Mieloma multiplo, le terapie disponibili e l’esperienza di Treviso
Il mieloma multiplo è una malattia tumorale del sangue per la quale ad oggi non è ancora disponibile una cura definitiva. Sono però disponibili diversi tipi di terapia, sviluppate negli ultimi anni, con le quali è possibile cronicizzarla.
Da gennaio 2022 è poi disponibile una nuova possibilità terapeutica, il belantamb mafodotin con indicazione per i pazienti con mieloma multiplo politrattati e resistenti agli altri farmaci in uso.
Disponibili diverse classi di farmaci
I farmaci utilizzati nel trattamento del mieloma multiplo possono essere divisi in diverse classi che agiscono in modi diversi. Ognuna di queste classi è formata da farmaci con molecole target diverse:
La chemioterapia distrugge le cellule in rapida crescita, come le cellule tumorali, ma danneggia anche le cellule normali sane dell'organismo che si replicano velocemente; le molecole più usate sono: melfalan, ciclofosfamide e bendamustina.
Inibitori dell'HDAC: le cellule di mieloma disattivano la naturale capacità delle cellule di bloccare la crescita tumorale e gli inibitori dell'HDAC possono riattivare questa capacità e impedire la crescita delle cellule di mieloma.
Gli immunomodulatori supportano il sistema immunitario nella lotta contro le cellule tumorali
I corticosteroidi riducono il gonfiore e l'infiammazione; sono utilizzati da soli o in associazione con altri farmaci.
Inibitori del proteasoma, che impediscono alle cellule di mieloma di smaltire le proteine danneggiate e quelle non più necessarie, cosicché queste si accumulano nelle cellule di mieloma e ne determinano la morte.
Efficacia del nuovo trattamento: l’esperienza di Treviso
Alla fase sperimentale per la registrazione del belantamb mafodotin, un nuovo trattamento per il mieloma multiplo recidivato/refrattario (RRMM), sono seguiti numerosi studi osservazionali cosiddetti 'real life' in diversi centri d'eccellenza italiani, al fine di confrontare gli esiti della sperimentazione clinica l'esperienza sui pazienti. Anna Furlan, dirigente medico UOC Ematologia dell'Ospedale Ca' Foncello di Treviso, ha spiegato così l'esperienza maturata nel centro dove opera: «Abbiamo iniziato a utilizzare belantamab mafodotin da tre anni, inizialmente secondo un programma di 'expanded access' (ovvero con l'azienda produttrice che ha reso disponibile gratuitamente il farmaco per i centri che ne facevano richiesta prima della commercializzazione), e successivamente dopo l'introduzione in commercio del farmaco stesso. Ad oggi abbiamo trattato nel nostro centro un totale di 8 pazienti. Questo farmaco attualmente è approvato per pazienti in linea avanzata di terapia, ciò significa che si tratta di pazienti che devono aver fatto almeno quattro linee di terapia precedenti, le quali includono le principali classi di farmaci che utilizziamo nel mieloma multiplo. Sono pazienti che, prima dell'introduzione di belamaf, erano avviati alla palliazione o comunque a terapie meno efficaci e con risultati molto poco soddisfacenti in termini di controllo di malattia e anche di sopravvivenza».
Qualità della vita preservata per i pazienti in trattamento
Belantamab mafodotin è un farmaco che agisce in maniera mirata; è un cosiddetto immunoconiugato, cioè un anticorpo che va a legare in maniera mirata un bersaglio specifico che è presente sulla cellula di mieloma (il BCMA); una volta internalizzato, questo anticorpo è in grado di rilasciare nella cellula un chemioterapico. «Degli 8 pazienti trattati, quattro sono attualmente in terapia mentre due pazienti trattati in passato hanno dovuto sospendere - nonostante una buona risposta- per tossicità». Una paziente che aveva ricevuto 7 precedenti linee di terapia, grazie alla terapia con belantamb mafodotin, in corso da oltre un anno e mezzo, ha conseguito una risposta completa che si mantiene tuttora proprio grazie a una gestione attenta e oculata del trattamento, che ha previsto un allungamento degli intervalli tra le dosi del farmaco e la successiva riduzione delle dosi stesse. L'ottenimento di una remissione così prolungata in una paziente in ottava linea di terapia è un risultato assolutamente soddisfacente». La qualità di vita dei pazienti, specifica l'ematologa, è generalmente preservata, anche perché il farmaco prevede una somministrazione ogni tre settimane e quindi non richiede accessi frequenti in ambulatorio: «questo è comunque importante» rileva Furlan «anche per un paziente che voglia mantenere un'attività lavorativa o riuscire a coltivare degli interessi».
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