02 novembre 2015
Aggiornamenti e focus
Chi ha paura della carne rossa?
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Gli esperti dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) di Lione, che fa parte dell'Organizzazione mondiale della sanità, hanno recentemente inserito le carni lavorate nell'elenco delle sostanze di classe di rischio 1, ovvero "cancerogene per l'uomo", e le carni rosse tra quelle di classe 2A, definite "potenzialmente cancerogene". Come si legge nel comunicato stampa ufficiale, si parla soprattutto di rischio di tumore del colon-retto, ma ci sono prove a sostegno di un aumento del rischio anche per i tumori del pancreas e della prostata. È dunque necessario abolire bistecche e insaccati dalla tavola se vogliamo evitare questi tumori? Per rispondere alla domanda bisogna prima fare un po' di chiarezza.
Innanzitutto vale la pena spendere qualche parola per spiegare come i ricercatori dell'Oms sono arrivati alle loro conclusioni e che significato hanno le classi di rischio Iarc. Tutto parte dagli studi finora pubblicati nella letteratura scientifica - più di 800 quelli analizzati dal gruppo di 22 esperti Iarc provenienti da 10 paesi - alla ricerca di indicazioni che permettessero di affermare che esiste un legame tra carne rossa e conservata e tumore.
«Abbiamo classificato le carni lavorate come "cancerogene" per l'uomo (classe 1) poiché ci sono prove sufficienti che dimostrano questo legame» spiegano gli esperti che poi aggiungono: «le carni rosse risultano invece "potenzialmente cancerogene" (classe 2A) perché ci sono dati molecolari sufficientemente forti che sostengono l'idea di un effetto cancerogeno delle sostanze contenute in questi alimenti, ma le prove che il consumo di carne rossa porti al cancro sono ancora limitate». E in effetti la classe di rischio Iarc non indica quanto una sostanza è cancerogena, ma quanto lo Iarc è sicuro - sulla base dei dati finora disponibili - che quella sostanza sia davvero cancerogena.
Questo spiega anche come sia sbagliato mettere sullo stesso piano le carni lavorate e il fumo: entrambi sono in classe 1, ma questo significa solo che gli esperti Iarc hanno lo stesso livello di certezza (basata sui dati disponibili ad oggi) che le due sostanze causino il cancro e non vuol dire che sono pericolose allo stesso modo per la salute.
Ogni porzione da 50 grammi di carne lavorata consumata quotidianamente aumenta il rischio relativo di tumore del colon-retto del 18 per cento. Di fronte a dati del genere viene quasi voglia di abbracciare la dieta vegetariana, eliminando completamente dalla tavola carni rosse (tutte quelle che derivano da muscolo di mammifero, inclusi il maiale, l'agnello o la capra) e lavorate (insaccati, hot-dog, wurstel, eccetera), ma in realtà nei dati pubblicati dall'Oms non c'è nulla che spinga a diventare vegetariani.
«Da anni gli esperti sostengono la necessità di ridurre il consumo di carne rossa e di eliminare quella lavorata per mantenersi in buona salute e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e tumori» afferma Susan Higginbotham dell'American institute for cancer research, concorde nel sostenere che un consumo moderato di carne rossa non aumenta in modo significativo il rischio di tumore del colon-retto.
«Il rischio di sviluppare un tumore colorettale a causa della carne lavorata resta basso e aumenta all'aumentare del consumo di questi prodotti» conferma Kurt Straif dello Iarc, precisando che il rischio del 18 per cento si riferisce al rischio relativo e non a quello assoluto di un singolo individuo. In altre parole, questa percentuale varia nelle singole persone in base a molti altri fattori che non hanno nulla a che vedere con la carne che si consuma: predisposizione genetica, fumo, attività fisica e molto altro ancora. «Non dimentichiamo poi che la carne ha un valore nutrizionale importante e rappresenta un'ottima fonte di proteine, ferro e vitamina B12» concludono gli esperti, che raccomandano comunque di non superare i 500 mg di carne (inclusa quella lavorata) a settimana.
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