Prevenzione possibile

13 ottobre 2006
Aggiornamenti e focus

Prevenzione possibile



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I progressi della medicina materno-fetale e neonatale negli ultimi venti-trent'anni hanno portato nei paesi occidentali a una riduzione drastica della mortalità nella primissima infanzia, basti citare il dato degli Stati Uniti dove la sopravvivenza dei prematuri nati dopo 28-32 settimane di gestazione è oggi del 90% e quella degli estremamente prematuri nati dopo 24-28 è dell'80%. Hanno mantenuto invece un andamento piuttosto costante e semmai moderatamente in aumento le sindromi di paralisi cerebrale, con 2-2,3 casi ogni mille nati vivi negli Usa come in Europa, una condizione neurologica non progressiva consistente in disabilità motorie e altri disturbi e con possibile deficit mentale, dovuta a danni insorti a carico del cervello ancora in fase di maturazione, prodotti da cause sulle quali si sta tuttora indagando.
Alcuni fattori di rischio sono fortemente indiziati e sembrano legati proprio agli avanzamenti della neonatologia, come la nascita pretermine e il basso peso alla nascita, altri sarebbero gravidanze gemellari, infezioni della gestante o del neonato, nascita con parto cesareo, emorragie intracraniche, anomalie metaboliche, traumi, fattori genetici. Le conseguenze del danno cerebrale si protraggono anche oltre l'infanzia (negli Usa ci sarebbero più di 750 mila bambini e adulti con sindrome di paralisi cerebrale), comportando tra l'altro forti costi sanitari, valutati in un milione di dollari di spese mediche dirette per ogni malato per tutta la durata della vita.

Rischio da infezioni in gravidanza?


Per contribuire a gettar luce sui meccanismi di questa sindrome a eziologia multifattoriale, una ricerca su un'ampia casistica di bambini con paralisi cerebrale nell'ambito dell'European Cerebral Palsy Study ha valutato la correlazione tra i segni clinici della malattia, che a volte se è di grado medio non viene riconosciuta, e le informazioni ottenibili con la risonanza magnetica (RM), e anche l'utilità dell'esame per conoscere il tempo di comparsa della lesione, così da scoprire le possibili cause, e la sua gravità: tutte acquisizioni utili per poter individuare bersagli sui quali centrare strategie di prevenzione. Lo studio ha riguardato bambini con paralisi cerebrale reclutati in otto centri di sei paesi europei, 431 dei quali valutati clinicamente e con informazioni aggiuntive sulla storia familiare, la gravidanza, il parto e il periodo neonatale attraverso un questionario fornito ai genitori; 351 di essi sono stati anche valutati a 18 mesi di età o più tardi con la RM.
Rispetto ai fattori di rischio prenatali, è emerso che ben nel 40% dei casi le madri avevano avuto infezioni in gravidanza, che il 12% era nato da una gravidanza multipla (multiparità), spesso dopo trattamenti contro l'infertilità. Quanto ai fattori predisponenti perinatali, più di metà dei bambini era nato a termine, con solo l'11% nato prima della ventottesima settimana, uno su cinque era piccolo per l'età gestazionale, un terzo era nato con parto cesareo; inoltre il 28% aveva crisi epilettiche, il 33% problemi visivi e il 7% di udito. Clinicamente, uno su quattro aveva emiparesi, uno su tre diparesi e meno di uno su cinque tetraparesi; erano presenti poi disturbi muscolari della motilità, del tono e del coordinamento. La RM cerebrale ha evidenziato in maggioranza danni da immaturità della sostanza bianca (42% dei casi), seguiti da lesioni dei gangli della base e corticali o subcorticali, da malformazioni in alcuni casi da probabile infezione da Cytomegalovirus in gravidanza, da infarti focali e da altre lesioni: tutti riscontri che sono apparsi ben correlati con le caratteristiche cliniche rilevate, tanto da far affermare agli autori dello studio che tutti i bambini con paralisi cerebrale andrebbero valutati con la RM.

I problemi ostetrici poco coinvolti


I dati della risonanza magnetica avrebbero dimostrato che più che fattori legati al parto e a un'eventuale malpractice esisterebbero fattori prenatali, genetici o infettivi o nutrizionali, in grado di predisporre danni come quelli della sostanza bianca ma anche le altre lesioni osservate, che non si possono attribuire a problemi di tipo ostetrico: si è calcolato che solo il 20% dei casi di paralisi cerebrale dello studio poteva avere un'origine di questi tipo. Un aspetto da enfatizzare è l'importanza delle infezioni in gravidanza, specie quelle urinarie, già sottolineata da altre ricerche: la loro sistematica identificazione e terapia potrebbe aprire un potenziale campo per la prevenzione. Altri ambiti preventivi potrebbero derivare dallo studio di fattori metabolici o genetici coinvolti, come quelli trombofilici, o dall'identificazione di elementi nutrizionali che potrebbero ulteriormente peggiorare il danno cerebrale dopo la nascita, o dallo stretto monitoraggio in caso di multiparità, o ancora dalla neuroprotezione di neonati ad alto rischio di encefalopatia.

Elettra Vecchia



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