31 ottobre 2008
Aggiornamenti e focus
Più tempo per battere l'ictus
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Ogni settimana in Italia 100 persone potrebbero salvarsi dall'ictus (stroke), contro i 10 di oggi, se si intervenisse in tempo utile, se il paziente fosse trasportato in una stroke unit (SU), se queste fossero disponibili in numero opportuno e se fossero distribuite in modo omogeneo sul territorio. Un po' troppi "se" che generano incertezza sugli esiti e che invece dovrebbero rispondere a 230 mila casi all'anno di ictus con una mortalità del 30% a un mese dall'evento. La Giornata Mondiale dello Stroke punta i riflettori su queste incertezze e cerca soluzioni.
In realtà, una prima risposta favorevole arriva dalla ricerca scientifica: se finora si riteneva che il tempo massimo per intervenire sul paziente fosse di tre ore, due studi scientifici documentano che entro le quattro ore e mezzo è ancora possibile salvare il paziente. L'intervento cui fanno riferimento le sperimentazioni è la terapia trombolitica, approvata nel 2002 per la cura dello stroke ischemico entro tre ore dall'esordio dei sintomi. Lo studio osservazionale SITS, pubblicato da The Lancet, ha confrontato gli esiti di un ictus in 664 pazienti trattati tra le tre e le quattro con quelli di quasi 12 mila casi trattati entro tre ore. Gli autori non hanno trovato differenze tra i due regimi di intervento, sia per la comparsa di emorragie sintomatiche (uno dei rischi della trombolisi) sia per mortalità, grado di disabilità e livello di autonomia dopo l'evento. D'altro canto anche lo studio ECASS, pubblicato da The New England Journal of Medicine, che ha coinvolto 19 paesi tra cui l'Italia, ha verificato che nella finestra di 90 minuti, oltre le tre ore, la terapia fa la differenza: nei 418 casi trattati, contro 403 casi trattati con un placebo, l'evoluzione dell'ictus è stata favorevole, in particolare per la funzionalità residua. "A tre mesi dal trattamento - commenta Danilo Toni, presidente dell'Associazione Italiana Ictus - i pazienti trattati hanno raggiunto autonomia funzionale nel 52% dei casi contro il 45% del gruppo placebo, con rischi comparabili a quelli riscontrati negli studi entro le tre ore". Questi risultati ampliano la prospettiva di miglioramento della sopravvivenza e degli esiti di un ictus, anche se, spiegano gli esperti, per ora si tratta di un uso off-label della terapia trombolitica, approvata per l'impiego entro le tre ore. La nuova indicazione dovrà ricevere l'approvazione delle agenzie regolatorie ma nel frattempo salverà vite e qualità della vita.
Il secondo aspetto critico, nella gestione dell'ictus, sono le stroke unit, aree dedicate, dotate di strumentazione, professionalità e approccio multidisciplinare all'ictus. Tuttavia solo il 30% dei 134 mila primi eventi di ictus arrivano alla stroke unite entro tre ore, solo il 25% è trattabile con trombolisi secondo le attuali linee guida. Secondo le stime proposte dalla Società Italiana di Neurologia (SIN) e la Società dei Neurologi, Neurochirughi e Neuroradiologi Ospedalieri (SNO), se tutti i pazienti che arrivano entro 3 ore fossero ricoverati in una SU, sarebbe possibile dimetterne 100 a settimana senza invalidità residua, mentre attualmente solo 10. Ciò non accade per poca formazione ai cittadini per poter riconoscere i segni dell'ictus e poca informazione per sapere che l'ictus è curabile. Inoltre, è molto probabile che l'ambulanza trasporti il paziente nell'ospedale più vicino, anziché nella SU più vicina, o perché non se ne conosce la collocazione o perché non c'è proprio. In Italia sono 95 e distribuite in modo disomogeneo: 62 nel Nord, 23 nel Centro e 10 nel Sud Italia; dovrebbero essere 220 affinché ce ne sia una ogni 250 mila abitanti, anziché ogni 570 mila come invece è, con le oscillazioni lungo il territorio. Nell'Accordo Stato Regioni del 2005 è prevista l'implementazione delle SU da parte degli ospedali, e il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) si è fatto carico, tra i suoi obiettivi, di attuare e rendere effettivo l'accordo.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
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In realtà, una prima risposta favorevole arriva dalla ricerca scientifica: se finora si riteneva che il tempo massimo per intervenire sul paziente fosse di tre ore, due studi scientifici documentano che entro le quattro ore e mezzo è ancora possibile salvare il paziente. L'intervento cui fanno riferimento le sperimentazioni è la terapia trombolitica, approvata nel 2002 per la cura dello stroke ischemico entro tre ore dall'esordio dei sintomi. Lo studio osservazionale SITS, pubblicato da The Lancet, ha confrontato gli esiti di un ictus in 664 pazienti trattati tra le tre e le quattro con quelli di quasi 12 mila casi trattati entro tre ore. Gli autori non hanno trovato differenze tra i due regimi di intervento, sia per la comparsa di emorragie sintomatiche (uno dei rischi della trombolisi) sia per mortalità, grado di disabilità e livello di autonomia dopo l'evento. D'altro canto anche lo studio ECASS, pubblicato da The New England Journal of Medicine, che ha coinvolto 19 paesi tra cui l'Italia, ha verificato che nella finestra di 90 minuti, oltre le tre ore, la terapia fa la differenza: nei 418 casi trattati, contro 403 casi trattati con un placebo, l'evoluzione dell'ictus è stata favorevole, in particolare per la funzionalità residua. "A tre mesi dal trattamento - commenta Danilo Toni, presidente dell'Associazione Italiana Ictus - i pazienti trattati hanno raggiunto autonomia funzionale nel 52% dei casi contro il 45% del gruppo placebo, con rischi comparabili a quelli riscontrati negli studi entro le tre ore". Questi risultati ampliano la prospettiva di miglioramento della sopravvivenza e degli esiti di un ictus, anche se, spiegano gli esperti, per ora si tratta di un uso off-label della terapia trombolitica, approvata per l'impiego entro le tre ore. La nuova indicazione dovrà ricevere l'approvazione delle agenzie regolatorie ma nel frattempo salverà vite e qualità della vita.
Unità di salvezza
Il secondo aspetto critico, nella gestione dell'ictus, sono le stroke unit, aree dedicate, dotate di strumentazione, professionalità e approccio multidisciplinare all'ictus. Tuttavia solo il 30% dei 134 mila primi eventi di ictus arrivano alla stroke unite entro tre ore, solo il 25% è trattabile con trombolisi secondo le attuali linee guida. Secondo le stime proposte dalla Società Italiana di Neurologia (SIN) e la Società dei Neurologi, Neurochirughi e Neuroradiologi Ospedalieri (SNO), se tutti i pazienti che arrivano entro 3 ore fossero ricoverati in una SU, sarebbe possibile dimetterne 100 a settimana senza invalidità residua, mentre attualmente solo 10. Ciò non accade per poca formazione ai cittadini per poter riconoscere i segni dell'ictus e poca informazione per sapere che l'ictus è curabile. Inoltre, è molto probabile che l'ambulanza trasporti il paziente nell'ospedale più vicino, anziché nella SU più vicina, o perché non se ne conosce la collocazione o perché non c'è proprio. In Italia sono 95 e distribuite in modo disomogeneo: 62 nel Nord, 23 nel Centro e 10 nel Sud Italia; dovrebbero essere 220 affinché ce ne sia una ogni 250 mila abitanti, anziché ogni 570 mila come invece è, con le oscillazioni lungo il territorio. Nell'Accordo Stato Regioni del 2005 è prevista l'implementazione delle SU da parte degli ospedali, e il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) si è fatto carico, tra i suoi obiettivi, di attuare e rendere effettivo l'accordo.
Simona Zazzetta
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