24 marzo 2005
Aggiornamenti e focus
Abituarsi poco a poco
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L'impressione che molti hanno quando in fatto di allergie è che si debbano assumere farmaci per tutta la vita. Non è così, o meglio non lo è in tutti i casi: chi soffre di rinite allergica, asma allergico o è allergico al veleno degli imenotteri (api, calabroni...) può imboccare la strada dell'immunoterapia. Questa è, in estrema sintesi, il tentativo di desensibilizzare il sistema immunitario rispetto all'allergene che causa il disturbo. E' una procedura lenta, che in una prima fase non esclude certo l'uso dei farmaci sintomatici come antistaminici o broncodilatatori, ma che in capo a 3-5 anni conduce nei pazienti che rispondono all'abbandono dei medicinali. Il principio è quello della somministrazione continua, ovviamente seguendo alcune precise regole, della sostanza che scatena la reazione, attraverso iniezioni. Se di vuole ricalca il racconto storico delle precauzioni che assumeva Mitridate, re del Ponto, che per timore di essere avvelenato si narra avesse assunto ogni giorno piccole quantità di veleno fino a creare una totale tolleranza (di qui viene il termine mitridatizzazione per dire assuefazione anche alle cose più nocive). Ovviamente questo funziona quando c'è di mezzo una reazione immunitaria, e non un'azione tossica tout court: al cianuro non ci si abitua...
Il primo passo è stabilire con esattezza a qual è l'allergene o gli allergeni coinvolti, cosa che si ottiene anche con il più semplice dei test: la reazione cutanea. Conferma si ha cercando le IgE specifiche nel sangue. Di solito gli allergeni coinvolti nelle tre manifestazioni citate sono, oltre al veleno degli imenotteri, pollini, forfora degli animali domestici, acari della polvere, scarafaggi, funghi microscopici, muffe. Di solito si è allergici a diverse sostanze: l'allergia a un polline comportare reazioni patologiche anche ad altri, per il fenomeno detto di allergia incrociata. Il fatto è che sostanze (proteine) diverse hanno in realtà in comune delle porzioni (sequenze di aminoacidi) che sono quelle in grado di attivare la reazione immunitaria. Ragion per cui nella preparazione del vaccino basterà inserire l'estratto di un solo polline, non tutti gli estratti di tutti i pollini cui il paziente è sensibile. Questo è un bene, perché più semplice è il vaccino maggiori sono le possibilità di successo. Preparato il vaccino, che a questo punto è individuale, si avvia la procedura iniettando soluzioni di allergeni sempre meno diluite un paio di volte la settimana. Le prime iniezioni sono in linea generale da 1000 a 10000 volte più diluite della dose di mantenimento, cioè quella clinicamente efficace. Solitamente il controllo dell'efficacia della terapia si ha sulla base della frequenza dei sintomi: applicare di routine i test cutanei o quelli di laboratorio è secondo alcuni superfluo, anche perché non sempre alla diminuzione del disturbo corrisponde anche una diminuzione delle IgE specifiche. Tuttavia è vero che si considera riuscita la terapia se la risposta immunitaria cambia e, invece dei linfociti TH2 entrano in gioco i TH1-CD4+; la determinazione di questo cambiamento, però, richiede un test molto complesso che non avrebbe senso condurre di routine.
Ovviamente somministrare gli allergeni crea una reazione, ed è sempre possibile anche che si abbia una manifestazione sistemica dell'allergia, quindi lo shock anafilattico. Per questo, anche se si tratta di una possibilità non poi così frequente, è meglio che soprattutto nei pazienti con le reazioni più forti, il vaccino venga somministrato in ambulatorio, sotto il controllo del medico e che dopo l'iniezione il paziente venga trattenuto per almeno una mezz'ora. Infatti più o meno questo il periodo entro il quale si presentano le reazioni sistemiche, quasi mai immediate dopo l'esposizione all'allergene. Peraltro, in una persona sana anche queste reazioni possono essere facilmente controllate (basta un'iniezione di adrenalina ripetuta due volte), purché ci si trovi in un ambiente protetto.
Tuttavia la possibilità di queste reazioni rende sconsigliabile l'immunoterapia ad alcune categorie di pazienti, per esempio gli asmatici cardiopatici, per i quali potrebbero risultare eccessivamente rischiose. Allo stesso modo le persone che assumono beta-bloccanti (farmaci impiegati per l'ipertensione) è opportuno che la evitino; questi farmaci, infatti, rendono meno efficace la somministrazione di adrenalina in caso di shock.
Un'altra esclusione riguarda il tipo di malattia allergica di cui si soffre: situazioni come l'orticaria, l'angioedema o le allergie alimentari hanno dimostrato di non rispondere all'immunoterapia.
Maurizio Imperiali
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Preparare un vaccino
Il primo passo è stabilire con esattezza a qual è l'allergene o gli allergeni coinvolti, cosa che si ottiene anche con il più semplice dei test: la reazione cutanea. Conferma si ha cercando le IgE specifiche nel sangue. Di solito gli allergeni coinvolti nelle tre manifestazioni citate sono, oltre al veleno degli imenotteri, pollini, forfora degli animali domestici, acari della polvere, scarafaggi, funghi microscopici, muffe. Di solito si è allergici a diverse sostanze: l'allergia a un polline comportare reazioni patologiche anche ad altri, per il fenomeno detto di allergia incrociata. Il fatto è che sostanze (proteine) diverse hanno in realtà in comune delle porzioni (sequenze di aminoacidi) che sono quelle in grado di attivare la reazione immunitaria. Ragion per cui nella preparazione del vaccino basterà inserire l'estratto di un solo polline, non tutti gli estratti di tutti i pollini cui il paziente è sensibile. Questo è un bene, perché più semplice è il vaccino maggiori sono le possibilità di successo. Preparato il vaccino, che a questo punto è individuale, si avvia la procedura iniettando soluzioni di allergeni sempre meno diluite un paio di volte la settimana. Le prime iniezioni sono in linea generale da 1000 a 10000 volte più diluite della dose di mantenimento, cioè quella clinicamente efficace. Solitamente il controllo dell'efficacia della terapia si ha sulla base della frequenza dei sintomi: applicare di routine i test cutanei o quelli di laboratorio è secondo alcuni superfluo, anche perché non sempre alla diminuzione del disturbo corrisponde anche una diminuzione delle IgE specifiche. Tuttavia è vero che si considera riuscita la terapia se la risposta immunitaria cambia e, invece dei linfociti TH2 entrano in gioco i TH1-CD4+; la determinazione di questo cambiamento, però, richiede un test molto complesso che non avrebbe senso condurre di routine.
Alcune precauzioni, alcune esclusioni
Ovviamente somministrare gli allergeni crea una reazione, ed è sempre possibile anche che si abbia una manifestazione sistemica dell'allergia, quindi lo shock anafilattico. Per questo, anche se si tratta di una possibilità non poi così frequente, è meglio che soprattutto nei pazienti con le reazioni più forti, il vaccino venga somministrato in ambulatorio, sotto il controllo del medico e che dopo l'iniezione il paziente venga trattenuto per almeno una mezz'ora. Infatti più o meno questo il periodo entro il quale si presentano le reazioni sistemiche, quasi mai immediate dopo l'esposizione all'allergene. Peraltro, in una persona sana anche queste reazioni possono essere facilmente controllate (basta un'iniezione di adrenalina ripetuta due volte), purché ci si trovi in un ambiente protetto.
Tuttavia la possibilità di queste reazioni rende sconsigliabile l'immunoterapia ad alcune categorie di pazienti, per esempio gli asmatici cardiopatici, per i quali potrebbero risultare eccessivamente rischiose. Allo stesso modo le persone che assumono beta-bloccanti (farmaci impiegati per l'ipertensione) è opportuno che la evitino; questi farmaci, infatti, rendono meno efficace la somministrazione di adrenalina in caso di shock.
Un'altra esclusione riguarda il tipo di malattia allergica di cui si soffre: situazioni come l'orticaria, l'angioedema o le allergie alimentari hanno dimostrato di non rispondere all'immunoterapia.
Maurizio Imperiali
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