Troppi grassi, poco screening

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Troppi grassi, poco screening



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Il carcinoma del colon è il tumore maligno che colpisce l'intestino crasso, formato da 2 segmenti, il colon e il retto. È una neoplasia di grande rilevanza sociale e sanitaria, tipica dei paesi industrializzati, mentre è rara nei paesi in via di sviluppo. In Italia ogni anno sono diagnosticati 30-50 casi di tumori del colon retto ogni 100.000 abitanti, ossia da 20.000 a 30.000 persone si ammalano ogni anno e la metà è destinata a morire a causa del tumore stesso. Nel nostro Paese questa neoplasia è la seconda per frequenza in entrambi i sessi ed è più diffusa nelle regioni settentrionali, in particolare in Lombardia, dove si registra il 18% di tutti i tumori del colon retto italiani. Probabilmente, la differente alimentazione tra le regioni settentrionali e quelle meridionali è la principale causa della diversa incidenza inter-regionale di questa neoplasia nel nostro Paese. La prognosi è favorevole, con sopravvivenza a 5 anni dei pazienti superiore al 90%, se il tumore è diagnosticato e rimosso precocemente. Quando, invece, il tumore ha già invaso gli organi contigui, la sopravvivenza scende al 65% e addirittura all'8% in presenza di metastasi al fegato e al polmone. Fortunatamente negli ultimi anni si sta registrando un calo sia dell'incidenza sia della mortalità, probabilmente grazie a un miglioramento nello screening, che permette una diagnosi e un trattamento più precoci delle lesioni precancerose.

Fattori di rischio


Nella maggior parte dei casi, il tumore origina per degenerazione di un polipo. Il polipo è una escrescenza benigna delle cellule della mucosa intestinale, lo strato più interno della parete intestinale, che si accresce inizialmente all'interno del lume (cavità) intestinale. In seguito il polipo diviene adenomatoso e in circa l'1% dei casi evolve verso un tumore maligno, che si infiltra nello spessore della parete intestinale, invadendo poi strutture e organi circostanti. Tramite il torrente circolatorio, inoltre, le cellule tumorali possono raggiungere e colonizzare organi anche molto distanti, come il fegato ed il polmone; queste sono le metastasi. Tuttavia non tutti i polipi degenerano in carcinoma e si sa ancora poco delle mutazioni genetiche che conducono verso l'esito maligno.
È noto che la probabilità di sviluppare un carcinoma colon-rettale aumenta progressivamente con l'età e diventa rilevante soprattutto a partire dai 40 anni. Il rischio s'innalza bruscamente dopo i 50 anni e, in seguito, raddoppia ogni dieci anni di vita.
Le indagini epidemiologiche hanno permesso di evidenziare alcuni fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare la malattia; si distinguono in dietetici, clinici ed ereditari.

Dietetici.


Sotto accusa l'alimentazione ricca di grassi e proteine animali, mentre una dieta ricca di fibre sembra avere effetto protettivo. L'effetto cancerogeno dei componenti alimentari potrebbe essere mediato dal tipo di cottura. Sembra, infatti, che la cottura ad alta temperatura (frittura, cottura alla piastra o alla brace) determini, a partire dalle proteine animali, la liberazione di amine eterocicliche con proprietà cancerogene. Andrebbe, pertanto, sempre preferita la cottura al forno o, meglio, al vapore e la bollitura. Anche la cottura dei cibi con il forno a microonde sembra in grado di ridurre la formazione delle amine eterocicliche. Le fibre, invece, agirebbero diluendo le sostanze potenzialmente cancerogene nel lume intestinale, o accelerandone il transito e quindi riducendone il tempo di contatto con la mucosa intestinale. Le ipotesi sui meccanismi sono ancora da confermare ma le statistiche di incidenza non lasciano dubbi sul ruolo dei grassi animali.
Un consumo eccessivo di alcool, in particolare di birra, sembra aumentare il rischio di cancro del colon-retto, così come si è vista una maggiore incidenza in pazienti fumatori da almeno 35 anni.

Clinici.

Una percentuale consistente di questi tumori deriva dalla trasformazione maligna di lesioni benigne preesistenti. Sono note almeno due condizioni patologiche che presentano un elevato rischio di trasformazione maligna.
  • Polipi adenomatosi: sono delle escrescenze della mucosa del colon dovute ad un'eccessiva attività di proliferazione cellulare. Per l'accumularsi di alterazioni geniche, tali polipi, in particolare quelli di diametro maggiore di 1-2 cm, possono andare incontro ad una progressiva trasformazione che sfocia nell'insorgenza di un vero tumore maligno. L'individuazione e rimozione di queste neoformazioni in corso di retto-colonscopia rappresenta un'efficace mezzo di prevenzione contro questi tumori.
  • Rettocolite ulcerosa: è una malattia infiammatoria cronica dell'intestino che si manifesta con dolore addominale e continue irregolarità dell'alvo. Tale malattia, soprattutto se insorta da molti anni, aumenta di 6 volte il rischio di sviluppare un cancro del colon-retto.

Ereditari.

Esistono casi di carcinoma del colon-retto a chiara trasmissione ereditaria; essi rappresentano una minoranza, ma la loro individuazione è importante per prevenire l'insorgenza della malattia nei familiari. Sono state individuate almeno due distinte sindromi genetiche ad elevato rischio di cancro del colon-retto.
  • La poliposi adenomatosa familiare (e la sua variante clinica: la sindrome di Gardner): è una sindrome causata dalla mutazione del gene APC (Adenomatous Polyposis Coli). È responsabile di circa l'1% dei tumori al colon e si manifesta con lo sviluppo, in età giovanile, di centinaia o migliaia di polipi adenomatosi al colon, alcuni dei quali inevitabilmente si trasformano in tumori maligni intorno ai 40 anni di età, a meno che non si proceda alla rimozione chirurgica dell'intero colon.
  • La sindrome ereditaria non poliposica del carcinoma colon-rettale (sindrome di Lynch): è caratterizzata dalla presenza in una stessa famiglia di numerosi casi di cancro del colon-retto, generalmente ad insorgenza precoce e in assenza di poliposi intestinale. È responsabile di circa il 5-10% dei casi di cancro del colon-retto.

Sintomi

Quando il tumore è ancora confinato all'intestino e ai linfonodi regionali, i sintomi sono assenti o vaghi: dolori addominali, modificazioni dell'alvo con la comparsa di stitichezza o di diarrea persistenti. Disturbi poco indicativi e aspecifici perché presenti anche in altre patologie intestinali. Col progredire della malattia compaiono, invece, sintomi diversi a seconda della localizzazione del tumore.
  • Colon sinistro e retto: presenza di sangue nelle feci, tenesmo rettale o difficoltà nell'evacuazione. Inoltre, questi tumori possono frequentemente dar luogo ad emorragia rettale, occlusione intestinale o, più raramente, a perforazione intestinale.
  • Colon destro: i sintomi sono aspecifici e comprendono stanchezza, anoressia, anemia e dolore nella parte inferiore dell'addome.

Esami diagnostici

Ricerca di sangue occulto nelle feci: permette di rilevare una perdita ematica occulta e per lo più cronica, dovuta alla presenza di polipi o carcinoma, ma non sempre presente in quest'ultimo caso.

Esplorazione rettale: è il primo esame da eseguire in caso di presenza di sangue nelle feci, permette di rilevare la presenza di escrescenze a livello del retto.

Colonscopia: effettuata con uno strumento flessibile a fibre ottiche, rappresenta l'esame diagnostico più accurato; consente, infatti, di esplorare tutto il colon-retto, di individuare la presenza e la localizzazione di una massa neoplastica e di eseguire una biopsia per una conferma istologica. Eventuali polipi possono essere asportati durante l'esame stesso (polipectomia endoscopica).

Clisma opaco con bario: è una radiografia dell'intestino, previa introduzione di una miscela di aria e bario, che funge da mezzo di contrasto. Utilissimo nei casi in cui la colonscopia non sia praticabile non è, tuttavia, una vera alternativa poiché non consente di individuare polipi piccoli (inferiori ai 2 cm), né di effettuare prelievi bioptici.

Come si combatte

Per ridurre sempre più la mortalità da carcinoma colon-rettale bisogna intensificare lo screening e la prevenzione primaria.
Screening significa effettuare periodicamente esami adatti alla scoperta precoce del tumore. Per esempio l'esplorazione rettale dovrebbe essere sempre eseguita nel corso di una visita internistica nei soggetti con più di 50 anni.
La ricerca di sangue occulto nelle feci, effettuata annualmente od ogni due anni a partire dai 50 anni di età, è in grado di ridurre in maniera significativa la mortalità per carcinoma del colon-retto. Questo esame, infatti, consente di individuare il tumore in una fase precoce, o addirittura di prevenirne l'insorgenza grazie all'identificazione e rimozione di polipi a rischio di trasformazione maligna.
La rettosigmoidoscopia, simile alla colonscopia, ma più semplice e meno fastidiosa, in quanto effettuata con uno strumento più corto. La sensibilità è inferiore, dal momento che esamina solo l'ultima parte dell' intestino (retto e sigma), dove però si manifesta il 60% delle lesioni precancerose.
Nei soggetti ad alto rischio, quali quelli con sindromi genetiche e lesioni benigne predisponenti e nei familiari di primo grado di pazienti affetti da carcinoma del colon-retto è necessario ricorrere alla colonscopia totale periodica.
I parenti di un paziente affetto da poliposi adenomatosa familiare dovrebbero essere sottoposti a colonscopia totale annualmente fino alla comparsa di polipi e, quindi, trattati chirurgicamente. In assenza di comparsa di polipi, al raggiungimento del 45° anno di età lo screening va sospeso.
In presenza di Sindrome ereditaria non poliposica del carcinoma colon-rettale, tutti i membri della famiglia dovrebbero essere sottoposti a colonscopia totale a partire dal 25°-30° anno di età fino al 75° anno circa. L'intervallo tra due colonscopie successive, se non si riscontrano polipi, non dovrebbe superare i 3 anni; in presenza di polipi, invece, l'esame va ripetuto annualmente.
Nei familiari di primo grado di pazienti affetti da carcinoma del colon-retto come pure di soggetti con uno o più adenomi, infine, è raccomandata l'effettuazione di una colonscopia totale con un protocollo di screening simile a quello del caso precedente, ma a partire dal 40° anno di età fino al 75°.
La prevenzione primaria, invece, consiste nella eliminazione, o riduzione, dei fattori di rischio noti (abitudini alimentari) e nell'assunzione di farmaci capaci di prevenire l'insorgenza del carcinoma. La farmacoprevenzione è una strategia molto recente, ancora in via di sviluppo, tuttavia per i tumori colon-rettali ci sono già risultati promettenti.

Elisa Lucchesini



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