23 novembre 2015
Interviste, Speciale Tosse nel bambino
Combattere i mutamenti climatici, per non restare senza fiato
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Alla vigilia dell'importantissima conferenza sul clima che ai primi di dicembre riunirà nella Parigi ferita dal terrorismo esperti e politici di tutto il mondo, i medici italiani riuniti a congresso a Napoli hanno discusso sugli effetti per la salute individuale proprio dei cambiamenti climatici e dell'inquinamento atmosferico, e sulle possibili contromisure da adottare con la massima urgenza. Dica33 ne ha parlato con Gennaro D'Amato, pneumologo dell'Università di Napoli e capo del gruppo Asma-Bpco-Allergologia della Associazione italiana degli pneumologi ospedalieri (Aipo).
Professor D'Amato, partiamo dall'inizio: che cosa risponde a chi ancora nega i cambiamenti climatici?
«I cambiamenti climatici sono visibili a tutti. Le temperature aumentano, l'umiditaÌ aumenta, le precipitazioni e gli eventi atmosferici estremi sono sempre più frequenti. Su questo non c'è più alcun dubbio, come non c'è dubbio che è il comportamento dell'uomo a determinare questa situazione. Non si tratta solo di ipotesi ma di evidenza scientifica ormai accertata e pubblicata in numerosi lavori su riviste internazionali estremamente serie».
E quali effetti hanno sulla salute, i cambiamenti climatici in atto?
«Il cambiamento climatico ha effetti sia sulla morbilità, cioè il numero di malattie, sia in termini di mortalità. L'aumento di temperatura, umiditaÌ e precipitazioni ha effetti diretti, perché quando fa troppo caldo o fa troppo freddo si muore di più, cui si aggiungono gli effetti indiretti legati all'aumento di allergeni - perché molte piante si diffondono in aree in cui un tempo non attecchivano - e inquinanti.
Le ripercussioni sono numerose: si osservano effetti preoccupanti sulle malattie infettive e cardiovascolari, sulle nascite premature, sui problemi della pelle, ma anche sulla malnutrizione, le malattie psichiatriche, allergiche e respiratorie. I cambiamenti climatici determinano un aumento dei livelli di ozono e del particolato fine provocando un aumento della mortalità. L'inquinamento dell'aria ha effetti acuti negli asmatici e provoca bronchite cronica, broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e tumore al polmone».
Che cosa si può fare?
«Il cambiamento climatico eÌ un processo in atto, difficile da contrastare, che richiede un intervento collettivo, per ridurre le emissioni di Co2. Questi interventi vanno sotto il nome di "mitigazione". D'altra parte mentre si prova a combattere il fenomeno con strategie dette di adattamento: un esempio consiste nel modificare le proprie abitudini evitando di fare attività fisica all'aperto nelle giornate molto calde, o quando vengono superate le soglie di inquinamento dell'aria. L'inquinamento atmosferico infatti ha un effetto infiammatorio sulle vie aeree, e favorisce la penetrazione nei bronchi e nei polmoni di aero allergeni che stimolano l'insorgenza di affanno e di tosse. Per fortuna attualmente abbiamo numerosi farmaci inalatori utili a curare queste patologie, che i pazienti devono apprendere a utilizzare con maggiore o minore frequenza e dosaggi in base alla sintomatologia e ai fattori scatenanti di tipo ambientale. È solo con una corretta educazione che si può ottenere un controllo dell'asma riducendo il rischio di aggravamento e la mortalità, purtroppo ancora troppo elevata nel nostro paese e soprattutto se si pensa che colpisce anche giovani che tendono a sottovalutare la sintomatologia ostruttiva respiratoria. Chi soffre poi di allergia da polline - rinitica o asmatica - deve guardarsi dalla cosiddetta "thunderstorm asthma", l'asma da temporale».
Che cos'è l'asma da temporale?
«È un fenomeno che è stato osservato per la prima volta in Italia, a Napoli, nel 2004: in concomitanza con un forte temporale abbiamo osservato un improvviso aumento della concentrazione di pollini, e quindi di allergeni, nell'aria. Anche in questo caso, la soluzione è duplice. Da un lato si suggerisce a chi soffre di allergia di stare al chiuso durante le precipitazioni intense, e dall'altro si lavora con gli amministratori locali perché estirpino i cespugli delle piante selvatiche che creano più problemi (per esempio la parietaria a Napoli e l'ambrosia a Milano), e evitino la scelta, per il verde cittadino, di piante - come per esempio ulivo, cipresso e betulla - che in tempi recenti hanno mostrato di causare anch'esse reazioni allergiche».
Fabio Turone
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