16 giugno 2003
Aggiornamenti e focus
Anche l'ictus si previene
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Al secondo posto tra le cause di morte, per non parlare dei casi in cui si hanno gravi invalidità permanenti c'è l'ictus. Questi incidenti cerebrovascolari hanno visto diminuire la mortalità degli anni cinquanta e sessanta fino agli anni ottanta, probabilmente grazie anche alle migliorate capacità di cura. Però, dagli anni ottanta del secolo scorso in poi non si sono avuti studi in grado di dimostrare che si era giunti a una ulteriore riduzione, magari in forza del controllo dei fattori di rischio cardiovascolari. In pratica, la domanda era: visto che oggi si è molto più attenti nel controllo dell'ipertensione e dell'ipercolesterolemia, oltre a ridurre l'incidenza dell'infarto si riduce anche quella dell'ictus? Dal momento che teoricamente gli elementi su cui agire sono gli stessi...
Una possibile risposta è stata trovata da un gruppo di ricerca britannico, che aveva la possibilità di esaminare a venti anni di distanza un campione che aveva partecipato nel 1980-84 a uno studio sull'ictus. Il ragionamento dei ricercatori era che, a vent'anni di distanza, il campione era ovviamente invecchiato e, quindi, era prevedibile attendersi un certo numero di ictus primari e un certo numero di ricadute. Infatti, questo tipo di incidente è più frequente a partire dalla mezza età in poi e la frequenza aumenta con il passare degli anni. In base a questi calcoli, riesaminato il campione dello studio, i ricercatori si attendevano di dover registrare, 366 ictus, cioè il 28% in più di quelli registrati nello studio precedente, cosa dovuta al fatto che le persone di più 75 anni erano nel frattempo aumentate del 33% e quelle oltre gli 85 addirittura del 41%. Invece, di infarti se ne sono avuti 262, addirittura meno, in termini assoluti, rispetto all'indagine del 1980-84. Questo, in termini relativi, significa che l'incidenza della malattia si è ridotta del 40% in venti anni. Non è poco.
Da che cosa è dipeso questo miglioramento non è ovviamente possibile dirlo con certezza assoluta, ma rivedendo i dati clinici è stato osservato che, rispetto allo studio precedente, i pazienti colpiti mostravano un miglior controllo della pressione (si era ridotto del 40% il numero dei pazienti con la minima superiore a 90 mm/Hg e con la massima superiore a 160 mm/Hg) e dei livelli ematici di colesterolo (si era dimezzato il numero delle persone con i livelli più elevati). A prima vista può sembrare strano che si valuti positivo l'effetto delle terapie preventive sulla base del fatto che erano curati anche i pazienti, ma solo a prima vista. Infatti questo significa, con ottima probabilità, che tutta la popolazione a rischio era trattata, come prova il fatto che i casi si sono ridotti. Certamente gli autori non nascondono che può esserci l'effetto anche di altri elementi non presi in considerazione; per esempio la diminuzione del fumo di sigaretta o il cambiamento delle abitudini alimentari. Ma di fatto la conferma c'è: anche l'ictus risente positivamente del controllo dei fattori di rischio.
Maria Rita Nici
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...e inoltre su Dica33:
Vent'anni dopo...
Una possibile risposta è stata trovata da un gruppo di ricerca britannico, che aveva la possibilità di esaminare a venti anni di distanza un campione che aveva partecipato nel 1980-84 a uno studio sull'ictus. Il ragionamento dei ricercatori era che, a vent'anni di distanza, il campione era ovviamente invecchiato e, quindi, era prevedibile attendersi un certo numero di ictus primari e un certo numero di ricadute. Infatti, questo tipo di incidente è più frequente a partire dalla mezza età in poi e la frequenza aumenta con il passare degli anni. In base a questi calcoli, riesaminato il campione dello studio, i ricercatori si attendevano di dover registrare, 366 ictus, cioè il 28% in più di quelli registrati nello studio precedente, cosa dovuta al fatto che le persone di più 75 anni erano nel frattempo aumentate del 33% e quelle oltre gli 85 addirittura del 41%. Invece, di infarti se ne sono avuti 262, addirittura meno, in termini assoluti, rispetto all'indagine del 1980-84. Questo, in termini relativi, significa che l'incidenza della malattia si è ridotta del 40% in venti anni. Non è poco.
Pressione, colesterolo e forse altro
Da che cosa è dipeso questo miglioramento non è ovviamente possibile dirlo con certezza assoluta, ma rivedendo i dati clinici è stato osservato che, rispetto allo studio precedente, i pazienti colpiti mostravano un miglior controllo della pressione (si era ridotto del 40% il numero dei pazienti con la minima superiore a 90 mm/Hg e con la massima superiore a 160 mm/Hg) e dei livelli ematici di colesterolo (si era dimezzato il numero delle persone con i livelli più elevati). A prima vista può sembrare strano che si valuti positivo l'effetto delle terapie preventive sulla base del fatto che erano curati anche i pazienti, ma solo a prima vista. Infatti questo significa, con ottima probabilità, che tutta la popolazione a rischio era trattata, come prova il fatto che i casi si sono ridotti. Certamente gli autori non nascondono che può esserci l'effetto anche di altri elementi non presi in considerazione; per esempio la diminuzione del fumo di sigaretta o il cambiamento delle abitudini alimentari. Ma di fatto la conferma c'è: anche l'ictus risente positivamente del controllo dei fattori di rischio.
Maria Rita Nici
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