07 maggio 2008
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Vampate fuori termine
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Per la grande maggioranza delle donne che entrano in fase menopausale la comparsa delle cosiddette vampate è un passaggio tanto obbligato quanto sgradevole, con effetti disturbanti sul sonno, sulle attività lavorative e sul tempo libero, e che può aggravare altri segni frequenti del periodo quali l'ansia e la depressione. Un fattore quello delle vampate, ancorché trattabile, che si ripercuote negativamente sulla qualità di vita, ma che è comunque transitorio e si risolve in genere entro i primi anni dalla menopausa. Non è sempre così, però, c'è un sottogruppo di donne che continua a pagare pegno per cinque anni e anche più dopo la cessazione del ciclo, una quota minoritaria e forse per questo non ancora sufficientemente analizzata. Lo studio di questi casi potrebbe invece permettere d'identificare fattori associati alla persistenza del sintomo in alcune donne, costituendo così un aiuto per la valutazione e il trattamento.
E' stato questo l'intento di ricercatori statunitensi di San Francisco che sono ricorsi a partecipanti allo studio MORE, condotto per valutare gli effetti della terapia con il modulatore selettivo dei recettori estrogenici raloxifene in donne in post-menopausa di età inferiore agli 80 anni e affette da osteoporosi. Nella ricerca si sono considerati i dati relativi a 3.167 di queste donne, interrogate via questionario sulla frequenza e sulla severità della sindrome vasomotoria, cioè la vampate, nell'arco dei tre anni di trattamento. Oltre a questo disturbo si sono raccolte analogamente informazioni su altri due sintomi, la secchezza vaginale e il sonno disturbato. All'inizio dello studio, 375 partecipanti (il 12% circa) avevano riferivano vampate di rilievo clinico, fastidiose per una parte o al limite tutta la durata dei sei mesi precedenti; la prevalenza era inversamente correlata con l'intervallo di tempo dalla menopausa. La diminuzione della prevalenza era invece più graduale per la secchezza vaginale e non associata alla distanza temporale dalla menopausa per il sonno disturbato. L'analisi multivariata ha mostrato che avevano una maggiore probabilità di sintomi vasomotori basali le donne meno istruite, in post-menopausa più di recente, precedentemente in terapia con estrogeni sistemici, o che erano state sottoposte a isterectomia. Le vampate sono risultate associate anche a più alto indice di massa corporea (BMI), a maggiori livelli sierici di ormone follicolo-stimolante (FSH), a più basse concentrazioni di colesterolo "buono" HDL, a secchezza vaginale e disturbi del sonno, ma non ai livelli dell'ormone estradiolo. Rispetto alle 375 donne con vampate clinicamente rilevanti iniziali, di 278 con raccolta dei dati per tre anni un po' più della metà ha riferito persistenza dei sintomi oltre tre anni dalla menopausa; il perdurare era associato a meno anni trascorsi da questo evento e a sonno disturbato.
Come interpretare la relazione tra sintomi severi o persistenti e i fattori di rischio evidenziati? Per l'istruzione, per esempio, si potrebbe pensare al legame tra quella più elevata e abitudini più sane, anche se nello studio per esercizio fisico, alcol e fumo non è risultata un'associazione significativa: un'ipotesi connette invece bassa istruzione, maggiore risposta neurormonale allo stress, aumentata attivazione simpatica, potenziamento delle vampate. Nel caso dell'associazione con l'indice di massa corporea più alto essa potrebbe ricollegarsi a maggiori livelli estrogenici indotti dagli adipociti o all'effetto isolamento termico sempre dovuto all'adipe. Vari meccanismi possibili riguardano anche le associazioni delle vampate severe o persistenti con gli altri fattori, a dire il vero sempre a livello di ipotesi tutte da dimostrare. Interessante il legame con gli altri sintomi tipici costituiti da secchezza vaginale e sonno disturbato, con possibilità che siano tutte manifestazioni menopausali che condividono altri meccanismi sottostanti al di là del deficit estrogenico; il sintomo più strettamente associato è apparso il sonno disturbato, per il quale le vampate non sarebbero tanto fattori causali quanto una comorbilità con fattori scatenanti in comune. La conclusione è che occorreranno ulteriori ricerche per approfondire tutti i meccanismi implicati nella permanenza di sintomi postmenopausali disturbanti, che riguardano comunque una minoranza sostanziale di donne, come hanno mostrato i numeri dello studio.
Elettra Vecchia
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In gioco istruzione, BMI, HDL
E' stato questo l'intento di ricercatori statunitensi di San Francisco che sono ricorsi a partecipanti allo studio MORE, condotto per valutare gli effetti della terapia con il modulatore selettivo dei recettori estrogenici raloxifene in donne in post-menopausa di età inferiore agli 80 anni e affette da osteoporosi. Nella ricerca si sono considerati i dati relativi a 3.167 di queste donne, interrogate via questionario sulla frequenza e sulla severità della sindrome vasomotoria, cioè la vampate, nell'arco dei tre anni di trattamento. Oltre a questo disturbo si sono raccolte analogamente informazioni su altri due sintomi, la secchezza vaginale e il sonno disturbato. All'inizio dello studio, 375 partecipanti (il 12% circa) avevano riferivano vampate di rilievo clinico, fastidiose per una parte o al limite tutta la durata dei sei mesi precedenti; la prevalenza era inversamente correlata con l'intervallo di tempo dalla menopausa. La diminuzione della prevalenza era invece più graduale per la secchezza vaginale e non associata alla distanza temporale dalla menopausa per il sonno disturbato. L'analisi multivariata ha mostrato che avevano una maggiore probabilità di sintomi vasomotori basali le donne meno istruite, in post-menopausa più di recente, precedentemente in terapia con estrogeni sistemici, o che erano state sottoposte a isterectomia. Le vampate sono risultate associate anche a più alto indice di massa corporea (BMI), a maggiori livelli sierici di ormone follicolo-stimolante (FSH), a più basse concentrazioni di colesterolo "buono" HDL, a secchezza vaginale e disturbi del sonno, ma non ai livelli dell'ormone estradiolo. Rispetto alle 375 donne con vampate clinicamente rilevanti iniziali, di 278 con raccolta dei dati per tre anni un po' più della metà ha riferito persistenza dei sintomi oltre tre anni dalla menopausa; il perdurare era associato a meno anni trascorsi da questo evento e a sonno disturbato.
Relazione con sonno disturbato
Come interpretare la relazione tra sintomi severi o persistenti e i fattori di rischio evidenziati? Per l'istruzione, per esempio, si potrebbe pensare al legame tra quella più elevata e abitudini più sane, anche se nello studio per esercizio fisico, alcol e fumo non è risultata un'associazione significativa: un'ipotesi connette invece bassa istruzione, maggiore risposta neurormonale allo stress, aumentata attivazione simpatica, potenziamento delle vampate. Nel caso dell'associazione con l'indice di massa corporea più alto essa potrebbe ricollegarsi a maggiori livelli estrogenici indotti dagli adipociti o all'effetto isolamento termico sempre dovuto all'adipe. Vari meccanismi possibili riguardano anche le associazioni delle vampate severe o persistenti con gli altri fattori, a dire il vero sempre a livello di ipotesi tutte da dimostrare. Interessante il legame con gli altri sintomi tipici costituiti da secchezza vaginale e sonno disturbato, con possibilità che siano tutte manifestazioni menopausali che condividono altri meccanismi sottostanti al di là del deficit estrogenico; il sintomo più strettamente associato è apparso il sonno disturbato, per il quale le vampate non sarebbero tanto fattori causali quanto una comorbilità con fattori scatenanti in comune. La conclusione è che occorreranno ulteriori ricerche per approfondire tutti i meccanismi implicati nella permanenza di sintomi postmenopausali disturbanti, che riguardano comunque una minoranza sostanziale di donne, come hanno mostrato i numeri dello studio.
Elettra Vecchia
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