10 novembre 2006
Aggiornamenti e focus
Pomodoro per il neurone
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Era un po' che non si parlava di dieta mediterranea, se non magari per avanzare dubbi sulla salubrità del grande consumo di pasta. Ritornano ora sull'argomento gli Archives of Neurology e a proposito, nientemeno, della demenza di Alzheimer. Un gruppo di ricerca, non nuovo allo studio di questo rapporto, ha condotto una ricerca paragonando due gruppi omogenei provenienti da coorti diverse (Washington Heights e Manhattan). I ricercatori hanno valutato, su una scala da 0 a 9, la continuità del ricorso a questo tipo di dieta attraverso un questionario che valutava i consumi dei principali gruppi di alimenti compresi nello schema (legumi, cereali, pesce, olio) ed estranei (carne, latticini e altri). Maggiori i consumi degli alimenti "buoni", dal punto di vista mediterraneo, per così, dire, più elevato il punteggio. Ovviamente è stata anche valutata la presenza di demenza, attraverso diversi sistemi, e sono stati considerati i fattori di rischio cardiovascolare. Ed è questa, probabilmente, la maggiore novità dello studio.
E' ormai riconosciuto che i fattori di rischio cardiovascolare, come l'ipertensione, l'ipercolesterolemia, il diabete, sono associati a un aumento anche della frequenza della demenza di Alzheimer, oltre che della demenza cosiddetta vascolare, cioè dovuta a più o meno estesi infarti cerebrali. Quello che lo studio voleva verificare, dunque, era se l'adesione alla dieta mediterranea potesse proteggere dall'Alzheimer perché riduceva i fattori di rischio cardiovascolari oppure se agiva indipendentemente dall'effetto sulla colesterolemia, la glicemia e gli altri parametri del caso. I risultati hanno innanzitutto confermato l'ipotesi di partenza: questo schema di dieta riduce la possibilità di andare incontro alla malattia, per la precisione ogni punto in più nella scala di adesione all'alimentazione mediterranea comportava una riduzione del 19-24% del rischio. Nel complesso, il gruppo con punteggio medio vedeva ridursi il rischio del 42%, quello con il punteggio più alto, del 60%. Se poi si depurava il dato dagli altri aspetti, dal sesso all'età, dal livello socioeconomico e all'indice di massa corporea, i valori salivano al 53% e al 68% rispettivamente. Infine, nell'analisi statistica sono stati inseriti anche i fattori di rischio e la tendenza protettiva restava inalterata. In altre parole, indipendentemente dal beneficio in termini di colesterolemia, o di ipertensione, la dieta mediterranea allontanava la possibilità dell'Alzheimer.
Se il risultato, pur con tutte le cautele, c'è, resta da stabilire i possibili meccanismi. I ricercatori ne avanzano due. Il primo è una vecchia conoscenza, vale a dire i meccanismi ossidativi, che sembrano avere un ruolo nello sviluppo delle lesioni dei neuroni caratteristiche dell'Alzheimer. In questo caso, dunque, sarebbero gli antiossidanti contenuti negli alimenti tipici a esercitare l'azione protettiva. Per esempio, la paraoxonasi e i carotenidi, senza contare i piatti a base di pomodoro, che in altri studi hanno mostrato di ridurre i livelli di marker dell'ossidazione come gli isoprostani. La seconda possibile spiegazione si basa sull'infiammazione. Nei neuroni colpiti, infatti si ritrovano in quantità superiore sostanze infiammatorie come la proteina C reattiva (CRP) o l'interleuchina 6 (IL-6). Grandi ricerche, come il Nurses' Health Study, hanno dimostrato che le persone che seguono la dieta mediterranea hanno bassi livelli di CRP e di IL-6 (anche del 16-20% inferiori). Inoltre sostanze come l'acido caffeico e il tyrosol, presenti nel vino e nell'olio di oliva, sono state capaci di indurre la riduzione della produzione di IL-6 nei volontari sani. Che dire? Siccome tanto, fa bene lo stesso, vale la pena di adeguare le proprie abitudini.
Gianluca Casponi
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La mediazione dei vasi
E' ormai riconosciuto che i fattori di rischio cardiovascolare, come l'ipertensione, l'ipercolesterolemia, il diabete, sono associati a un aumento anche della frequenza della demenza di Alzheimer, oltre che della demenza cosiddetta vascolare, cioè dovuta a più o meno estesi infarti cerebrali. Quello che lo studio voleva verificare, dunque, era se l'adesione alla dieta mediterranea potesse proteggere dall'Alzheimer perché riduceva i fattori di rischio cardiovascolari oppure se agiva indipendentemente dall'effetto sulla colesterolemia, la glicemia e gli altri parametri del caso. I risultati hanno innanzitutto confermato l'ipotesi di partenza: questo schema di dieta riduce la possibilità di andare incontro alla malattia, per la precisione ogni punto in più nella scala di adesione all'alimentazione mediterranea comportava una riduzione del 19-24% del rischio. Nel complesso, il gruppo con punteggio medio vedeva ridursi il rischio del 42%, quello con il punteggio più alto, del 60%. Se poi si depurava il dato dagli altri aspetti, dal sesso all'età, dal livello socioeconomico e all'indice di massa corporea, i valori salivano al 53% e al 68% rispettivamente. Infine, nell'analisi statistica sono stati inseriti anche i fattori di rischio e la tendenza protettiva restava inalterata. In altre parole, indipendentemente dal beneficio in termini di colesterolemia, o di ipertensione, la dieta mediterranea allontanava la possibilità dell'Alzheimer.
Ossidazione, infiammazione...
Se il risultato, pur con tutte le cautele, c'è, resta da stabilire i possibili meccanismi. I ricercatori ne avanzano due. Il primo è una vecchia conoscenza, vale a dire i meccanismi ossidativi, che sembrano avere un ruolo nello sviluppo delle lesioni dei neuroni caratteristiche dell'Alzheimer. In questo caso, dunque, sarebbero gli antiossidanti contenuti negli alimenti tipici a esercitare l'azione protettiva. Per esempio, la paraoxonasi e i carotenidi, senza contare i piatti a base di pomodoro, che in altri studi hanno mostrato di ridurre i livelli di marker dell'ossidazione come gli isoprostani. La seconda possibile spiegazione si basa sull'infiammazione. Nei neuroni colpiti, infatti si ritrovano in quantità superiore sostanze infiammatorie come la proteina C reattiva (CRP) o l'interleuchina 6 (IL-6). Grandi ricerche, come il Nurses' Health Study, hanno dimostrato che le persone che seguono la dieta mediterranea hanno bassi livelli di CRP e di IL-6 (anche del 16-20% inferiori). Inoltre sostanze come l'acido caffeico e il tyrosol, presenti nel vino e nell'olio di oliva, sono state capaci di indurre la riduzione della produzione di IL-6 nei volontari sani. Che dire? Siccome tanto, fa bene lo stesso, vale la pena di adeguare le proprie abitudini.
Gianluca Casponi
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