03 agosto 2022
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Demenza, meno rischio se la vitamina D è nella norma
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Bassi livelli di vitamina D sarebbero associati a volumi cerebrali inferiori e ad un aumento del rischio di demenza e ictus. Di contro, in alcune popolazioni, riportare i livelli sierici di vitamina D a valori normali potrebbe ridurre fino al 17% i casi di demenza. A osservarlo è stato un team australiano guidato da Elina Hyppönen, dell'Australian Centre for Precision Health dell'University of South Australia, che ha raccolto informazioni provenienti dal database UK Biobank. I risultati della ricerca, che ha avuto il supporto anche del National Health and Medical Research Council australiano, sono stati pubblicati su The American Journal of Clinical Nutrition.
Per esaminare l'impatto di bassi livelli di vitamina D (25 nmol/L) e il rischio di demenza e ictus, il team ha analizzato dati su 294.514 persone incluse nello UK Biobank. Oltre ai risultati evidenziati, i ricercatori, attraverso un'analisi genetica, hanno anche osservato un collegamento diretto tra deficit di vitamina D e demenza. Tuttavia, il deficit di vitamina D non sarebbe associato a volumi inferiori dell'ippocampo, che è un fattore prognostico del rischio di demenza.
Secondo gli autori, sono tre i possibili meccanismi protettivi della 25-idrossi vitamina D sul cervello. Prima di tutto, la presenza di recettori della vitamina D nell'ipotalamo suggerisce che potrebbe esserci una funzione neuroprotettiva per la vitamina D attiva, che promuoverebbe la crescita e la maturazione dei neuroni. Potrebbe esserci, poi, un meccanismo vascolare, dal momento che la vitamina D attiva è stata associata a riduzione delle trombosi e regolazione del sistema renina-angiotensina. Infine, riportare le concentrazioni di vitamina D avrebbe effetto positivo attraverso la soppressione del danno neurovascolare dovuto all'infiammazione causata da citochine proinfiammatorie.
La demenza come uno dei principali problemi di salute pubblica
La demenza è una sindrome cronica o progressiva che porta a un deterioramento della funzionalità cognitiva. In Italia, attualmente, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione, e circa tre milioni sono le persone direttamente e indirettamente coinvolte nella loro assistenza. A livello globale, comunque, la demenza è in crescita nella popolazione generale, tanto che l'OMS l'ha definita una priorità mondiale di salute pubblica. Ad oggi, si stima che nel mondo oltre 55 milioni di persone convivano con una demenza, una cifra che si prevede arriverà a 75 milioni entro il 2030 e 132 milioni entro il 2050, con circa 10 milioni di nuovi casi l'anno, circa uno ogni tre secondi. Il maggiore fattore di rischio è l'età, mentre il sesso femminile sarebbe un fattore di rischio per la forma più diffusa di demenza, la malattia di Alzheimer, che rappresenta circa il 60% di tutte le demenze. A livello di costi, infine, l'impatto economico delle demenze potrebbe arrivare a superare il trilione di dollari all'anno.
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L'impatto della vitamina D a livello cerebrale
Per esaminare l'impatto di bassi livelli di vitamina D (25 nmol/L) e il rischio di demenza e ictus, il team ha analizzato dati su 294.514 persone incluse nello UK Biobank. Oltre ai risultati evidenziati, i ricercatori, attraverso un'analisi genetica, hanno anche osservato un collegamento diretto tra deficit di vitamina D e demenza. Tuttavia, il deficit di vitamina D non sarebbe associato a volumi inferiori dell'ippocampo, che è un fattore prognostico del rischio di demenza.
Basse concentrazioni di 25-idrossivitamina D, un indicatore dello status di vitamina D, sono comuni e la prevalenza di deficit di vitamina D grave, con livelli inferiori a 25 nmol/L, varia tra il 5 e il 50% a livello globale. Secondo gli autori, però, la vitamina D viene sempre più riconosciuta come una sostanza implicata nella salute del cervello. E con un crescente interesse nell'identificare fattori di rischio modificabili per demenza e ictus, la vitamina D è diventato un possibile candidato, soprattutto dal momento che integratori, dieta ed esposizione al sole possono ripristinare adeguate concentrazioni nel sangue di questa molecola.
Le ipotesi sui possibili benefici della vitamina D sul cervello
Secondo gli autori, sono tre i possibili meccanismi protettivi della 25-idrossi vitamina D sul cervello. Prima di tutto, la presenza di recettori della vitamina D nell'ipotalamo suggerisce che potrebbe esserci una funzione neuroprotettiva per la vitamina D attiva, che promuoverebbe la crescita e la maturazione dei neuroni. Potrebbe esserci, poi, un meccanismo vascolare, dal momento che la vitamina D attiva è stata associata a riduzione delle trombosi e regolazione del sistema renina-angiotensina. Infine, riportare le concentrazioni di vitamina D avrebbe effetto positivo attraverso la soppressione del danno neurovascolare dovuto all'infiammazione causata da citochine proinfiammatorie.
La demenza come uno dei principali problemi di salute pubblica
La demenza è una sindrome cronica o progressiva che porta a un deterioramento della funzionalità cognitiva. In Italia, attualmente, il numero totale dei pazienti con demenza è stimato in oltre un milione, e circa tre milioni sono le persone direttamente e indirettamente coinvolte nella loro assistenza. A livello globale, comunque, la demenza è in crescita nella popolazione generale, tanto che l'OMS l'ha definita una priorità mondiale di salute pubblica. Ad oggi, si stima che nel mondo oltre 55 milioni di persone convivano con una demenza, una cifra che si prevede arriverà a 75 milioni entro il 2030 e 132 milioni entro il 2050, con circa 10 milioni di nuovi casi l'anno, circa uno ogni tre secondi. Il maggiore fattore di rischio è l'età, mentre il sesso femminile sarebbe un fattore di rischio per la forma più diffusa di demenza, la malattia di Alzheimer, che rappresenta circa il 60% di tutte le demenze. A livello di costi, infine, l'impatto economico delle demenze potrebbe arrivare a superare il trilione di dollari all'anno.
Sabina Mastrangelo
Fonte: Farmacista33
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