22 settembre 2006
Aggiornamenti e focus
Molti farmaci poche soluzioni
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Nelle strutture di degenza per anziani, fino al 50% dei soggetti con più di 85 anni è colpito da demenza, morbo di Alzheimer, demenza vascolare. E spesso i sintomi più comuni, seppur meno evidenti, sono quelli non cognitivi. Segni neuropsichiatrici come agitazione, aggressività, delusione, allucinazioni, vaneggiamenti vengono osservati dal 60 al 98% dei casi di demenza, soprattutto nelle fasi più avanzate, e sono associati anche a depressione, sofferenza e stress in coloro che di queste persone si occupano. Inoltre comportano un prolungamento della degenza ospedaliera e rendono necessaria l'assistenza domiciliare in quanto il paziente non è più autonomo nella quotidianità. La popolazione anziana colpita da queste patologie è in aumento, tuttavia non esiste ancora un protocollo standard di trattamento che più spesso si basa sulle consuetudini locali in fatto di farmacoterapia. Sulla base di una ricerca condotta usando due ampi data base (Medline e Cochrane Database) di studi clinici, sono stati individuati 253 lavori pubblicati tra il 1966 e il 2004 e ne sono stati selezionati 66. I farmaci presi in considerazione erano antipsicotici tipici e atipici, antidepressivi, inibitori della colinesterasi, stabilizzatori dell'umore. La prima problematica emersa riguardava la valutazione del miglioramento dei sintomi. Non ci sono standard di eccellenza per valutare gli esiti dei sintomi neuropsichiatrici e diventa quindi difficile interpretare piccole variazioni nelle varie scale a punteggi usate, e si rivela difficile anche mettere a confronto gli studi che usano scale diverse.
Tra i molti farmaci usati, quelli che davano prove di efficacia più convincenti erano gli antipsicotici atipici, tuttavia con effetti modesti e complicati da un incremento del rischio di ictus. Gli altri medicinali ottenevano invece risultati trascurabili e nessuno sembrava essere la pillola magica che risolveva tutte le difficoltà. Gli autori della ricerca suggeriscono che la gestione dei sintomi della demenza dovrebbe sempre iniziare dall'accertamento delle cause ambientali o mediche del comportamento. In ogni caso bisogna tentare interventi non farmacologici prima di passare ai medicinali, e anche l'educazione e la formazione delle persone che prestano assistenza è parte integrante dell'intervento. Se non ci sono risposte un approccio potrebbe essere quello di individuare i sintomi prevalenti e scegliere il farmaco più strettamente indicato per controllarli. In alternativa si possono trascurare i sintomi neuropsichiatrici privilegiando gli aspetti cognitivi, con l'obiettivo di minimizzare gli effetti collaterali di questa scelta. Nel frattempo la ricerca di terapie farmacologiche per l'Alzheimer, secondo una review appena pubblicata da Medscape, sta vivendo una sorta di boom. Sono decine, infatti, i composti che sono in qualche fase di sperimentazione. E si tratta di farmaci che intervengono in momenti diversi della malattia. Si tratta cioè di farmaci in grado in molti casi di prevenire piuttosto che di curare. Ma la strada per arrivare a qualche risultato è ancora lunga.
Simona Zazzetta
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I farmaci non bastano
Tra i molti farmaci usati, quelli che davano prove di efficacia più convincenti erano gli antipsicotici atipici, tuttavia con effetti modesti e complicati da un incremento del rischio di ictus. Gli altri medicinali ottenevano invece risultati trascurabili e nessuno sembrava essere la pillola magica che risolveva tutte le difficoltà. Gli autori della ricerca suggeriscono che la gestione dei sintomi della demenza dovrebbe sempre iniziare dall'accertamento delle cause ambientali o mediche del comportamento. In ogni caso bisogna tentare interventi non farmacologici prima di passare ai medicinali, e anche l'educazione e la formazione delle persone che prestano assistenza è parte integrante dell'intervento. Se non ci sono risposte un approccio potrebbe essere quello di individuare i sintomi prevalenti e scegliere il farmaco più strettamente indicato per controllarli. In alternativa si possono trascurare i sintomi neuropsichiatrici privilegiando gli aspetti cognitivi, con l'obiettivo di minimizzare gli effetti collaterali di questa scelta. Nel frattempo la ricerca di terapie farmacologiche per l'Alzheimer, secondo una review appena pubblicata da Medscape, sta vivendo una sorta di boom. Sono decine, infatti, i composti che sono in qualche fase di sperimentazione. E si tratta di farmaci che intervengono in momenti diversi della malattia. Si tratta cioè di farmaci in grado in molti casi di prevenire piuttosto che di curare. Ma la strada per arrivare a qualche risultato è ancora lunga.
Simona Zazzetta
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