14 ottobre 2021
Interviste, Speciale Prediabete
Diabete di tipo 2, la prevenzione è fondamentale
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Diabete di tipo 2: intervista a Giorgio Sesti
Il diabete di tipo 2 è tanto diffuso da venire considerato come una epidemia "sommersa". Intervista a Giorgio Sesti, diabetologo, docente di medicina interna presso l'università La Sapienza di Roma.
Perché il diabete di tipo 2 è in aumento in tutto il mondo?
Si tratta in primo luogo di una malattia legata all'età, e con l'invecchiamento della popolazione aumenta anche la proporzione di soggetti diabetici. Inoltre il diabete è una patologia fortemente legata allo stile di vita, alla scarsa attività motoria e all'alimentazione scorretta. Il cambiamento verso una alimentazione di tipo occidentale, ricca di zuccheri semplici e grassi animali, insieme alla sedentarietà, hanno comportato l'aumento del rischio di obesità e sovrappeso, che ha determinato l'aumento della prevalenza di diabete.
Quali sono le aree maggiormente interessate dal fenomeno?
Questo si vede molto bene nei paesi emergenti, per esempio in India e in Cina, dove l'alimentazione è cambiata, e anche nei paesi del mondo arabo si è visto un incremento esponenziale dello sviluppo del diabete. Globalmente oltre al bacino del Mediterraneo, la prevalenza della malattia è elevata anche in alcune aree degli Stati Uniti e del Messico. Pensando all'Italia, le aree con il più alto sviluppo di diabete sono il meridione, nelle regioni di Calabria e Basilicata.
Che importanza ha l'urbanizzazione?
L'aumentata urbanizzazione ha comportato il passaggio da una vita rurale, caratterizzata da distanze da coprire prevalentemente a piedi, alla vita nelle grande città dove ci si muove con mezzi di locomozione, con un evidente impatto sull'attività fisica. Inoltre è nei grandi agglomerati urbani che si verificano cambiamenti del tipo di alimentazione, con prevalenza di cibi precotti rispetto a quelli cucinati, magari poco costosi ma ricchi di calorie e grassi. Infine l'urbanizzazione comporta anche l'esposizione a condizioni ambientali specifiche, come per esempio l'inquinamento. Sul suo legame con il diabete sono state formulate varie ipotesi; secondo una di queste l'inquinamento sarebbe associato a danni cellulari che possono provocare una ridotta funzione del pancreas. Un'altra ipotesi teorizza l'esistenza di contaminanti ambientali che possono rilasciare sostanze che interferiscono con l'insulina. Finora non è stata individuata una causa precisa, ma vi sono degli studi in corso.
Quali sono le categorie a maggior rischio di sviluppare diabete?
Gli individui con familiarità per la malattia, gli obesi, gli ipertesi, chi presenta bassi livelli di colesterolo HDL ed elevati livelli di trigliceridi, e le donne che hanno sofferto di diabete gestazionale.
Ma è una malattia silenziosa che dà segni di sé solo in fase avanzata. Secondo studi di popolazione, condotti in alcuni piccoli comuni italiani come Brunico e Casale Monferrato, in Italia circa un milione di persone non sa di avere il diabete. Le società scientifiche raccomandano di eseguire un test per la glicemia a digiuno, periodicamente, a partire dai 45 anni di età. Un esame molto economico e semplice al quale almeno per le persone a rischio dovrebbero sottoporsi.
Esiste un legame tra giovane età alla diagnosi e aumentato rischio di successive complicanze?
Esiste una stretta correlazione tra durata di malattia, valori della glicemia e complicanze vascolari a livello di occhio e rene, e neuropatiche. Per quanto riguarda le complicanze cardio-vascolari è diverso, in quanto la glicemia non è la principale responsabile dell'aterosclerosi; contano altri fattori associati alla malattia, come ipertensione e ipercolesterolemia.
Che cos'è il pre-diabete e come si può intervenire in questi casi?
Il prediabete è definito da livelli di glicemia compresi tra 100 e 125 mg/dl. Chi si trova in questa condizione presenta un rischio di sviluppare la malattia 45 volte superiore rispetto a chi ha valori glicemici nella norma. Proprio in questi soggetti, tuttavia, gli interventi sullo stile di vita sono più efficaci: è dimostrato che svolgere 150 minuti di attività motoria alla settimana, ridurre il peso e seguire una dieta povera di zuccheri semplici e grassi riduce il rischio di sviluppare il diabete. È sufficiente diminuire l'introito calorico quotidiano di 500 calorie e aumentare l'apporto di fibre, che contrasta l'aumento della glicemia anche in presenza di zuccheri.
Stefania Cifani
Fonte: PuntoEffe
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