Cerchione, ematologo: mieloma multiplo, rischio vuoti terapeutici nelle linee più avanzate
Il mieloma multiplo è un ambito terapeutico che ha avuto un grandissimo risveglio, con un'evoluzione molto rapida nell'ultimo decennio: si sono infatti rese disponibili nuove terapie che hanno modificato in maniera considerevole l'approccio del clinico. Il punto della situazione sui trattamenti per il mieloma multiplo è offerto a Sanità33 da Claudio Cerchione, esperto in Ematologia, dirigente medico ricercatore presso la divisione di Ematologia dell'Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori di Meldola (FC).
«Nel mieloma multiplo c'è stata quella che definirei una vera e propria rivoluzione copernicana» afferma Cerchione. «Siamo passati da scarse aspettative di vita e una ridotta quantità di opportunità terapeutiche a un'abbondanza di farmaci e combinazioni. In particolare, la rivoluzione è avvenuta a cavallo del 2015-2016 con l'avvento dei nuovi farmaci, partendo dagli anticorpi monoclonale anti-Cd38 che oggi sono il 'backbone' della terapia di prima linea: in particolare il daratumumab in combinazione con il desametasone nel paziente eleggibile al trapianto e il daratumumab stesso in combinazione con lenalidomide/desametasone o con Bmp (bortezomib/melphalan/prednisone) nel paziente non eleggibile al trapianto».
È cambiato il concetto di eleggibilità al trapianto? «Sì, non consideriamo soltanto l'età ma anche le caratteristiche del paziente a 360°, le sue comorbilità, la capacità in termini di performance status di affrontare una procedura trapiantologica» risponde l'ematologo. «Naturalmente questa rivoluzione, ovvero questo anticipo di cure così importanti fin dalla prima linea, porta a un nuovo sequencing quindi a nuove opportunità nelle linee successive: in particolare l'anticorpo anti-Cd38 isatuximab - che è uno dei maggiori backbone della seconda linea - in combinazione a carfilzomib ha portato a dati brillanti in termini di efficacia, rapidità di risposta e tollerabilità. Vi sono inoltre nuove armi e nuove opportunità, quali terapie orali come l'ixazomib e il selinexor, che recentemente è arrivato anche nel nostro paese in combinazione con bortezomib e desametasone. Un altro anticorpo monoclonale è l'elotuzumab e non va dimenticato lo stesso daratumumab per pazienti naive al trattamento con anticorpi monoclonali che, in seconda linea, ha mostrato dati brillanti sia nelle vecchie combinazioni Castor e Pollux con bortezomib e lenalidomide ma anche nella combinazione con lenalidomide con backbone anche per altri farmaci come elotuzumab».
Sono in arrivo ulteriori opportunità terapeutiche per la gestione del mieloma multiplo? «Ci sono le nuove terapie cellulari - gli anticorpi bispecifici e le CarT - che hanno mostrato negli studi registrativi dei dati meravigliosi ma naturalmente non sono alla portata di tutti, sia in termini di compliance ma soprattutto di tollerabilità (per quanto riguarda le CarT anche per la selezione dei centri e, in questo momento, per un'attesa della rimborsabilità anche nel nostro Paese)» afferma Cerchione.
Dall'evoluzione in corso che ha descritto, emerge come terapie che prima erano nelle linee di cura più avanzate adesso sono in prima linea. Che tipo di effetto questa situazione può generare a livello delle linee di terapia più avanzate? «Dobbiamo considerare che siamo totalmente passati dalla chemioterapia - ovvero la terapia principale che in passato si metteva in atto contro il mieloma multiplo e che oggi è rimasta ai margini, soltanto nella parte peri-trapiantologica - soprattutto all'immunoterapia che oggi è backbone di tutti gli stadi della malattia e di tutte le linee» osserva Cerchione. «Naturalmente, anche avendo avviato percorsi con quadruplette e triplette in prima linea e in seconda linea, il paziente diviene refrattario a una serie di agenti e quindi abbiamo molte armi a disposizione e nel sequencing prevediamo sempre di utilizzare la migliore arma il prima possibile ma resta un vuoto terapeutico a partire dalla quarta linea. Questo perché in attesa che gli anticorpi bispecifici siano rimborsati anche nel nostro Paese - e, come accennato, non sono terapie purtroppo per tutti i pazienti - sappiamo che non è più possibile utilizzare al momento in Italia belantamab mafodotin come monoterapia. Quindi abbiamo sicuramente un vuoto terapeutico che, in realtà, non è tale soltanto da un punto di vista regolatorio ma anche da un punto di vista di armi terapeutiche disponibili; sappiamo infatti che il paziente refrattario necessita di uno switch a un nuovo meccanismo d'azione. Continuiamo a considerare il mieloma multiplo come un'unica entità, ma in realtà sappiamo che è una patologia estremamente eterogenea e che ci sono probabilmente tanti mielomi multipli e all'interno di questi c'è qualche paziente che è refrattario all'immunoterapia o lo diventa. In questi pazienti sicuramente l'opportunità di utilizzare armi terapeutiche completamente diverse, come un ritorno alle chemioterapie di nuova generazione quale può essere melflufen - chemioterapia con meccanismo d'azione rivoluzionario - può essere utile a colmare il vuoto terapeutico, anche a fronte di un'efficacia dimostrata nello studio registrativo ma anche di un'eccellente tollerabilità, compliance e aderenza. Sappiamo che un paziente più recidivato purtroppo ha bisogno di una certa assistenza e talvolta manca di caregiver o la logistica potrebbe essere sfavorevole per dei regimi molto intensivi in termini di accessi in ospedale e sicuramente melflufen non va soltanto ad avviare un nuovo meccanismo d'azione che potrebbe essere quello che serve in quel momento al paziente ma va anche a favorire il paziente che magari non ha grosse possibilità di andare spesso in ospedale per terapie molto lunghe».
A proposito di melflufen, può riassumere l'attuale situazione regolatoria? «Come qualche altro farmaco, anche melflufen è approvato sia dall'Fda che dall'Ema ma non è ancora rimborsato in Italia. Naturalmente questo è determinato dal nostro eccellente Sistema sanitario nazionale (Ssn) che offre le terapie a tutti indipendentemente dalle possibilità economiche o dal luogo in cui si vive; ma proprio perché le cure vengono offerte gratuitamente a ogni paziente, l'azienda che promuove il farmaco e ha condotto gli studi clinici necessita di un periodo di contrattazione con il nostro Ssn; quindi, c'è un tempo di latenza tra l'approvazione Ema e la rimborsabilità in Italia. Sotto questo profilo, occorre sottolineare quanto sia importante andare a colmare i vuoti terapeutici; melflufen si pone in un punto dove attualmente c'è un vuoto perché purtroppo - al di fuori dei trial clinici - non abbiamo altre terapie disponibili nella pratica clinica quotidiana. E anche per quanto riguarda i trial clinici non tutti i pazienti risultano eleggibili per un protocollo di ricerca e probabilmente un paziente che ha già fallito l'immunoterapia ha poche possibilità a disposizione in quello stesso setting. Un altro dato a favore di una rimborsabilità mirata di farmaci come il melflufen sta nell'approfondire la biologia del mieloma e trovare dei biomarcatori che possano dimostrare qual è quel mieloma multiplo che - in qualche modo - da 'immunotherapy refractory' diventa 'chemosensitive' quindi sensibile alla chemioterapia. Questo perché a volte, nel lungo percorso del mieloma multiplo - oggi sempre più lungo - il mieloma stesso si trasforma, muta e a volte può diventare sensibile a un'arma totalmente diversa rispetto a quelle che abbiamo utilizzato in precedenza».
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