammazione", ma è l'alterazione dello stato biochimico della cellula. Una condizione silente, non dolorosa e normale (entro certi limiti), che serve per innescare le corrette risposte del sistema immunitario, di fronte a un'aggressione esterna (lesioni, microbi) . Ma se questa condizione viene alterata e amplificata da stili di vita e comportamenti alimentari disordinati e si protrae a lungo fuori controllo, nel tempo diventa potenzialmente deleteria. Fine della deviazione, torniamo alle "scorie" del nostro allenamento.
Le sostanze proinfiammatorie
"Negli ultimi anni ci si è resi sempre più conto che nella pratica atletica c'è la tendenza a produrre - mentre ci si allena - una serie di sostanze proinfiammatorie, come l'Interleuchina 6 o il Tumor Necrosis factor alpha", conferma il dottor Enrico Arcelli, medico sportivo specializzato in Scienza dell'alimentazione e dietologia, nonché professore associato nel Dipartimento di Scienze dello Sport, Nutrizione e Salute dell'Università di Milano e, soprattutto, corridore praticante. "Non tutti sono in grado di opporsi a queste sostanze. Qualcuno, più fortunato, ha la capacità di difendersi. Ma molti, no. E allora, cosa succede? Succede che, ad esempio, c'è chi si infortuna spesso; o chi diventa anemico; o chi non riesce a recuperare ed entra in sovrallemento. Alla base, c'è lo stato infiammatorio delle cellule". Facciamo un esempio concreto: l'infiammazione fa aumentare l'epcidina, un ormone (scoperto da una decina d'anni) che inibisce l'assorbimento del ferro. Da qui, il rischio di anemia.
La dieta antinfiammatoria
Al pari delle sostanze proinfiammatorie esistono anche sostanze antinfiammatorie. E basta avere un po' di sale in zucca (e poco in circolo) per ottenere un sostanziale e salutare equilibrio. "In questo, l'alimentazione ha un ruolo di primo piano", prosegue Arcelli. "Oggi si sa quanto sia importante, nello sport, la dieta antinfiammatoria. Il che significa stare attenti a quello che si introduce. Alcuni alimenti favoriscono l'infiammazione cellulare: i carboidrati ad alto indice glicemico, i grassi vegetali ricchi di omega 6, gli alimenti ricchi di acido arachidonico (tipo le carni rosse o il tuorlo dell'uovo), i grassi trans andrebbero molto limitati. Per contro, va incentivata l'assunzione di olio di pesce (preziosissima fonte di omega 3) e di polifenoli". Questi ultimi sono molecole molto diffuse nel regno vegetale, prodotte dal metabolismo delle piante per diverse funzioni, a seconda della loro struttura chimica. Rappresentano una delle più recenti frontiere nutrizionali: le loro proprietà sono state sempre più studiate dalla scienza in tempi molto recenti, al punto che oggi sono le molecole di origine naturale più indagate al mondo.
I polifenoli
L'esposizione dell'uomo ai polifenoli durante la sua storia evolutiva ha determinato il fatto che molti fenoli o polifenoli abbiano un'azione fisiologica nell'organismo. Siamo in un campo ancora molto aperto della ricerca scientifica, al punto che si reputa possibile che i polifenoli che esercitano un'attività fisiologica siano in realtà molti di più di quelli a oggi noti. Nella cellula, i polifenoli fanno miracoli: oltre a essere potentissimi antiossidanti (per contrastare i radicali liberi), sono in grado di intervenire (diminuendola) sull'espressione che i geni codificano per le proteine proinfiammatorie. Inoltre, la ricerca ipotizza che essi siano probabilmente in grado di attivare l'AMPK, un enzima importantissimo programmato per "vigilare" sulle riserve energetiche. L'energia che ha permesso, per esempio, una granfondo gagliarda domenica scorsa, la si ottiene da una serie continua di reazioni metaboliche tra adenosina trifosfato (ATP) e adenosina monofosfato (AMP), molecole che produci a partire dai nutrienti. All'interno della cellula, ATP e AMP sono presenti entrambi. Ma il loro rapporto non è sempre costante e, se il bilancio è alterato, la macchina soffre. Per fortuna, la cellula è dotata di una spia d'emergenza che segnala la riserva: l'AMPK, appunto. La cui attivazione promuove la formazione di nuovi mitocondri, facilita lo sviluppo di energia dai grassi (ossidazione), riduce la sintesi del colesterolo, migliora il flusso sanguigno. Funzioni importantissime, al punto che l'AMPK è definito anche "enzima della vita". E i polifenoli sanno dialogare con questo enzima in modo ottimale.
Omega3 e polifenoli
"Per chi fa sport (ma forse per tutti) la dieta migliore è quella che combina l'azione degli omega 3 e quella di polifenoli, in una felice opera sinergica» riprende Arcelli. "Da un lato abbiamo la produzione di eicosanoidi antinfiammatori con gli omega 3; dall'altro, l'induzione alla produzione di sostanze antiossidanti e antinfiammatorie da parte dei polifenoli. Due aspetti che agiscono in modo differente e disgiunto uno dall'altro, e che - insieme - danno il miglior risultato". I polifenoli si trovano in molti frutti. Tra questi, i frutti di bosco (le cosiddette "bacche") ne sono particolarmente ricchi. Su internet, il re dei polifenoli, per concentrazione contenuta, è il mirtillo. Ma la botanica e la biologia hanno trovato una bacca ancora più ricca di queste molecole: il maqui. Si tratta di un frutto prodotto da una pianta (il maqui, diffusa nelle regioni centrali del Cile) decisamente sconosciuta in Italia. Le ricerche hanno dimostrato che la polpa di maqui è un vero concentrato di polifenoli. E tra questi, di un particolare sottogruppo - quello delle delfinidine - che, in base a ricerche preliminari, sembra possedere una potenza maggiore. Negli estratti ottenuti dalla bacca, il sottogruppo delle delfinidine costituisce il 70 per cento sul totale degli polifenoli presenti. Una peculiarità unica, che non si riscontra con alcun altro frutto di bosco.
Alberto Zampetti
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